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TWINSPIRITS The music that will heal the world Lion Music 2007 ITA

Non so che cosa vi aspettiate da un genere che oramai ha detto tutto come il prog metal (nell’accezione classica con cui si definisce il termine), se mai esista il genere.
Difficilmente troverete cose che non siano già state sentite, difficilmente troverete dischi che faranno gridare al miracolo e, soprattutto, chi prova ad allontanarsi, facendo cose diverse dal solito, sfocia il più delle volte nel pacchiano.
Facendo questa dovuta premessa, andiamo a parlare del bel lavoro di questo gruppo trevigiano che pur non inventando niente, e lavorando sugli schemi musicali che hanno fatto la fortuna di gente come i Dream Theater, riesce a ritagliarsi uno spazio nel panorama oramai asfittico del metal suonato bene.
Considerato che la mente di questo progetto è Daniele Liverani (Empty Tremor, Khymera, e progetti solisti tra cui la rock opera Genius), la cosa non deve meravigliarci. Essendo lui un veterano del movimento, le regole per fare un bel disco (anche se con un paio di pecche) gli sono chiare.
Oltre il tastierista troviamo elementi di prim’ordine come Dario Cicconi alla batteria, Alberto Rigoni al basso, il danese Soren Andersen alla voce e Tony Ermolli alla chitarra.
Si parte con un intro strumentale ("Projected") che sfocia in "Back to Reality", pezzo che paga il dazio alla band di Petrucci ma che, privilegiando l’aspetto ritmico rispetto a quello solistico, risulta riuscitissimo.
La ballad successiva "What You Want" rompe purtroppo subito il ritmo di questo disco, forse il brano meno riuscito e messo nel posto sbagliato. Il lavoro si riprende, però, con il brano "Take my Hand" che parte con un riff tastiera e chitarra molto hardrockeggiante (mio parere un bell’omaggio ad "Ain't Gonna Cry No More" dei Whitesnake) e continua con un bel ritornello e una classica cavalcata sonora progmetal come ponte musicale.
Con "Power to Kill" il suono diventa metal, più vicino ai Symphony X, brano non brutto ma che ha un'unica pecca nelle parti più growleggianti del cantato. Per quanto possa essere incredibile a dirsi, bisogna essere capaci a cantare in quel modo e il buon Andersen ha altre doti ma non questa.
Con "Understand" ritorniamo in territorio Dream Theater prima maniera (a tratti, soprattutto all’inizio, sembra di sentire "Metropolis pt. 1"). Dieci minuti suonati in maniera impeccabile che, se di primo acchito possono sembrare un po’ piatti, grazie anche al buon gusto musicale negli assoli di chitarra e tastiera vengono promossi a pieni voti.
C’è anche lo spazio per un brano che farebbe la fortuna delle radio come "Fire", in cui la componente rock duro del gruppo viene fuori alla grande. Un brano che se fosse uscito una decina d’anni fa per un gruppo americano sarebbe diventato un classico. Anche un brano dalla melodia accattivante come "It's Just Life", ci mostra un gruppo che si trova meglio nel battere i sentieri dell’hard rock classico piuttosto che le strade inflazionate (anche da molti gruppi italiani) dell’ipertecnicismo a tutti i costi.
Il brano che dà il titolo all’album e che chiude questo lavoro racchiude nei suoi 12 minuti tutto il buono che c’è nelle tracce precedenti, un heavy metal a volte duro, sempre suonato bene dove la melodia lascia a ragione lo spazio ad iperassoli che, se non sono al servizio del brano, servono solo a far minutaggio nei cd e basta. Ed è per questo che una menzione d’onore va fatta al giovanissimo chitarrista, che applica alla perfezione le classiche scale della chitarra, preferendo a volte pentatoniche “sporche” piuttosto che maree di semicrome buttate su uno spartito solo per far vedere che si è bravi.
A volte bastano poche note giuste per essere definiti chitarristi bravi e questo Tony Ermolli sicuramente lo è.
Un disco piacevole, forse il più piacevole uscito nel 2007 nel genere.Ed è bello ogni tanto dire questo di un gruppo italiano.

 

Antonio Piacentini

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