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SEID Magic handshake Black Widow 2012 NOR

Tornano i Pirati Cosmici, così si autodefiniscono questi musicisti di Trøndelag, proponendo per la terza volta sul mercato discografico il proprio cosmic pirate rock, i cui ingredienti sono da individuare principalmente all’interno di un calderone chiamato Hawkwind, aggiungendoci anche qualche pasticca simil-Gong. Una musica che vuole essere “spaziale” più che altro nell’uso di sampler ed effetti vari, ma che in massima parte si estrinseca in un rock psichedelico spesso duro e muscolare. Il batterista Martin Viktor è entrato da poco nella band e si dimostra subito elemento di ottimo valore, capace di dare gran ritmo a pezzi che altrimenti suonerebbero assai ripetitivi. Una situazione probabilmente voluta, quasi a riesumare il messaggio “mantrico” che a suo tempo si desiderava proporre in un determinato tipo di musica.
Il richiamo all’ensemble di Dave Brock è da rintracciare in quella sfumatura che secondo alcuni critici è stato il chiaro anello di congiunzione tra la cultura hippie e quella punk, come stanno a dimostrare le iniziali “Space Pirate Return” e “Decode The Glow”. Quest’ultimo, ad onor del vero, avrebbe anche i crismi per diventare un classico del genere, con un gran lavoro di basso ad opera di Burt Rocket, anche se poi si sceglie di far cantare un ritornello di “allegria composta e allucinata” alla vocalist Stina Stjern, spaccando completamente il parere finale, che a questo punto diventa estremamente soggettivo.
Il suono appare cupo, terroso, a volte impastato, come se non ci si fosse curati molto della sua produzione; probabilmente anche questa è una scelta voluta e così “The Dark Star Is Waiting” è un duro canto corale che si confonde tra le stelle e la parte più buia del cielo notturno. Un brano come “The True Merry Poppers”, invece, con i suoi fiati stralunati, è una sorta di folk-rock tipo i palermitani Akkura, che dopo un po’ sa parecchio di punk sul modello di alcune cose degli ucraini Gogol Bordello, anche se la parte strumentale diventa una delle cose migliori di tutto l’album: ottima la sezione ritmica assieme alle tastiere di Jurgen Kosmos e Organ Morgan, oltre alle fasi originali della chitarra di Janis Lazzaroni.
La strumentale “Trôn” parte con un grosso debito alla filosofia più space dei Gong, per poi evolversi lungo il mellotron di Morgan ed il drumming di Viktor, diventando un brano intenso ed originale, capace di grande coinvolgimento, fino a mutarsi in ciò che potrebbe essere frutto delle session del primo Steve Hillage solista.
“Fire It Up!” e “Ölyôk Kok Friebib” riprendono il tema più aggressivo, mentre “Space Rock Dogma” è psichedelia multiforme che varia tra differenti stati d’animo (trascurabile, da questo punto di vista, la precedente “Birds”).
La title-track ha delle strofe estremamente scoccianti (che martellamento!) ma un interessantissimo crescendo strumentale tra organo e fiati, mentre la conclusiva “Sister Sinsemilia” è un solenne viaggio cosmico che sembra voler portare i protagonisti verso i meandri più lontani dell’universo, facendoli accostare nella scelta agli svedesi DarXtar.
“Magic Hanshake”, stampato anche in doppio vinile, è un album fatto di alti e bassi, in entrambi i casi vertiginosi. È comunque una classica opera “made in Black Widow” e ciò rimane garanzia di valore artistico e di spessore creativo. Se apprezzate tutti i riferimenti sopra elencati, rientrerà nei vostri ascolti. Bella la confezione, che ricorda i vecchi vinili.



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Michele Merenda

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