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SLOTH METROPOLIS Humanise Bad Elephant Music 2020 UK

Questo combo scozzese, formatosi a Glasgow nel 2012, riesce ad unire, in questo che dovrebbe essere il suo quarto album, Gong, Hammill, i primi Pink Floyd, King Crimson, Cardiacs, Zappa, Jethro Tull e Black Sabbath, nella classica similitudine del minestrone che in questo caso risulta piuttosto saporito. La carica e l’energia che le cronache riportano in merito alle loro esibizioni live possono essere qui gustati appieno, visto che il gruppo ha deciso di registrare l’album proprio dal vivo, di fronte a un pubblico ristretto ma appassionato e presente, così da lasciar sprigionare tutta la crudezza e l’entusiasmo della propria musica.
La timbrica vocale del vocalist Calum Calderwood (che alterna le sue parti cantate a infuocate cavalcate di violino elettrico) non è sicuramente esente da paragoni con Daevid Allen, pur con asperità più alla Hammill; musicalmente invece assistiamo ad un continuo rincorrersi di momenti che, di volta in volta, ci riportano a uno dei nomi succitati (OK… aggiungiamoci anche Caravan e High Tide, giusto per arricchire ancor di più la mistura), in un alternarsi tra hard rock, folk e psichedelia, che ha senza dubbio un sapore molto retrò e early ‘70s ma che non si è fermato lì e che di sicuro non è rimasto ancorato a paletti temporali e stilistici.
Oltre a Calum, la band è formata da Alastair Milton (tastiere e sax), Steve McNamara (batteria), Peter Fleming (basso) e Nick Gaughan (basso, tastiere, percussioni e chitarra) i quali danno vita ad un album breve (38 minuti) ma decisamente intenso, particolare in ogni sua sfaccettatura e che risulta quanto mai arduo da decifrare al primo ascolto. Riusciamo a mala pena infatti ad orientarci tra una galoppata strumentale e una lunga pausa ricca d’atmosfera che non si sa mai dove possa andare a parare: vibrazioni folk o un’altra sfuriata hard? Un assolo di violino… di piano elettrico… o un affabile divertissement come la traccia conclusiva?
La verità è che ci troviamo alle prese con un dischetto divertente e sorprendente (almeno per chi in precedenza non aveva avuto modo di ascoltare nulla di questa band), apparentemente sguaiato in certi suoi aspetti ma in realtà ben quadrato e calibrato e in cui quello che manca de tutto è proprio la noia e la ripetitività.



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Alberto Nucci

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