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TOHPATI BERTIGA Riot Moonjune 2012 IDO

Tohpati è ormai sulle scene da più di vent’anni: prima con gli Halmahera, poi con il granitico jazz rock dei Simak Dialog e l’esuberante fusion della superband dei Trisum; in parallelo ha sviluppato una carriera solistica costellata da mille progetti. Penultimo tra questi è stato di Tohpati Ethnomission con lo splendido album “Save the Planet” vetta assoluta della sua produzione.
Avendo quindi nelle orecchie ancora il caleidoscopio di suoni ed emozioni di “Save the Planet”, le aspettative per Tohpati Bertiga, nuovo progetto del chitarrista indonesiano, non potevano che essere elevatissime. Una volta appreso di un progetto prettamente chitarristico, ovvero di un power trio in cui la chitarra la faceva da padrona, ho storto un po’ la bocca. Non sono mai stato mai un grande amante di questo tipo di proposta e il primo ascolto non ha cancellato le mie perplessità. Sì, Tohpati è un chitarrista di classe sopraffina, ma dentro di me riecheggiavano ancora le atmosfere variegate di “Save The Planet” e una proposta più asciutta e all’apparenza meno variegata come quella dei Bertiga non mi soddisfaceva affondo. Tuttavia ascolto dopo ascolto, a colpi di chitarra, anche “Riot” ha fatto prepotentemente breccia dentro di me, trovando la sua strada, con una musica più essenziale e diretta, ma al contempo variegata e ricca di contenuti.
Nella sua carriera Tohpati ha spaziato tra i generi più disparati, hard rock, prog, jazz, musica etnica, pop, latinoamericana, funk, ma è sempre stata la fusion il punto di riferimento principale. In “Riot” continua ad essere una componente importante, ma sono forse le sonorità rock a farla da padrone e l’essere stato registrato tutto in presa diretta non fa che renderlo più fluente e coinvolgente. Tohpati rende omaggio ai mostri sacri della chitarra della scena rock anni 70: Page (troviamo anche una citazione di “Immigrant Song”), Blackmore e anche Howe. Ritorna alle sue prime pure passioni, quelle più pure, quelle che l’hanno avvicinato al mondo della musica. Ma “Riot” è molto di più, è un album dalle infinite sfaccettature. Questo fenomenale chitarrista indonesiano continua a dimostrare di stare a suo agio in qualsiasi stile, si muove con assoluta disinvoltura fra funk, fusion, hard rock, metal, post rock, prog, folk medio orientale. Forse, rispetto ai suoi predecessori, l’unica componente del suo repertorio a mancare è proprio la musica folk indonesiana.
Io non sono un esperto della chitarra e non è nemmeno di mio interesse entrare nel merito di discorsi tecnici sullo strumento. Quello che mi sento di poter affermare con certezza è che Tohpati non è solo un chitarrista dalla classe e il gusto sopraffino, ma un musicista a tutto tondo. La sua musica non si perde in sterili esercizi ginnici.Usa la sua immensa abilità all’unico fine di creare armonie creative e fantasiose, assoli mozzafiato, tortuose variazioni e ritmi implacabili. Tuttavia la cosa più importante è che Tohpati suona alla maniera di Tohpati, con il suo personalissimo stile. Trovare similitudini con altri chitarristi sarebbe estremamente riduttivo nei suoi confronti poiché ha raggiunto una maturità artistica tale da poter suonare la sua musica senza dover emulare nessuno,senza essere schiavo di generi o stili. E’ lui a dettare le regole!!! E ha tutte le carte in regola per farlo.
Vale la pena spendere due parole anche per i suoi compagni di viaggio, i Bertiga. Perfetto supporto, che pur senza rubargli mai la scena, lo accompagnano con precisione, dovizia e una carica senza uguale. In particolare al basso c’è il fidatissimo Indro Hardjodikoro che lo accompagna ormai in tutti i suoi progetti da più di vent’anni.
Ormai l’avete capito, ho un debole per questo artista, ma come si fa a non amarlo dopo l’ennesimo grande album a cui ha preso parte? Un album in cui non c’è una nota fuori posto, 10 brani tutti riuscitissimi e tutti diversi l’uno dall’altro. “Riot” non è solo un disco per gli amanti della chitarra, ma un disco che soddisferà il palato di qualsiasi amante della buona musica. Non raggiunge le vette di “Save the Planet”, ma gli ci si avvicina molto. E’ un disco che trasuda tanta voglia di fare buona musica, che mette in mostra un Tohpati innamorato del suo strumento e con ancora tantissima voglia di suonare e di stupirci!!! Noi non possiamo che rallegrarcene, aspettare impazientemente nuovi progetti e nuove avventure e continuare ad osannare cotanto musicista!!!


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Francesco Inglima

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