Home
 
RATIONAL DIET At work AltrOck 2008 BLR

Il termine "Kamernaya Rok Muzika" era già noto in Unione Sovietica per indicare la commistione fra musica rock e musica classica. E' certo che nel corso degli anni sono state date diverse letture e diverse interpretazioni di questa banale etichetta, con risultati a volte strabilianti ed esperienze molto distanti fra sé. Non so perché ma mentre il Progressive Rock è stato nella storia del rock sovietico un concetto un po' artificioso, l'idea di accostare la musica classica al rock, ed in particolare la creazione di forme musicali d'avanguardia, ha avuto uno sviluppo più naturale. Dalle prime sperimentazioni dei Sonans, gruppo di Sverdlovsk che nella metà degli anni Settanta fu tra i primi in URSS a fondere la musica da camera col rock, alle sperimentazioni del più noto e recente Sergey Kuryokhin, questo accostamento di forme musicali ha sempre trovato soluzioni ed incarnazioni diverse. Forse la sto prendendo un po' alla larga? Il succo del discorso sta nel fatto che una forte tradizione musicale classica, una rigorosa educazione di tipo conservatoristico, uniti alla voglia di rompere gli schemi, di cercare forme di autoaffermazione musicale in un paese ancora artisticamente segregato, come poteva accadere in URSS e come in parte accade nella attuale Bielorussia a causa della repressione della censura, sono i determinanti che portano alla creazione di certi (autorizzatemi ad usare questo termine) capolavori. C'è una forte cultura classica, c'è una decisa contaminazione col rock, data dalla commistione di strumenti acustici ed elettrici, c'è la voglia prepotente di affermare la propria libertà artistica ed il risultato è quello che potete ascoltare in questo CD. Aggiungete il fatto che grazie alla serenità fornita dall'etichetta italiana Altrock, che ha permesso al gruppo di registrare un album intero senza restrizioni o limiti, il disco attuale risulta come un perfezionamento delle idee che in passato erano state concretizzate in maniera un po' frammentaria. Ricordiamo che il precedente album derivava da una collezione di registrazioni raccolte in occasioni diverse e di fattura per così dire casalinga. Ecco quindi che i Rational Diet hanno ottenuto finalmente la propria libertà e ci ripagano con un signor album. I riferimenti classici sono abbondanti e fanno volare il pensiero a Bartok, Stravinsky e Shostakovich ma l'uso degli strumenti elettrici ed in particolare l'inserimento della struttura ritmica data dalla batteria, dona una versatilità, una potenza, una agilità e spigliatezza a queste canzoni che sarebbe impossibile ottenere con un semplice assetto cameristico. Ecco quindi gli elementi in gioco: basso, chitarra, batteria e tastiere, assieme a violoncello, violino, fagotto e sassofono, un'orchestra assai contenuta a dire il vero ma dall'impatto dirompente. Rispetto al precedente album si è perso qualche tocco folk ma l'insieme delle canzoni è più coerente ed unitario e privo di cadute nell'arco dei suoi 46 minuti di durata. Quello che colpisce è una certa indipendenza dai modelli occidentali, certamente possiamo trovare delle affinità con alcuni esponenti di cultura R.I.O. come Univers Zero o Henry Cow, ma questo soprattutto perché i Rational Diet sono pervenuti a soluzioni simili partendo da presupposti diversi che bypassano il filtro dei grossi punti di riferimento moderni appena citati, grazie praticamente ad un retroterra culturale comune più generale, quello della musica classica e del rock. Un altro aspetto che colpisce è l'agilità degli spartiti, che sono ricchi di note e di intrecci, ma il cui ascolto scorre sempre in maniera agevole, senza forzature, portandoci in una volata dritti alla fine del disco, attraverso paesaggi sonori nitidi, con melodie intelligibili e prive di astrattismi inutili. Un esempio splendido lo viviamo già nella frastagliata traccia di apertura, "Pukhow", che racchiude in meno di 4 minuti una summa di quello che si può ascoltare nell'arco del disco. In particolare trovo formidabile l'interazione complessa fra i diversi strumenti, il piano martellante, dotato di una bellissima percussività, che scandisce l'andamento del pezzo assieme alla batteria, e l'aggressività degli archi che turbinano letteralmente. Il goffo suono del fagotto rende alcune scelte melodiche interessanti ed insolite e mi ricorda per certi aspetti gli U Totem che fanno ampio uso di questo strumento. Non lo ho ancora detto, ma è bene segnalarlo, che alcune tracce presentano degli elementi di cantato, non si tratta di episodi frequenti ma comunque sono belli ed efficaci, curati dalla voce acutissima ed operistica di Anna Ovchinnikova (anche alle tastiere) che diviene un vero e proprio strumento musicale. Forse ho confuso un po' le acque ma il messaggio in fondo è semplice: se vi piace il "rock da camera" questo album è imperdibile, dal momento che è inattaccabile sotto ogni fronte, in termini di perizia esecutiva, di creatività, personalità, valore compositivo e persino senso della melodia (anche se si tratta di un tipo di melodia complessa e non lineare, da non confondere assolutamente con quanto si può trovare nell'ambito del prog sinfonico). Assieme al superbo album degli Olive Mess il mio top album dell'anno, se questo può significare qualcosa.

 

Jessica Attene

Collegamenti ad altre recensioni

FIVE-STOREY ENSEMBLE Not that city 2013 
RATIONAL DIET Rational diet 2007 
RATIONAL DIET On phenomena and existences 2010 
THE ARCHESTRA Arches 2013 
THE WORM OUROBOROS Of Things that never were 2013 
THE WORM OUROBOROS The endless way from you 2019 

Italian
English