Home
 
SHININ' SHADE Slowmosheen (EP) Moonlight Records 2012 ITA

Pensiero blasfemo: ma non sarà che la sacra triade crimsoniana “Lark’s tongue in aspic-Starless and bible black-Red” sia stata influenzata dai Black Sabbath? Per qualcuno sembrerà una bestemmia e magari per altri suonerà come la scoperta dell’acqua calda, ma la combinazione dei due riferimenti musicali poco sopra citati si fonde alla perfezione nei parmensi Shinin’ Shade, usciti già l’anno scorso con un altro EP, in quel caso omonimo (che però durava la bellezza di quaranta minuti!), ottenendo ottimi consensi dalla critica. La componente più dura ed allo stesso tempo psichedelica del Re Cremisi a tratti giunge ai limiti della citazione dichiarata, come nell’intermezzo della sognante “Day-Eye”. Diciamo che la fase più evidente dei ‘Crimson sembrerebbe quella del periodo “Thrak”, che comunque si rifà ai felici fasti della trilogia menzionata in apertura.
Dopo aver iniziato la dura trafila a nome Madness City Band a suon di hard rock dei bei tempi che furono, i nostri si fanno conoscere nell’underground con degli pseudonimi di battaglia che sanno parecchio di retaggio popolare. La fissa dei nomi d’arte rimane, ma vengono ben presto mutati in chiave anglofona. Discutibile o meno, si tratta di una chiara scelta che mira all’internazionalità del proprio prodotto. Lo stile diventa molto ‘Sabbath-oriented, senza però tralasciare la psichedelia ed il prog, fattori che elevano i connazionali a qualcosa che va oltre i tanti cloni che si trovano in circolazione.
In ultima battuta si è aggiunta la cantante Jane-Esther Collins, facendo salire a cinque il numero dei componenti ed apportando quel tocco di originale misticismo che giovava alla band. La vocalist, infatti, a differenza di tante colleghe non si limita ad urlare o a fare semplice presenza scenica, bensì si mostra tanto incisiva quanto misurata, dando il giusto apporto alle composizioni. Va sicuramente citata la settantiana “May You Rest in Slowmo”, molto complessa e corposa, che verrà ascoltata parecchie volte. Per il resto, come già detto, tanto Black Sabbath mischiati alla celeberrima creatura di Robert Fripp che emerge con i suoi spunti più duri. Tutti in gamba, ma è doveroso citare l’ottimo lavoro del bassista Roger Davis, che si dimostra un elemento basilare per l’eccellente sound sviluppato. Bella la confezione in digipack, a cui la Moonlight Records ha ormai abituato i suoi acquirenti.


Bookmark and Share

 

Michele Merenda

Italian
English