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ÜNDER LINDEN Ünder linden Viajero Inmovil 2007 ARG

L’Argentina ci regala nel 2007 un'altra bella sorpresa musicale.
Dopo le conferme di Nexus e Jinetes Negros, è la volta di questo quintetto strumentale che proviene da La Plata.
Nato agli inizi del 2000 come power trio basso, chitarra, e batteria, il gruppo si è evoluto presto in un quintetto includendo un violino e una tastiera.
Sebbene gli Under Linden siano di recente formazione, i membri hanno fatto parte di altre realtà del progressive argentino anni 80 e 90 (ricordiamo KRILL, ELIXIR DE PASION, FARENEITH).
Diciamo subito che questo disco è delizioso, nove composizioni tutte da sentire e da apprezzare (le tracce sono dieci, ma "Desolaciòn" in realtà è un riempitivo).
Possiamo sentire chiaramente l’influenza dei Camel, in alcuni brani fa capolino anche l’Hackett solista dei primi lavori e sicuramente anche qualcosa dei loro conterranei Crucis. Per certi versi la loro proposta musicale mi ricorda (più che altro per l’approccio musicale non solo per la tastierista donna) quella dei Quaterna Requiem brasiliani, altro grande gruppo che dovremmo fare lo sforzo di conoscere di più. E anche l’uso del violino molto presente ti fa pensare a Marcus Viana e ai suoi Sagrado.
Difficile trovare passaggi brutti in questo disco, dove gli assoli di chitarra e violino la fanno da padrona e giustamente visto la tecnica (che non sfocia mai nell’autocompiacimento onanistico ma sempre al servizio dei brani) sfoggiata da Roberto Medina al violino e Ignacio Scarsella alla chitarra. Assoli sorretti da una buona sezione ritmica, guidata dal bassista Jorge dal Cin e tenuta insieme dai tappeti sonori creati dalla tastiera di Gabriela Gonzales.
Le composizioni sono tutte su altissimi livelli e sarebbe un peccato non citarli tutti
Si parte alla grandissima con “Danza de Ballenas” brano già composto con i Fareneith e qui revisionato. Difficile non restare impressionati dalla bellezza del tema e dai ripetuti scambi tra violino e ritmica. Si continua sugli stessi binari con “En la piedad de los dioses”. Anche un brano più riflessivo come “Casi Fue” è ravvivato da un grande lavoro chitarristico. El conducto” ha un finale da brividi con duetti molto incisivi ed azzeccati tra chitarra e violino. Il suono si indurisce abbastanza in “ Gravitaciones “ ma arriviamo solo al confine con l’hard rock. Il brano è condotto in maniera sontuosa da un tema di basso bissato subito dopo dal violino e un finale in crescendo. Sicuramente uno dei miei pezzi preferiti dell’album. Non mi soffermerei più di tanto su “ El cortito M.K” e “ Tiburon en Marcha”, perché i veri fuochi d’artificio li troviamo negli ultimi due brani.
“Linden” parte in sordina per esplodere in un finale che esprime veramente una gioia musicale in puro stile Camel ma mischiato con quelle atmosfere musicali che son care ai gruppi prog sudamericani e che li rendono caratteristici rispetto alle restanti realtà mondiali. Altro brano che mi mette i brividi è il finale “Parafinal “.Anche questo era un brano composto ai tempi dei Farenheit e qui riveduto e corretto.
Inizio che è un omaggio a Steve Hackett e proseguimento che racchiude in se tutto quello di buono che il gruppo ha prodotto in questi solchi. Chi ama il progressive sinfonico, difficilmente non resterà ammaliato da questo brano.
Come sempre più spesso accade, un disco come questo ti fa comprendere come di cose belle e non scontate nel mondo del progressive di matrice sinfonica se ne trovano ancora in giro per il mondo. Il sud america ha prodotto gruppi interessantissimi che vuoi per la provenienza, vuoi per la distribuzione non sempre garantita, vuoi perché l’appassionato di rock progressive si autoracchiude in determinati schemi mentali da cui esce raramente, difficilmente arrivano al relativo successo tra gli appassionati progressive.
Sarebbe un delitto (e non solo per chi ama il progressive di matrice sinfonica, perché se un lavoro è bello, è bello a prescindere dalle influenze a cui fanno capo le proprie sonorità) non ascoltare e poi amare questo lavoro dei 5 argentini de La Plata.
Sicuramente uno di quei dischi da ricordare dell’anno 2007.

 

Antonio Piacentini

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