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QOPH Freaks Transubstans 2012 SVE

Questo per i Qoph è il terzo disco in studio in quattordici anni: non si può certo dire che sia un gruppo prolifico ma ricordo comunque con piacere “Pyrola”, il loro secondo album risalente al 2004, un’opera che colpiva per il suo groove, per il suo feeling oscuro e potente e forse anche per il contributo di vari ospiti fra cui Niklas Barker al Mellotron e Simon Steensland al Theremin. Con questo nuovo “Freaks” tutto si fa più semplice e diretto, a partire dalla line-up che si limita essenzialmente a quella di base, senza troppi abbellimenti. Della vecchia guardia rimangono Filip Norman alla chitarra, Federico de Costa alla batteria e Patrik Persson al basso, mentre alla voce troviamo un nuovo solista, Rustan Geschwind, che non suona però il flauto come invece faceva il veterano Robin Kvist. I conti sono subito fatti, con questo assetto è sicuramente semplice per una band ben rodata proporre una formula hard-blues coinvolgente ed accattivante, che conserva il suo alone tenebroso ed un impatto fresco e diretto. Vengono scelte inoltre soluzioni acide e distorte per creare impasti particolarmente abrasivi, avvolti in pesanti coltri psichedeliche. Riguardo la voce di Rustan, questa si profila come un miscuglio fra Robert Plant, i cui vocalizzi vengono spesso imitati, come possiamo subito apprezzare nel furioso pezzo di apertura “Hearts & Sorrow”, e Chris Cornell dei Soundgarden. Direi che la scelta si rivela ottimale per la musica proposta che deve piacere e coinvolgere a pelle, senza che ci si debba spingere troppo a fondo con l’analisi dei dettagli. Le parti di chitarra sono spesso molto pesanti, come accennato, ma comunque in qualche episodio emergono fraseggi e riff cadenzati che conservano qualche vago tratto scandinavo. “Freaks”, la title track, appare molto sporca e impastata e così anche “Feverland” ma altre volte le sonorità si ripuliscono, diventano più vellutate e rallentano, come in “Ride”, che si poggia molto sulla performance del cantante, anche se all’occorrenza ovviamente il sound torna senza alcun preavviso graffiante. Molto più soft e jazzy è la traccia di chiusura, “The Devil Rides Out”, in cui spunta anche il sax dell’ospite Karl Asp. Soluzioni più disimpegnate vengono adottate in “Remedy”, un pezzo movimentato sì, ma in fin dei conti molto radiofonico. Insomma vi renderete conto che questa formula, a volte efficace, altre volte forse anche fin troppo scontata, si è allontanata molto dalla sfera del Progressive Rock per diventare qualcosa che possa essere di intrattenimento soprattutto nelle serate live, specie se si pensa di più al gusto della birra e alla compagnia che alla musica. E’ un album ben prodotto, disponibile anche in vinile su etichetta Nasoni, in cui a brillare è essenzialmente la voce di Rustan e in cui a mancare è soprattutto la fantasia. Può rivelarsi un ascolto piacevole e non troppo impegnativo ma considerate che in giro c’è sicuramente di meglio, a partire dall’album precedente di questa stessa band che mostrava tutt’altro spessore.


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Jessica Attene

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QOPH Pyrola 2004 

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