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SEBKHA CHOTT Nagah mahdi - Opuscrits en 48 rouleaux Musea 2006 FRA

Non è affatto facile fare una presentazione questa band francese, non solo perché il libretto del cd è povero di informazioni al riguardo e bisogna andare a navigare un po’ in internet o leggere con attenzione il book promozionale, ma soprattutto perché propongono in maniera assurda e con atteggiamenti assurdi una miscela assurda di generi diversi. Basti dire come sono gli stessi Sebkha Chott a presentarsi, autodefinendo la loro musica come Mekanik Metal Disco, affermando che questa “oscilla tra Frank Zappa e Magma, Mr. Jungle e Fantomas, tra il prog degli anni ’70 e il metal estremo, la storia - o meglio, la burla - di una dittatura basata sulla produzione di vinili di Mekanik Metal Disco e l’avversione per i baffi”. Avete già capito quanto elevata sia la vena di follia che spinge questi otto musicisti, che con i loro strumenti (basso, batteria, chitarre varie, samples e diavolerie elettroniche, sassofoni, trombone, percussioni di ogni tipo) creano qualcosa di veramente indefinibile. Qualcosa che potremmo andare a descrivere minuziosamente analizzando una per una le 48 tracce che compongono questo cd… Ehm, scherzavo! Non sul fatto che ci sono 48 tracce, ma sull’approfondimento di ognuna di esse… Brani brevissimi si legano l’uno con l’altro senza soluzione di continuità, un assalto continuo e furioso di musica folle, schegge impazzite che ci colpiscono senza farci male e lasciandoci a bocca aperta per quasi settanta minuti… Abbiamo parlato di indefinibilità, ma qualcosa per farvi capire se decidere di acquistare “Nagah Mahdi” (e, diciamolo già ora, sarebbe un’ottima decisione) dobbiamo fare e proviamo a spingerci in qualche sommaria descrizione. Partendo, magari, dalle prime tre tracce in cui, tra accelerazioni vertiginose, rallentamenti buffi e follie varie si parte con un death metal dalla chitarra ruvidissima, per passare a musica da cabaret e stranezze zappiane, poi entra in mezzo il cantato e si alternano più voci, a volte alla guida, a volte creando allo stesso tempo assurde armonie e contrasti (growl maschile pulito, cantato maschile pulito, graziosa ugola femminile) e spunti “mekanik-kobaiani” sono pure ben presenti. E qui c’è un’altra cosa da dire, visto che i Magma, come già accennato, sono una influenza palese, oltre che dichiarata: a differenza di qualsiasi band seguace della musica zeuhl, i Sebkha Chott non sono mai ombrosi e oscuri; riprendono sì l’ossessività del genere, ma la propongono con sorprendente allegria e ironia. Cosa più unica che rara! Ma le stranezze si possono ascoltare una dietro l’altra incessantemente. Cadenze reggae che si mescolano a melodie francesi; ci sono ritmi ballabili; spunti marcatamente jazz; si arriva persino a momenti latini che possono ricordare i cantautori sudamericani o il flamenco spagnolo… E ancora: suoni elettrici, acustici, elettronici… Fino al finale esilarante dove si intona (più o meno) “Caruso” con una pronuncia che potete immaginare… Io un minestrone così non l’avevo mai provato e, per quanto impossibile possa sembrare dopo le descrizioni appena fatte, devo dire che è buonissimo!

 

Peppe di Spirito

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