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THE SYN Syndestructible Umbrello Records 2005 UK

The Syn è il nome della band in cui Chris Squire e Stephen Nardelli, alla metà degli anni '60, cominciavano a muovere i primi passi nell'universo musicale; assieme a loro c'era anche Peter Banks. Squire e Banks poi si unirono a quel nuovo gruppo di cui adesso mi sfugge il nome… e tutto il resto è storia, come si usa dire. A oltre 30 anni da quell'esperienza i due decidono di rispolverare il vecchio moniker (invece di Squire avrebbe dovuto esserci lo stesso Banks… ma le cose sono andate diversamente) e dar nuova vita ai Syn con quest'album (anticipato tuttavia da "Original Syn", un album di vecchie canzoni del gruppo ri-registrate) che vede anche la presenza di Paul Stacey alla chitarra, suo fratello gemello Jeremy alla batteria e Gerard Johnson alle tastiere. "Syndestructible" mutua certamente molto dallo Yes-sound, ma non dobbiamo ovviamente aspettarci qualcosa sulla stessa lunghezza d'onda; l'album è una piacevole ora (o poco meno) di canzoni rock con deliziose parti Prog qua e là, caratterizzato dalla calda e gradevole voce di Nardelli e dal riconoscibile basso di Squire, ma non si tratta di un album solista di nessuno dei due né di qualcosa unicamente ascrivibile a questa coppia di vecchi marpioni. In effetti la coesione e l'unitarietà della proposta è stata una piacevole sorpresa, così come l'ascolto di brani brevi e potenzialmente commerciali come "Some time, some way" (che insomma… supera pur sempre i 7 minuti) e della conclusiva "The promise", 13 minuti di atmosfere intriganti, belle armonie e cambi di tempo e un finale coinvolgente ed avvolgente. Molto bello anche un pezzo breve e d'atmosfera come "Reach outro", l'unico strumentale del lotto. "Cathedral of love" è un brano molto mellifluo e melodico nelle sonorità, ma con alcune parti grintose con accelerazioni strumentali che ne accrescono l'attrattiva, potenzialmente anche dal punto di vista commerciale, mentre "City of dreams" e "Golden age" introducono sonorità più ruffiane ed orecchiabili, con tocchi blues e AOR che comunque non diminuiscono certo le loro attrattive. In definitiva l'album presentava già in partenza delle attrattive interessanti e, alla resa dei conti, non delude le attese; si tratta di un album dalle sonorità più morbide e gentili di quanto probabilmente uno si sarebbe aspettato ma certamente questo non va a detrimento della resa finale.

 

Alberto Nucci

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