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ARTURO STALTERI Child of the Moon - Dieci Notturni e un’Alba Dunya/Felmay 2006 ITA

A differenza di altri suoi recenti lavori, per questa nuova release Arturo Stalteri sceglie la strada della perfetta solitudine, acquarellando undici quadri in cui l’essenza profonda della sua Arte trova ancora una volta una magica estrinsecazione. Il pianista romano si rivela talmente abile a livello compositivo e così perfetto nella dimensione esecutiva che non si avverte mai la mancanza di qualcosa: segno evidente che il work in progress è stato condotto in maniera ottimale.
In questi dieci Notturni, più un’Alba, alberga pertanto il meglio dello Stalteri-musicista e dello Stalteri-uomo, da sempre imbevuto di molteplici influenze che poi vengono riplasmate e trasfigurate dalle sue sapienti mani. I primi due Notturni, pur brevi, fanno emergere già alcuni punti chiave, sotto forma di sofisticate, malinconiche circolarità che riconducono a Satie, mentre nel “Notturno in Re Maggiore” emerge una briosa varietà, altamente seducente nel suo virtuosismo. Gli oltre 9 minuti di “Venezia” sono semplicemente bellissimi, un fantastico connubio di minimalismo e romanticismo, cesellato con un sapiente bilancino. Le ammalianti spire del “Notturno in Si Bemolle Maggiore” convergono in un finale quasi epico, ed è di grande classe anche “Starry Night”, con quelle onde (vedi Einaudi) capaci di cullare e di far sognare... Spettacolari i gorghi nymaniani del “Notturno in Si Bemolle Minore”, con un’eccellente alternanza di ritmi e di umori, anche se l’apogeo assoluto è forse raggiunto nel quarto d’ora di “Malga Costa”, la cui prima esecuzione risale al 1998 per la rassegna “I Suoni delle Dolomiti”. E infatti pare proprio di avvertire il picchiettio della pioggia sulle finestre di un rifugio di montagna, e la ricchissima varietà tematica sembra esprimere in musica il tripudio della natura, in tutta la multiformità della sua essenza... Meraviglioso! In “Sun Rises” si risveglia il giorno e le tinte si fanno talora più rilassate e solari (appunto), pur nella trama oltremodo complicata. Laddove credevi di aver capito tutto, a mescolare le carte giunge l’inattesa ghost-track nel finale, un elettronico saggio di lunare/lunatico rumorismo.
Che musica quella di Stalteri, così semplice eppure così ricca... La noia non c’è mai, sempre grande è la carica emozionale, e costante è la capacità di far godere estaticamente l’ascoltatore!

 

Francesco Fabbri

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