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QUARTO VUOTO Illusioni Lizard Records 2017 ITA

Ogni volta che infilo nel lettore questo CD e ascolto le primissime note de “Nei colori del silenzio”, mi assale, per un attimo, il ricordo di “Wallflower” di Peter Gabriel. È solo un momento, passa subito e mi rendo conto che il brano dei Quarto Vuoto non ha nulla a che vedere con quello dell’ex Genesis, ma tant’è, ogni volta è la stessa cosa.
Quarto Vuoto, si diceva, giovane band della zona trevigiana che ritorna dopo il mini album di esordio, datato 2014, con un full length molto ambizioso. Si tratta di un concept suddiviso in sei frazioni a rappresentare quella che è, nella visione degli autori, la percezione della realtà, della vita, di ciò che è importante degli aspetti affettivi, in contrapposizione alle illusioni, viste negativamente perché portatrici del nulla.
Interamente strumentale, il lavoro si dipana in maniera molto eterogenea, toccando molti aspetti del progressive, dell’ambient e della fusion. Ogni momento del disco riesce a far risaltare l’ottima tecnica del quartetto di base e degli ospiti, evidenziando anche capacità compositive convincenti e mature. Non che gli altri siano da meno, ma la scioltezza, la precisione, la tecnica e la capacità musicale del batterista Nicola D’amico, mi sono risultate immediatamente positive, ricercate, insomma, mi è piaciuto davvero molto e ritengo che molta della dinamicità e della vivacità del lavoro la si debba a lui.
“Apofis”, probabilmente il miglior brano del disco (resta comunque difficile scegliere) è da citare per intero, una mini suite che vede in sé una grande varietà di forme, dall’aggressivo e coinvolgente avvio, al vibrante assolo di sax di Giulio Della Morra che sposta gli accenti ad un jazz moderno, sorretto da un gran lavoro percussivo, al finale etereo e sognante, lasciato al pianoforte di Mattia Scomparin, mutato e centellinato dopo un guitar solo dagli accenti hard e space psichedelici. Sono spesso impetuose le parti di chitarra di Luca Volonnino, forse il musicista più proteso verso forme hard, come notiamo bene nella seconda sezione di “Due io”, eppure riesce anche ad utilizzare forme più vicine al new prog, come nell’assolo finale “Impasse” o alla fusion come in “Coscienza sopita”.
Impossibile, poi, tralasciare o dare meno rilievo all’incessante lavoro al telaio ritmico del basso di Edoardo Ceron, davvero pregevole, sempre.
Quello che è il prodotto finale, preso nel suo intero, risalta per positività, un disco che sa essere accessibile, ma anche complesso e in certi frangenti persino spigoloso. Un lavoro che fa della versatilità il proprio punto di forza capace di generare interesse senza momenti di distrazione o di noia. Un concept che si fa ascoltare con piacere, quel piacere che sempre più raramente si presenta all’orecchio antico, ma sempre incline alla ricerca di belle novità. Eccone una, non esitate ad approcciarvi a questo disco.



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Roberto Vanali

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QUARTO VUOTO Quarto vuoto (EP) 2014 

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