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SHOGGOTH Pastpresent Zasko Lab 1993 ITA

E' certamente un periodo assai favorevole per l'heavy metal progressivo. Sulla scia di bands seminali quali QUEENSRYCHE e DREAM THEATER, diversi gruppi di varie parti del mondo si sono lanciati alla ricerca di armonie sofisticate ed intelligenti su basi molto dure: STRATOVARIUS, GLENMORE, RITUAL, TAROT, VENI DOMINE ed altri costituiscono solo la punta d'iceberg di un fenomeno per il quale la standardizzazione modaiola è ormai dietro l'angolo (grunge docet!), ma che va comunque visto con indubbio interesse nei suoi acuti più ispirati. I romani SHOGGOTH si inseriscono alla perfezione nel citato filone: attivi dall'88 e giunti al secondo lavoro, dichiarano con questo "Pastpresent" di voler approfondire il discorso progressivo in passato solo abbozzato. E' bene avvertire subito che tali intenzioni non sempre trovano riscontro nella realtà, e il contenuto prog del CD in questione è oggettivamente bassino, eccezion fatta per due-tre episodi che poi vi segnalerò. Il terzetto, infatti, rimane di norma entro i rassicuranti confini di un techno-metal abbastanza tradizionale, certo piacevole all'ascolto nelle sue connotazioni melodiche, ma che lascia alla fine un po' l'amaro in bocca perché si ha la sensazione che non tutte le potenzialità vengano adeguatamente sfruttate, Il sound è in prevalenza chitarristico, con le tastiere molto in secondo piano; accattivanti potrebbero sembrare ceri risvolti epici alla MANOWAR o (quando il ritmo incalza) alla HELLOWEEN; purtroppo, però, pezzi come "Eagle's fallin'" o "Ladyhawke" costituiscono solo copie prive del necessario smalto rispetto ai (difficili) modelli menzionati. I tre suonano sicuramente bene, con obbligatorie segnalazioni per la chitarra virtuosistica e classicheggiante di Francesco Runci, spesso emulo dei vari Malmsteen e Blackmore, e soprattutto per il basso alla Geddy Lee di Gianni Caroppi, il quale esibisce tuttavia una voce solista troppo sforzata. Le prove più convincenti gli SHOGGOTH ce le offrono alla fine del CD: "Promenade" e, in special modo, le stupende "Dimension zero" e "Tuareg" sono lunghe tracce finalmente ben strutturate e più originali. Rimangono, ovvio, le reminiscenze dei padri putativi già detti, oltre - limitatamente ai due ultimi pezzi - a capaci citazioni degli IRON MAIDEN evocativi dei primi Lp's o anche di "Piece of mind", ma la compenetrazione fra movimenti acustici ed elettrici è davvero riuscita e non artificiosa come in altri casi. In generale, il problema maggiore degli SHOGGOTH permane quindi la mancanza di integrazione ed amalgama tra i frangenti metallici e quelli progressivi o comunque meditativi, spesso accostati a viva forza l'uno accanto all'altro. Assegno un sei e mezzo di stima a questo disco, nella certezza che la prossima prova sarà sicuramente migliore.

 

Francesco Fabbri

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