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SHAMBLEMATHS Shamblemaths autoprod. 2016 NOR

I norvegesi, se ci si mettono, sono proprio dei pazzerelloni, si sa; se poi un bi-laureato in fisica quantica e in scienze politiche (sul terrorismo con armi nucleari) decide di fare un disco Prog, non può venirne fuori qualcosa di vagamente convenzionale. Ecco quindi che Simen Å. Ellingsen (chitarra, sax e voce) si associa con Eirik M. Husum (basso) e crea gli Shamblemaths; ad essi si aggregano come ospiti Eirik Øverland Dischler (tastiere) e Jon Even Schärer alla batteria e quel che ne viene fuori è questo album, Pubblicato in digitale e CD (CDr a dire il vero) a tiratura limitata, contenente 3 suite per un totale di quasi un’ora di musica dai connotati quanto mai variabili ed eclettici.
Ai quasi 27 minuti di “Conglomeration (or: The Grand Pathetic Suite)” (suddivisi in 10 movimenti) è affidato il compito di introdurci il gruppo e, a giudicare dai primissimi minuti, pare di avere a che fare con una band tributo dei Magma: ritmi frenetici e cori zeuhl ci portano decisamente in territorio vanderiano. Le cose cambiano dopo un po’ e il gruppo ci fa sentire che l’eclettismo è davvero uno dei suoi punti di forza. Gong, Egg, King Crimson e Van Der Graaf Generator sono solo alcuni dei punti di riferimento che ci troviamo ad individuare, con slanci frenetici ed aggressivi, caratterizzati dalla continua interazione tra sax, tastiere e chitarre. La suite si sviluppa in modo furioso e concitato per oltre 12 minuti… fino a che un cambio repentino, introdotto da alcune note di piano, ci guidano in una parte rilassata e romantica (con un sax e un cantato addirittura su tonalità ruffiane e ammiccanti) che quasi ci fanno credere di aver cambiato CD nel lettore. Di lì a poco inizia una parte guidata da chitarra acustica su un lieve tappeto tastieristico e un cantato ancora su tonalità romantiche. La suite ha preso definitivamente una direzione pacata e rilassante? Come si può immaginare, la cosa non dura più di tanto: già prima dell’ultimo movimento (intitolato “Overture”!) le ritmiche e i toni tornano ad animarsi, ma la suite si conclude in sfumando, pur dopo una nuova puntata sul pianeta Kobaia!
La successiva “A Failing Ember” dura solo 9 minuti e mezzo e conta 4 movimenti; brano pazzerello anche questo, variegato e multicolore, ma dalle ritmiche in generale più rilassate, senza gli spunti furiosi dell’opener.
La conclusiva “Stalker” (poco meno di 20 minuti per 6 movimenti) risale ad alcuni anni fa, quando i due fondatori degli Shamblemaths, tra il 2002 e il 2005, dettero vita al primo tentativo di fare musica assieme. Stilisticamente non notiamo grosse differenze dal materiale più recente, col solito avvicendarsi tra momenti più rilassati, alternati ad accelerazioni improvvise e slanci momentanei. In generale comunque si tratta di un brano di Prog dai connotati più sinfonici e (consentitemi il termine) convenzionali dei precedenti.
I tre brani dell’album hanno un respiro davvero ampio (un po’ meno il secondo, a dire il vero, più lineare degli altri, anche a causa della sua durata più limitata… pare ovvio ma stiamo comunque parlando di oltre 9 minuti!) che consente di spaziare in libertà attraverso i vari momenti musicali, senza vincoli. C’è comunque da dire che la suite di avvio raggiunge livelli non raggiunti dai brani successivi, mentre quella di chiusura raccoglierà i maggiori apprezzamenti dai Proggers tradizionali. Quale che siano le vostre preferenze, comunque, l’album di esordio degli Shamblemaths è senza dubbio alcuno da consigliare, da ascoltare e riascoltare, scoprendone volta dopo volta ogni piccolo anfratto e gustandone i continui cambi di umore.



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Alberto Nucci

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