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VV.AA. The colossus of Rhodes ''The seventh progressive rock wonder'' Musea 2005

Terzo progetto della rivista Colossus, anche questo dedicato ad un film di Sergio Leone, "Il colosso di Rodi" appunto. La struttura del progetto è la stessa che abbiamo già visto per lo "Spaghetti epic", ovvero 6 bands che si producono ognuna in una suite (ognuna di esse illustra due capitoli della storia) di circa 25 minuti, col vincolo di utilizzare strumentazione ed ambientazioni vintage. Grande partecipazione ancora una volta per i gruppi italiani: quattro su sei sono infatti esponenti del nostro paese... anzi... più che altro si deve parlare di preponderanza romana, dato che tutti e quattro provengono dalla capitale.
La prima suite vede all'opera i Leviathan, i quali mi hanno in questo frangente sorpreso abbastanza piacevolmente. La ricca orchestrazione e le atmosfere deliziosamente sinfoniche fanno infatti venire alla mente un qualche connubio tra i Genesis dell'immediato post-Gabriel e le parti più ariose della prima PFM. Il cantato di Paolo Antinori talvolta è un po' sforzato ma riesce a mantenersi comunque sempre (anche se a fatica) al di sopra della soglia della gradevolezza. La suite ha un andamento abbastanza costante, con poche impennate, e si snoda abbastanza naturalmente lungo tutto il suo minutaggio, senza dar adito a pesantezze d'ascolto. In sostanza un buon inizio per l'album e un gradito ritorno per il gruppo su buoni livelli.
Gli altrettanto romani Greenwall partono ottimamente con un'ottima apertura strumentale. Il brano dà quindi spazio a una lunga parte molto teatrale in cui dei cantati molto declamatori e quasi recitati (bravissima la cantante) narrano le vicende della storia; una cosa molto particolare, bizzarra se si vuole, ma realizzata in maniera efficace, con delle ottime musiche di sottofondo. Questa parte poi sfuma un po' artificiosamente per dar spazio alla successiva, molto bella, cantata in inglese e caratterizzata da ottimi spunti medievaleggianti e anche jazzati. Questo eclettismo (anche nella lingua utilizzata) ci accompagna per il resto dei 27 minuti della suite, spaziando anche tra un Prog sinfonico ricco e lussureggiante al chamber rock colto e melodrammatico. Senz'altro il loro contributo rimarrà tra i migliori, alla fine.
I Sinkadus ci mostrano che sono ancora vivi e che cercano di abbandonare la nomina di cloni degli Änglagård, pur non rinnegano le proprie origini nordiche. L'intro del pezzo ha un che di spaziale e vandergraaffiano. Di lì la suite, quasi totalmente strumentale, si sviluppa positivamente, tra esplosioni sinfoniche con ottime partiture di Mellotron, rallentamenti sulla scia del già citato intro e begli accenni di flauto ma in definitiva ha dei connotati molto pacati, lenti e talvolta inquietanti, con un senso di attesa che la pervade in gran parte; gradevole comunque la riuscita finale. Accogliamo piacevolmente il fatto che questa band paia finalmente cresciuta, riuscendo a ritagliarsi uno spazio personale, pur nell'ambito del Prog sinfonico di matrice nordica. Speriamo che il gruppo non si perda di nuovo...
Il secondo CD inizia coi Mad Crayon, anch'essi redivivi nonostante il lungo silenzio. La loro suite conferma le tendenze del gruppo verso un Prog romantico di stampo classico fortemente influenzato dalle Orme e da un po' tutto il Prog italiano dei '70s. Un'ottima prova, equilibrata e ricca di melodia, che non disdegna parti più complesse, sempre senza dimenticare il marchio di fabbrica del gruppo. Molte sono quindi le parti in cui un cantato molto melodico e quasi sussurrato guida un apparato strumentale apparentemente in secondo piano, con un incedere tranquillo, sottolineato da bei tappeti di tastiere e un 4/4 senza scossoni. Un pezzo quindi abbastanza lineare, con pochissimi scossoni e sicuramente godibile.
I finlandesi Velvet Desperados ci propongono una suite dai connotati e dalle sonorità piuttosto particolari, ma di sicuro non privi di fascino. Il gruppo si presenta come una mini orchestra, con archi e fiati in aggiunta alla strumentazione classica. L'utilizzo di queste soluzioni musicali fa apparire talvolta la musica di "Lords & knights" (questo il titolo della suite) come un pezzo degli ungheresi After Crying ma con un vigore rock in più. Spunti furiosi di quello che una volta veniva definito flash rock si susseguono a parti di stampo più marcatamente floydiano, con alcune parti di puro blues che in un certo senso impreziosiscono il melange ma che francamente trovo un po' artificiose. Ad ogni modo la particolarità della musica proposta da questo combo merita davvero di essere ascoltata e, se non si tratta della migliore prova dell'intero album, poco ci manca.
Chiudono le danze i Revelation, coi quasi 30 minuti di "A new dawn". Cosa ci si può aspettare da una band che, nella sua vita normale, è una cover-band dei Genesis? Un'operazione nostalgia in grande stile, ovviamente. Stante questa premessa, la loro prova è, registrazione scadente a parte, moderatamente divertente e godibile in quanto tale, senza grosse pretese di originalità né grossi picchi qualitativi. Si tratta di un finale un po' in calando per questo Colosso, quindi.

 

Alberto Nucci

Collegamenti ad altre recensioni

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VV.AA. The Spaghetti Epic (six modern prog bands for six '70 prog suites) 2005 
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VV.AA. The Spaghetti Epic 2 2007 

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