Home
 
SUN TRAVELLERS Excursions autoprod. 2010 NL

Sembra che esista un clichè ormai radicato, quasi obbligatorio, nella musica di certe band che pescano a piene mani da un passato floydiano psichedelico, dipinto di una parvenza di modernità che va a sconfinare in pseudo-generi come post-rock, alternative-rock e ambient-rock. Si tratta delle “voci”; lasciate sullo sfondo di un break ritmico o inserite all’inizio di un brano, a volte accompagnate da un tappeto ambientale di synth o da suoni naturali, spesso filtrate attraverso un distorsore o trattate per conferirgli un suono “radiofonico”, le “voci” sono quasi un obbligo in un certo tipo di musica, a partire dai Pink Floyd di “The Dark Side of the Moon” per arrivare a Steven Wilson con i suoi Porcupine Tree, responsabili di quella che ormai è diventata una specie di sindrome da emulazione.
Nel disco d’esordio dei Sun Travellers (band con base ad Amsterdam, costituita da due musicisti italiani, uno scozzese, uno svedese, un inglese/danese ed un americano), le “voci” non mancano, e questo dice molto sui riferimenti musicali del gruppo. Per fortuna c’è anche tanto di più. I Sun Travellers riescono a infilare in “Excursions” più carne al fuoco di quella che ci si aspetterebbe dalle scontate influenze sopra descritte. All’ascolto, infatti, appare evidente l’amore per sonorità di rock classico e psichedelia leggera, fatte di chitarre in overdrive, trattate con il wha-wha e viranti al funky, oppure dallo stile hendrixiano e blueseggiante, il tutto mescolato ad un’atmosfera ambient quasi onnipresente. Si tratta sovente di un’alternanza, più che di una sintesi perfetta, ciò nonostante, il risultato è indubbiamente buono, e porta alla realizzazione di una manciata di canzoni scorrevoli e melodiche, varie e arrangiate con gusto.
Nel disco troviamo così brani dall’andamento languido, rilassato o malinconico (“A Thousand Stars”, “Shades of Madness”, “Mirrors”, “Company Man”, “Miss Escapade”) alternati a divagazioni funky-rock (“Calypso”), intermezzi acustici (“Insomnia” parti 1 e 2), un fumoso e alcolico episodio rockeggiante (“Skywalker”) e persino un’acida cavalcata psichedelica barrettiana (“Spirit Dance”).
Il tutto è ben prodotto e suonato, senza particolare originalità ma tutto sommato anche senza la fastidiosa sensazione di clonazione che aleggia in tanti dischi rifacentisi agli stessi modelli ispiratori, con la giusta miscela di assoli gilmouriani, un discreto equilibrio tra tastiere e chitarre ed una voce solista discreta. E poi ci sono le “voci” ovviamente, maschili o femminili, che declamano conversazioni o versi e presenti solo in qualche brano, in pratica il tanto che basta per rispettare il clichè.
In definitiva, un esordio discreto per una band internazionale con un’importante componente italiana.



Bookmark and Share

 

Nicola Sulas

Italian
English