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SYRENS CALL Raging waters Pervade Productions 2010 FRA

Tra prog-metal e gothic, i Syrens Call si muovono in territori “pericolosi”… Pericolosi nel senso che una volta entrati è facile cadere in quei cliché pedissequamente proposti dalle band che puntano su questi generi. Per evitare questa trappola, questo sestetto francese, qui al suo terzo lavoro, prova delle soluzioni che, lo diciamo subito, non convincono affatto: inseriscono con una certa frequenza ritmi elettronici che sembrano completamente fuori luogo per la loro proposta ed esibiscono chiari, ma disomogenei riferimenti ad artisti già consolidati. Già l’incipit “Hang on to life” si apre subito con ritmi ossessivi quasi techno, ai quali si aggiungono presto la chitarra ruggente e la bella voce di Soraya Hostens (una delle poche note liete) per un power-metal elettronico alquanto scialbo. Decisamente più riuscite le seguenti “I’m your only one” e “Ashes of destiny”, che ci portano in quei sentieri battuti negli anni ’90 da gruppi quali The Gathering e Within Temptation, quindi con un gothic potente e sinfonico. Quando i Syrens Call mostrano queste influenze, in effetti, il loro discorso musicale si fa molto interessante e può attrarre chi ama gli artisti che alimentarono la scena in quel periodo (oltre ai citati potremmo aggiungerci i Nightwish o i nostrani Lacuna Coil), con uno stile che sfiorava anche il progressive, tenendo conto di una certa ricercatezza negli arrangiamenti, dei cambi di tempo, delle influenze classicheggianti. Il problema di quest’album è che non segue una linea precisa: si passa senza molto senso da composizioni a tinte fosche ad altre in cui si avverte l’influenza dei Dream Theater (in “Cruel love” e nella strumentale “Relapse”), fino a indirizzarsi più semplicemente sul metal più classico (si pensi a Stratovarius e Malmsteen), cercando refrain di facile presa, inserendo elementi classicheggianti un po’ kitsch e facendo rispuntare ogni tanto quei ritmi elettronici che risultano alquanto fastidiosi. Emblematica la conclusiva “The dance of light”, che nei suoi quattordici minuti mostra un po’ tutti questi aspetti (e inserendo persino una voce growl), risultando abbastanza confusionaria, nonostante qualche buona intuizione. Gli spunti positivi non mancano, i musicisti sono anche preparati e si presentano con grande professionalità, ma manca la personalità. Alti e bassi, quindi in questo cd, che presenta più difetti che pregi e per il quale suggerisco anche agli amanti del genere proposto dalla band di ponderare attentamente se procedere o meno all’acquisto.


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Peppe Di Spirito

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