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THULE Frostbrent Thule Records 1993 NOR

Bisogna effettivamente riconoscere che il panorama progressivo odierno offertoci dai paesi scandinavi è quanto mai florido e ricco di autentiche, piacevoli sorprese. A distanza di ben quattro anni dal mastodontico "Natt", tornano sul mercato i norvegesi THULE, ridotti ad una formazione triangolare con Hugo, Rispetto al disco precedente manca quasi totalmente l'apporto del tastierista Pål Valle, che dimostra le sue ottime qualità di cesellatore soltanto in 4 brani, mentre si affaccia qua e là la nuova incantevole voce di Charlotte Persen. In effetti "Frost brent" appare un'opera abbastanza differente nelle atmosfere e nelle ambientazioni strumentali rispetto ai primi due dischi: i THULE mostrano l'ennesima, spettacolare sfaccettatura del loro estro creativo con una sequenza di pezzi lucidamente malinconici, pervasi da quel feeling gradatamente introverso tipico dei gruppi del Nord Europa. Disperazione, oscurità, malessere sgorgano spontaneamente dalle bellissime "En vakker dag", "De store ordan" e "Han sa", episodi in cui la flebile voce della Persen s'inserisce sui tenebrosi registri intonati da P.E. Pedersen. L'imponenza del suono sviscerato con fragore e determinazione nelle successive "Aldvi" e "Frost brent" rappresenta proprio la maggior sorpresa contenuta nell'albo: magnetiche e fluttuanti, le trame sonore si impreziosiscono di orpelli fiatistici e si discostano dalle precedenti tracce per assumere connotazioni più dure e violente, soprattutto dettate dalla chitarra elettrica che in taluni frangenti esplode in rigogliosi, energici riffs di sapore metallico. Sobria ed elegante è "Æventyr", pregna di melodiose armonie incantatrici supportate da un inserto di tromba spinto su intonazioni che riecheggiano lo spirito di Miles Davis, mentre "Sanune fan" e "Dekedance" cingono il cuore con potenza e dinamismo regalandoci i succosi frutti di un'urgenza espressiva spinta su toni occulti, demoniaci, apocalittici. "Frostbrent" è opera sofferta, meditata ma assolutamente positiva: suoni immensi che non conoscono l'usura del tempo, meravigliose architetture scevre da ogni reale banalità commerciale, in poche parole un vero capolavoro.

 

Alberto Santamaria

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