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SANDCASTLE And then we collide autoprod. 2013 ITA

Dopo un EP intitolato “Breathe again”, datato 2010, arriva nel 2013 il primo full-length dei Sandcastle, il concept “And then we collide”. Il quartetto bergamasco di belle speranze, formato da Giacomo Fadini (chitarre, voci, flauto traverso), Roberto Bitetti (basso), Silvio Tadini (pianoforte, sintetizzatore e sequenze) e Fabio Beretta (batteria e percussioni), sforna un buonissimo lavoro che merita attenzione sia per le interessanti soluzioni musicali trovate, sia per il tema trattato, individuato dagli stessi musicisti ne “i paradossi della condizione umana”, che portano alle incomprensioni e alle incertezze tra una “Lei” e un “Lui”.
L’album contiene quasi un’ora di musica, aperta dalla lenta introduzione di “Crossing the thin line”, con atmosfere oniriche guidate dagli arpeggi di chitarra, che subito lascia spazio a “Dressed in black”, un rock moderno, che parte dall’influenza di Pink Floyd e King Crimson per giungere ad un sound più tecnologico, tra ruggiti che seguono vagamente le influenze di Anathema e dei Porcupine Tree, sintetizzatori “cosmici” e parti vocali efficaci. Si prosegue su questa scia, proponendo un hard-prog di qualità, pronto comunque ad aperture melodiche, che fa venire in mente anche un po’ i Rush (“Intelligent love”, “The barren shoreline”), una gradevole ballata dai tratti acustici (“I will stay”), viaggi sonori onirici dal sapore post-rock e con qualche tinta Cremisi qua e là (“Atticus black”) ed una conclusione dagli echi floydiani, con crescendo da brividi (“Ad aeterne”). Tra tutte le composizioni presenti, spicca però “Mirror”, oltre tredici minuti di bellissimo rock sinfonico costruito alla perfezione, che va avanti tra piano classicheggiante, dolcezze flautistiche, melodie ariose, improvvise sferzate robuste, solos in cui si avverte l’influenza di Steve Hackett e Andy Latimer e gli inevitabili cambi di tempo e di atmosfera. Sicuramente il momento migliore dell’intero cd.
Da rivedere le parti vocali (più per l’aspetto timbrico, un po’ “anonimo”, che per l’intonazione), ma nel complesso si più parlare di una prova pienamente positiva, seppur non originalissima. Tanti gli spunti molto interessanti, frutto di una ispirata vena compositiva, che se sarà confermata anche in futuro potrà portare a prodotti di primissima qualità



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Peppe Di Spirito

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