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TALE CUE Voices beyond my curtain Musea 1991 ITA

Come il sottoscritto aveva già gufato, l'album d'esordio dei milanesi Tale Cue è uscito con alcuni mesi di ritardo rispetto al preventivato. L'attesa comunque è bella quando è breve e, soprattutto, quando alla fine l'oggetto di tale attesa è meritevole, e "Voices..." lo è sicuramente. Uno dei più grossi nei di questo gruppo è, secondo me, il voler tirare troppo in lungo alcune parti: in questo modo si rischiano cadute di tono non indifferenti che possono vanificare o far sbiadire ottime intuizioni. Ci si può rendere conto di questo aspetto da una rapida occhiata alla lista delle canzoni, la più corta delle quali dura 7 minuti. Prendiamo ad esempio "The knell", che tra l'altro giudico il pezzo-faro dell'intero album: per me questa è una composizione che avrebbe sicuramente essere snellita in certe parti. A parte comunque questa critica, che è l'unica che posso muovere al disco (escludendo la foto interna del booklet!), per il resto "Voices..." è un ottimo esempio di progressive non molto influenzato da lavori altrui (solo un paio di nomi: Pink Floyd e Twelfth Night, questi ultimi in modo inconsapevole) in cui ho particolarmente apprezzato i pezzi nuovi: "Choices" e "Prisoner of cutting light", che è però una reincisione che ha tuttavia guadagnato (nella seconda metà) rispetto alla versione su demo-tape. Molto bello, anche per la varietà di soluzioni adottate, (vi si può ascoltare anche una parte di flauto) è l'ultimo brano, intitolato "Pale light of the morning".
Una notazione anche sui musicisti: c'è da dire che i Tale Cue, rispetto ad altri gruppi pari-quota, hanno un innegabile vantaggio: quello di possedere un grande chitarrista quale Silvio Masanotti, il cui stile floating ricorda a tratti quello di Andy Revell). Che dire poi degli altri? Che di Giovanni Porpora (tastiere) mi sono rimaste in mente alcune parti, soprattutto in "Prisoner...", fin dall'ascolto del primo demo-tape, che della voce di Laura Basla, infine, non mi è piaciuta la registrazione, e chi ha assistito ad un loro concerto non potrà che essere d'accordo che le qualità della brava cantante sono migliori di quanto non sembrino in alcune parti del disco.
In definitiva, un album che, al momento, si colloca in testa alla produzione italiana del 1991 e sicuramente tra i migliori di prog-rock.

 

Alberto Nucci

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