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SIX-FING THING Self-portrait as a venerable shrub DogFingers Recordings 2003 USA

Normalmente dedito alle arti figurative, l’americano James Cobb, grazie al progetto Six-Fing Thing, può trasfondere sul pentagramma il proprio estro visionario: fin dal suo artwork di copertina si comprende che egli è un seguace del più puro astrattismo, e anche l’alter ego musicale risulta votato a un’avanguardia senza compromessi. Infatti nei quasi 70’ lungo i quali si snoda il CD non v’è in pratica alcuna traccia di melodia; i vari strumenti e gli artifici elettronici vengono sempre utilizzati nell’ottica dell’improvvisazione sperimentale.
A parte pochi casi, Cobb suona e manipola tutto da solo, con prevalente simpatia verso sax, clarinetto, flauto e altri aerofoni, anche esotici. Qua e là affiorano stralunati, ironici accenti gonghiani, come nell’opener “The Basic Nobility of a Small Boy”, dove ad alzar gli occhi non sarebbe improbabile scorgere teiere volanti, mentre nel quarto d’ora abbondante del secondo pezzo (il cui titolo chilometrico vi risparmio) emerge con nettezza il modus operandi del Cobb: su una base elettronica, che edifica un’ambient obliqua, i clarinetti giocano su echi mediorientali, indi subentra un deciso rumorismo, cui contribuisce il cut-and-paste a livello vocale. Tali situazioni attingono tanto dai corrieri cosmici tedeschi, quanto dal Rock In Opposition e dalla Zeuhl music più ermetica. “Banana Tree Roots with Ants” è traccia misurata e discreta: le percussioni si affastellano con delicatezza e l’organo rivela un piacevole timbro analogico. Bene anche la title-track e il suo tappeto di vibrafono, sul quale ricamano i fiati, prima della consueta tranche rumoristica (pure le stoviglie, qui!) che, malgrado la cupa osticità, è a suo modo attraente. Al Cobb piacciono dunque i contrasti, e lo conferma la fisarmonica folkish nello straniante contesto di “Wisdom”, e il tenue pianoforte di “The Deep Pain of the Dung Beetle”, che all’improvviso si lancia in atonalità dodecafoniche.
Stravinskij, Captain Beefheart e Lamonte Young, il tutto e il nulla puoi rinvenire in quest’opera di James Cobb, nel suo genere tutt’altro che brutta, ma che è inevitabilmente destinata a un pubblico più che elitario.

 

Francesco Fabbri

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