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QUARTO VUOTO Quarto vuoto (EP) autoprod. 2014 ITA

I Quarto Vuoto sono un gruppo di ragazzi molto giovani (la loro età è compresa tra i 20 e i 23 anni) all’esordio discografico, ma dimostrano di avere le idee chiare con un’autoproduzione che mostra indubbie qualità e che rappresenta un ottimo biglietto da visita. Stiamo parlando di un quintetto di belle speranze composto da Edoardo Ceron (basso), Nicola D’Amico (batteria), Federico Lorenzon (voce e violino), Mattia Scomparin (tastiera) e Luca Volonnino (chitarra) che ci propone una mezz’oretta di musica propria che può inserirsi nel filone del rock sinfonico. Sia per il tipo di formazioni/strumentazione, sia per la proposta sonora, un primo paragone potrebbe essere individuato con la Premiata Forneria Marconi. Il sound di base, infatti, lega un po’ esperienze britanniche classiche e melodie mediterranee; i musicisti dialogano con i loro strumenti con grande abilità e si segnala anche una carica energetica notevole. Attivi dal 2010 e forti anche di un’attività concertistica in cui alternano un repertorio originale ad immancabili cover, i Quarto Vuoto inseriscono in questo cd tre delle sei composizioni che hanno al loro attivo. Si parte con “Dimmi solo se è così”, pezzo frizzante, guidato dalla chitarra elettrica, che con i suoi riff e la sua spinta solistica è davvero coinvolgente. Piano, tastiere e voce sono però pronti a stemperare i toni e a ritagliarsi spazi melodici di buona intensità. Dopo questo inizio apprezzabile per un art rock che riesce ad abbinare dinamicità e buon gusto, si passa agli oltre dieci minuti di “Zattera della Medusa”. Una prima parte strumentale, denominata “Il giorno della notte”, con le sue atmosfere intriganti, nelle quali possiamo ascoltare anche il violino, porta ad un crescendo di grande fascino e carico della giusta tensione. Dopo circa cinque minuti e mezzo si passa alla seconda parte della traccia, “Il grido di una vita”, cantata ed epica, che può vagamente rievocare l’enfasi della Locanda delle Fate o del più recente Bacio della Medusa e che porta ad un bel finale sinfonico. La conclusione del cd è affidata a “Rub’ al Khali”. Con i suoi quattordici minuti si tratta della composizione più articolata del lavoro che può essere vista come vero e proprio manifesto programmatico del gruppo. Qui i musicisti lasciano andare i loro strumenti in intrecci arditi, cercando di unire tecnica e feeling in una struttura sufficientemente elaborata con i classici cambi di tempo e di atmosfera, che portano ad alternare situazioni di una certa energia con un suono più duro ad altre più pacate e suggestive. Non si può parlare certo di una proposta originale, ma la band mostra di muoversi a suo agio e con convinzione nelle direzioni scelte, riuscendo a rivelare discrete doti esecutive e compositive e a catturare l’attenzione con una buona qualità musicale. Aggiungiamoci il fatto che i musicisti siano impegnati ad approfondire lo studio dei propri strumenti e che dichiarano di voler ampliare ulteriormente il loro repertorio originale e possiamo tranquillamente affermare che ci sono le basi per far sì che si possa parlare ancora bene dei Quarto Vuoto in futuro.



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Peppe Di Spirito

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