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SINTONIA DISTORTA Frammenti d’incanto Locanda del vento/Lizard 2015 ITA

La perseveranza merita senza dubbio un premio. E “Frammenti d’incanto”, il loro nuovo album (nonché primo ufficiale, dopo un demo di cover ed un altro lavoro autoprodotto), è il premio che spetta ai lodigiani Sintonia Distorta. Il gruppo è capace di “rigenerarsi” ad ogni cambio di formazione (e di genere), come ben dimostra l’ultimo prodotto fresco di stampa . Nati nel 1995 e con all’inizio il classico “apprendistato” fatto di svariate cover, la band decide ben presto di crearsi un proprio repertorio e pian piano inizia ad avvicinarsi alle sonorità hard-prog melodico che contraddistinguono questa nuova uscita. Un prodotto ed una produzione curati ed importanti a partire dall’evocativa copertina per finire con le esaustive note esplicative delle liriche (rigorosamente in italiano). 20 anni di storia sintetizzati in 10 brani e quasi settanta minuti di passione. Dosi massicce di chitarra elettrica ed altrettante partiture di magniloquenti tastiere ( Gianpiero Manenti) si aggiungono a buone capacità melodiche, vero trademark della band, anche se non mancano momenti più delicati al limite ”dell’accendino nel buio”… Particolare attenzione è riservata alla liriche (quasi tutte ad opera del cantante Simone Pesatori) e, malgrado non manchino “voli di fantasia” (“Anthemyiees”), a temi sempre attuali come la dipendenza dalla droga (“Il suono dei falsi Dei”), l’uniformarsi alle mode che snaturano l’essenza umana volta alla conoscenza ed alla curiosità (“Pioggia di vetro”), i rapporti con i genitori (“Menta e fragole”)… Malgrado qualche brano superi gli 8 minuti, il “format” canzone è comunque prevalente. L’heavy rock seventies (con fragranza progressive) di “Anthemyiees” è l’intro perfetta che stabilisce lo stile dei ragazzi lodigiani: musica dal forte impatto live e dall’ottimo feeling e che ci permette di apprezzare anche la voce, potente ed aggressiva, del singer Simone Pesatori. Caratteristiche che si presentano inalterate, o quasi, per “Il cantastorie”, la cui durata (poco più di 5 minuti) la potrebbe anche rendere appetibile a radio neanche troppo alternative (se qualche radio avesse il coraggio anziché essere omologata…) grazie ad un refrain di facile appeal. Decisamente più soft e per cuori teneri “Menta e fragole”, ma le quotazioni e l’adrenalina risalgono ben presto con “Il canto della Fenice” in cui le qualità della band emergono più felicemente e facilmente. Si sfiora il cantautorato nell’insipida “No need a show”, non aiutata dal banale ritornello e, forse, unico passo falso del disco. Malgrado la semplicità, è invece ben realizzata “ I ponti di Budapest” che conferma come la proposta della band cerchi di essere “mainstream” più che rivolta al progsters duro e puro. Il fan potrà riscontrare nella linearità delle composizioni un limite (invalicabile?) al pieno apprezzamento della proposta dei Sintonia Distorta. Per noi gli input presenti sono più che meritevoli per rendere “Frammenti d’incanto” un discreto lavoro, degno sicuramente di una discoteca progressiva “aperta” e non composta solo di (presunti) capolavori. Questo non significa che non ci si aspetti qualche aggiustamento del sound per un ulteriore salto di qualità. E la storia del gruppo dimostra che questa progressione può senz’altro essere fatta.



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Valentino Butti

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