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I SALIS Dopo il buio la luce IAF 1979 (Giallo Records 1998/2009) ITA

Un album completamente fuori dal tempo quello dei Salis, uscito quando altri più famosi ritardatari del prog italiano avevano già sparato le ultime cartucce producendo lavori destinati a rimanere fissati nella memoria in maniera indelebile, Locanda delle Fate su tutti nel 1977. "Dopo il Buio la Luce", risalente al 1979, è distante dai due precedenti lavori dei Salis, pubblicati nei primi anni settanta e legati maggiormente alla forma canzone. L’album ignora totalmente il punk, il disimpegno della dance e la new wave alle porte per tuffarsi a capofitto nei suoni del rock progressivo di moda sino a qualche anno prima, non riproponendoli pedissequamente ma rielaborandoli con inventiva e una discreta dose di originalità. Il gruppo sardo, il cui nucleo è costituito dai fratelli Antonio e Francesco Salis, basso, voce, flauto e percussioni il primo, chitarre e voce il secondo, a cui si aggiungono in questo periodo Antonio Lotta alle tastiere e Antonio Sardu alla batteria, producono un lavoro quasi interamente strumentale, con sole due tracce cantate e qualche vocalizzo ad arricchire gli elaborati arrangiamenti.
Le composizioni sono in gran parte firmate dai fratelli Salis, con qualche contributo del tastierista Lotta, e scorrono fluide in atmosfere malinconiche intrise di sapori mediterranei. Così si presenta all’ascolto "Novembre", introdotta dal vento che fa da sottofondo a pochi accordi di chitarra e ad una linea melodica suonata dal synth, a costruire un brano rilassato caratterizzato da assoli ricchi di gusto. Sullo stesso tono è il pezzo che da il titolo all’album, dalla struttura varia ed elaborata, nel quale emerge anche l’influenza del jazz-rock melodico tipicamente italiano e nella cui parte finale gli accordi di synth-brass fanno quasi venire alla mente ciò che per gruppi come i Marillion diverrà un suono distintivo entro pochi anni. Il sassofono introduce "Peccato che…", che diventa un trampolino di lancio per un lungo assolo di Francesco Salis, chitarrista il cui tocco può ricordare un Andy Latimer leggermente acido. Ancora assoli e atmosfere jazz-rock in "A Walter", con alcune parti che rimandano ad un’atmosfera più tesa, nettamente prevalente invece in "Inquinamento", brano cupo nel quale le influenze jazz sono più evidenti e si sfogano in un intricato assolo di piano elettrico.
Le sonorità più classiche del progressive italiano sono prevalenti in "Rapsodia per Emigrazione", brano elaborato e ricco di cambi di tempo che riporta alla mente nomi come PFM e Banco del Mutuo Soccorso, e nel pezzo cantato "Diablo". Chiude il disco il brano che più esula dal suo contesto, il bellissimo "Yankee go Home", chitarra acustica e piano elettrico a costruire quasi un inno festoso il cui testo appare come un paragone tra l’invasione dei territori indiani nell’America del Nord e la “colonizzazione” operata dai “conquistatori” moderni in Sardegna un paio di secoli dopo. Il solito splendido assolo di Francesco Salis suggella un album che è stato possibile riscoprire grazie alla ristampa in cd della Giallo Records, un album passato inosservato all’epoca della pubblicazione e che andrebbe inserito di diritto tra gli indispensabili della ricca produzione italiana degli anni settanta.
Il gruppo si scioglie nel 1980 tra l’indifferenza del grande pubblico ma i fratelli Salis, i quali hanno anche fatto parte dei Barritas, gruppo storico della musica sarda moderna, hanno continuato in seguito ad occuparsi di musica, producendo almeno una musicassetta e una raccolta, nonché un album a nome Salis&Salis nel 2003. Francesco Salis muore nel 2007 a soli 61 anni ed è ricordato come un grande chitarrista, e basta ascoltare attentamente Dopo il Buio la Luce per averne la conferma. Nel settembre del 2008 a Santa Giusta, paese natale dei fratelli Salis, gli viene dedicato un memorial.



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Nicola Sulas

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