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RAVEN SAD Layers of stratosphere Lizard Records 2011 ITA

Una leggera inquietudine ed una sottile vena malinconica pervadono il terzo album dei Raven sad “Layers of stratosphere”, il primo in cui il progetto di Samuele Santanna è supportato da una band vera e propria.
Con Santanna (voce, chitarre e synth) ci sono Giulio Bizzarri (basso), Simone Borsi (batteria) e Fabrizio Trinci (tastiere). Un mix sonoro quello dei ragazzi toscani che spazia con profitto tra le atmosfere dilatate dei Pink Floyd per intersecare poi un tessuto psichedelico ed adagiarsi, infine, su strati space-rock mai troppo derivativi comunque.
Musica altamente evocativa, “cibo” per la mente, verrebbe voglia di dire, sennonché le sette composizioni dell’album colpiscono come frecce infuocate anche il cuore pulsante dell’ascoltatore.
Ed è dal “cuore” dei quattro Raven Sad che partono i dardi che entrano lentamente sotto pelle, non sconvolgono subito, ma ti catturano a poco a poco, lasciando sensazioni e suggestioni crescenti e durature.
Col tempo…
Appare quasi superfluo citare meccanicamente tutti e sette i brani, ognuno dei quali rappresenta una piccola gemma di sonorità fluttuanti nello spazio che poi si adagiano placide dentro di noi.
Ma facciamo due eccezioni: una per la lunga “Lies in the sand”, costantemente in bilico tra progressive tradizionale (le toccanti tastiere di Trinci a cesellare qua e là) e trip psichedelico (la voce straniante di Santanna e le trame liquide dell’elettrica); l’altra per la conclusiva “Lullaby for a son”, brano di struggente e malinconica bellezza.
Ma è l’album nella sua globalità che colpisce nel profondo, indelebilmente.
Una terza prova che rappresenta, ad ora almeno, l’apice creativo di questa sempre più interessante realtà musicale italiana.
Col tempo.


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Valentino Butti

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