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RESISTENCIA CHACO Una puerta roja en algún lugar de la Republica Checa Viajero Inmovil 2012 ARG

Una porta rossa in qualche luogo della Rep. Ceca… Un titolo abbastanza programmatico quello scelto dai sudamericani per il loro primo album, che almeno in teoria vorrebbe rimandare a dei precisi riferimenti politici. Precisando che non è certo questo il contesto consono per discutere di determinate cose, pare che già dalle immagini all’interno del booklet i nostri vogliano dare un’idea sovversiva di sé, con i cinque musicisti schedati come dei malviventi con un casermone di cemento adibito a squallido alloggio sullo sfondo in bianco e nero, macchiato dal sangue che fa immaginare qualche delitto di bassa manovalanza.
Nell’Argentina settentrionale la città di Resistencia (anche questo tutto un programma…) è la capitale della provincia del Chaco. Abbandonata dopo la guerra argentino-paraguayana, viene riconosciuta con questo nome nel 1876, come avamposto militare. Viene però fondata ufficialmente solo due anni dopo, con l’arrivo di un contingente italiano dal Friuli. Proprio gli italiani, quindi, vengono ancora oggi riconosciuti e ricordati come i fondatori di questo luogo di frontiera. Perciò non è affatto un caso che il batterista e fondatore si chiami Augusto Urbini e che il bassista risponda al nome di Franco Fontanarossa. Alla sezione ritmica si affiancano il chitarrista Mu Sánchez ed i due sassofonisti Ada Rave (tenore) e Pablo Puntoriero (baritono).
Con una formazione così atipica, gli argentini si lanciano in una sperimentazione avanguardistica da prendere a piccole dosi, come le erbe medicinali. “El Mal” ha una partenza che eleva i King Crimson dell’era Wetton-Cross-Brudford all’ennesima… durezza e Sánchez, per i primi tre minuti, dimostra di che pasta (alla carta vetrata) è fatto. Ma dopo una pausa, iniziano i rumori, le dissonanze senza costrutto apparente che durano altri quattro interminabili minuti, prima del re-assemblamento delle parti, con ancora lunghe fasi crimsoniane. I dodici minuti seguenti di “Infantodemonio”, prossimi in un certo qual modo ad un cupo prog metal, vedono come ospite il chitarrista Sergio Alvarez (Mourners Lament) ed il tributo a Fripp diviene sempre più evidente.
Dopo il breve free-jazz di “Pato Negro”, si passa ai dieci minuti di “Resistencia Chaco” che, passato un primo momento molto interlocutorio, si riversa in una seconda parte più convincente, con Sánchez e Fontanarossa da seguire attentamente. Quest’ultimo in “Sigfried”, dopo i rumori iniziali, sciorina una scala pregevole sul proprio strumento, prima che gli altri si lascino andare a chiassosità varie. Purtroppo “Manfred Muere” dura solo 41 secondi, perché sembrava essere uno degli episodi più riusciti, seguito a ruota da “Un Muchaco en Problemas”, in cui gli strumenti a corda, annunciati dai sax, vanno anarchicamente a ruota libera, prima di dare vita ad un brano che per lunghi tratti sarebbe potuto essere contenuto in una versione futurista di “Island”.
“La Miseria de cada dia me esta aniquilando” è RIO che più dissonante non si può, terminando con “Clotilde”, pezzo che oltre alla sempre più esasperata durezza del Re Cremisi abbina delle aperture jazz parecchio interessanti (tra i momenti migliori), evidenziando quindi quale sia il reale retroterra della band.
I Resistencia Chaco sanno suonare parecchio bene, bisogna ammetterlo, ma per una precisa scelta propongono una musica che per digerirla ci vuole ben più di una giornata, cancellando completamente l’immagine dei ritmi sudamericani commerciali che vanno per la maggiore. Ma proprio la loro provenienza fa sì che il sound sia sempre sanguigno e che quindi non si abbia il sentore di una razionale e gelida alienazione. Come prima prova, volta all’impatto frontale per far parlare di sé, potrebbe anche andare bene. Dal prossimo appuntamento, però, occorre maggior varietà, perché la medesima formula a lungo andare stanca. E non tutti potrebbero essere disposti a lasciar sedimentare l’ascolto per un paio di giorni e poi riprenderlo…


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Michele Merenda

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