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RÊVERIE Shakespeare, la donna, il sogno autoprod. 2008 ITA

I Rêverie nascono nel 1996 grazie all'iniziativa del chitarrista e compositore milanese Valerio Vado con lo scopo di realizzare musica di ispirazione barocca e rinascimentale italiana ma anche di matrice celtica e mediorientale in chiave moderna. Fino ad oggi la band ha prodotto 3 demo che concretizzano in vario modo questo desiderio artistico e giunge, con questo che può essere considerato il vero e proprio esordio ufficiale, alla sua quarta prova discografica. Il titolo poetico e romantico ci porta nel cuore dell'opera che è costruita attorno a una serie di sonetti di Shakespeare incentrati sul tema dell'amore. I sonetti rappresentano quindi le liriche delle canzoni e la musica non poteva che essere sognante, elegante e riecheggiante lo stile dei bardi e dei cantori raminghi. La donna cui fa riferimento il titolo è la "dark lady" protagonista di un intreccio amoroso che lega il celebre poeta inglese ad una oscura signora che è destinataria di molti suoi sonetti. Il tema della "dark lady" viene recuperato dai Rêverie e riadattato nella costruzione di una cornice narrativa che lega le diverse canzoni dell'opera: si narra che durante un concerto di musica rinascimentale avvenuto ai nostri tempi ad Elsinore, in Danimarca, il giullare Yorick sia risorto, rievocato involontariamente dai musicisti che ne pronunciano il nome. Così come Shakespeare anche Yorick subisce il fascino della "dark lady" di cui però non ricorda l'identità che cerca di recuperare fra i versi del poeta che è al tempo stesso suo rivale in amore.
Adesso che sappiamo qualcosa di più sulla storia narrata in questo magico scrigno sonoro siamo pronti all'ascolto. La musica, come ci si potrebbe aspettare, è per lo più acustica, con qualche sporadica incursione di strumenti elettrici. Troviamo quindi il flauto ed il mandolino di Fulvia Borini, il banjo, l'organo, il flauto tenore, il piano Rhodes, il clarinetto ed il Moog di Alberto Sozzi, le chitarre acustiche di Valerio Vado (che suona anche gli archi synth ed il piano Rhodes) e di Daniele Defranchis, il violoncello di Andrea Amir Baroni e soprattutto la voce di Fanny Fortunati che caratterizza fortemente queste composizioni. Il suo stile canoro ci riporta al rinascimento e ricorda vagamente per certi aspetti la voce acuta e particolare di Annie Haslam nel suo periodo più acerbo e giovanile. Alle canzoni basate sui sonetti di Shakespeare si alternano graziosi idilli strumentali, alcuni dei quali rappresentano delle riproposizioni di melodie tradizionali classiche inglesi risalenti al XVI e al XVII secolo, riarrangiate con gusto da Valerio Vado che è anche il compositore del gruppo. Alcune tracce, come il "Sonetto 18" ed il "Sonetto 147", seguono lo schema classico della cantata barocca, ma nell'ambito di questa struttura antica e tradizionale l'esecuzione vivace e brillante dona un certo gusto moderno a composizioni che sembrano giungerci da tempi ormai dimenticati. Fra i momenti più intensi mi piace ricordare la traccia di chiusura basata sul "Sonetto 130" in cui la musica, costruita sugli arpeggi squillanti della chitarra e sul violoncello dalla timbrica piacevolmente grave e vellutata, riesce a riempire di emozione i versi che il poeta dedicò alla sua "dark lady", celebrata come una donna vera, non trasfigurata da falsi paragoni letterari, ma unica ed amata con grande passione. L'atmosfera generale che si respira sembra avere la dimensione del sogno e le melodie sono sempre fragili ed aggraziate e ci fanno quasi dimenticare lo scorrere del tempo creando una romantica impressione di distacco dalla realtà. Purtroppo la durata dell'opera è piuttosto contenuta dal momento che il concept dura circa 27 minuti. Una decina di minuti aggiuntivi vengono forniti dalle due bonus track di chiusura che si discostano abbastanza dal nucleo dell'album. Si tratta di un paio di pezzi cantati in esperanto basati più sul prog melodico, con passaggi strumentali meditativi costruiti su sintetizzatori vaporosi che si stagliano sullo sfondo ad accompagnare come una base musicale spenta la voce di Fanny. Secondo me queste ultimi pezzi non aggiungono assolutamente niente all'opera che, pur nella sua brevità, si lascia apprezzare per la sua immediatezza, per la sua freschezza e per la trovata del concept, semplice ma decisamente azzeccata. Se amate le suggestioni medievali, la musica dai tratti folk, le belle voci femminili e la letteratura, questa potrebbe essere un'idea davvero interessante.

 

Jessica Attene

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