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TRICANTROPUS Recuerdos del futuro Mylodon Records 2007 SPA

Questo "Recuerdos del futuro" rappresenta l'esordio discografico di un nuovo progetto realizzato da una vecchia conoscenza della scena prog spagnola: il tastierista Manolo Manrique, che nel 1979 pubblicò, assieme agli Azahar, il secondo ed ultimo album di questa storica ed amata band. Soltanto per questo fatto il CD in esame merita una particolare attenzione, visto il valore del gruppo di origine. L'assetto della band è davvero particolare dal momento che il nucleo principale è costituito da ben tre tastieristi che comprendono, oltre a Manolo, Pedro Perraga (che suona anche il basso) e Javier L. Pardo (che si occupa anche delle chitarre). Attorno a questo trio ruota una serie di altri musicisti al flauto, alla viola da gamba alla chitarra ritmica e alla batteria. In parte si possono udire gli echi provenienti dagli Azahar ma in questo caso sono quasi sparite le tonalità flamenco e i ruvidi impasti rock in favore di un prog sinfonico strumentale suadente e scintillante, basato su riferimenti squisitamente Cameliani e costruito in prevalenza sulle vivaci tinte delle tastiere. Le 11 tracce che compongono questo album sono assolutamente incantevoli e rappresentano visioni sonore di ampio respiro, in grado di alleggerire lo spirito dell'ascoltatore come può farlo la contemplazione di un paesaggio dal vasto orizzonte, in cui cielo e terra in lontananza si toccano e sembrano quasi fondersi. In questa maniera la musica ariosa scorre fluida e piacevole, portandoci alla fine dell'album col cuore leggero e facendosi solo di rado un tantino più avventurosa. Un esempio in tal senso è fornito dalla seconda traccia, "Mar de cristal", che parte con un miraggio Cameliano per poi terminare in una vivace jam session in stile jazz, con tanto di assoli tastieristici virtuosi che, nell'ambito di un album globalmente meditativo, stupiscono un po', lasciando comunque un effetto assai positivo. Come dicevo, queste occasioni sono abbastanza rare e la musica è sempre distesa ed avvolgente, come nella successiva "Saitama", con una chitarra pulita e vibrante in primo piano e con qualche fragranza dal gusto mediorientale che ne rafforza i sapori. Un tocco esotico viene fornito anche in "Frost", con ritmiche affidate alle piacevoli vibrazioni delle tabla a dimostrazione che a volte un piccolo particolare, inserito al punto giusto, può valorizzare la canzone senza appesantirla più del dovuto. "Al otro lado del vado", elegante e sognante, colpisce per le sue progressioni vivaci, basate sempre su intuizioni Cameliane, ma che sullo sfondo brillano per le ritmiche latine, in un insieme semplice ma dai suoni rigogliosi ed accattivanti. Gli arrangiamenti sono anche in questo caso ricchi di sfumature, non carichi nel complesso, ma particolareggiati: una vera delizia. E' difficile non innamorarsi di questo album che nei suoi continui déjà vu e nella sua semplicità ci fornisce un esempio di accattivante e gradevole prog sinfonico dal sapore romantico in cui è bello a volte perdersi, senza farsi troppe domande.

 

Jessica Attene

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