Home
 
VV.AA. Treasure island Musea 2007

E’ sempre un piacere aprire il CD del nuovo progetto Colossus – Musea. Sarà il libretto sempre zeppo di informazioni, testi, foto, disegni, sarà la scelta musicale a tema obbligato che mette spesso a dura prova le capacità compositive dei gruppi, sarà la possibilità di sentire più gruppi da tutto il mondo suonare sullo spesso disco… sarà, sarà, comunque l’idea è sempre allettante.
Il tema di questo lavoro è “L’Isola Del Tesoro”, famosissimo libro di avventura per ragazzi (e non solo). Per esigenze narrative la storia viene divisa per i tre gruppi partecipanti ai quali è affidato il compito di esprimere la loro porzione in forma di suite, come da copione prog.

Il brano di apertura è affidato ai finnici Velvet Desperados con il brano “Gentlemen Of Fortune”. Il gruppo per l’occasione diventa più corposo e nutrito nel numero, grazie all’affiancamento, al quartetto base di una sezione fiati alla quale è affidato un compito tutt’altro che secondario. La suite è molto elaborata e presenta movimenti piuttosto diversi tra di loro, ben incastrati e ben suonati. Le note di apertura sono coinvolgenti e ci riportano a sonorità in bilico tra il Frank Zappa di Grand Wazoo e gli ELP di Tarkus, pur mantenendo una buona personalità. Così corrono i primi 11 minuti con parti di cantato melodico e rilassato e ottimi spazi strumentali. Ben diverso è l’impatto dei successivi minuti con stacchi Funky che sanno più di Steve Wonder (Superstition) che di prog al quale normalmente siamo abituati, non manca neppure il falsetto tipico della Funky Disco (aiuto!). Va bene… pochi minuti, interrotti bruscamente da un potente break di batteria che ci porta nella sala Bar della storia per un divertente momento teatrale, preludio di un secondo “incidente” citazione per Fish e la sua Shadowplay. Va bene… pochi secondi. Il finale riprende il forte “pieno” iniziale per un gran riscatto generale. Quello che maggiormente traspare da questa suite, al di là dei piccoli peccati citati, è un forte calore e una grande coesione di suoni tra il sinfonico, la fusion e senza dimenticare tratti maggiormente legati al folk o agli autori classici del ‘900, Ravel in primis, che ci danno prova di ascoltare una band di tutto rispetto che ha confermato e consolidato la già bella prova dell’altro Project ispirato al Colosso di Rodi.

La seconda suite “The Shore And The Breathing Night” è proposta da una band italiana i Floating State. L’avvio del brano è assolutamente intimistico, ma penetrante, vibrante tra la voce e gli arpeggi. Si avverte un ché di hammilliano nello sviluppo melodico e nel crescendo volutamente drammatico. Molto bello anche il prosieguo sempre carico di tensione, tempi dispari, cantati complessi, partiture in bilico tra accordi spesso più tipici del jazz che danno un tono di fine contaminazione alle fasi di sviluppo, tra pieni epici e diafani accenni quasi new age.
L’utilizzo, anche in questa parte, di fiati strappati su poliritmie conferma quel sapore Van Der Graaf che porta, nella seconda parte della suite, a farci comprendere la grande levatura di questo gruppo ben deciso e piantato con coerenza tra le migliori cose che offre il nutrito mercato prog italico. Ancora un momento delicato prima del finale teso, ricco e ben giocato sulle capacità dei singoli elementi. Un bellissimo brano che avremmo voluto continuasse all’infinito, ma il finale tronco è segno che proprio non si può.

La suite finale arriva dall’Argentina con “La Aventura En El Mar - The Sea Adventure” dei Nexus. Ancora una bellissima prova e un brano di grande qualità. L’avvio tratteggia un prog sinfonico tastieristico un po’ déjà vu, ma già dopo i primissimi minuti si staglia un mesto tappeto di synth analogici, preambolo di un episodio di notevole ricchezza stilistica, strettamente imparentato con il prog italico dei primi ’70. Il seguente assolo di chitarra dalle note lunghe trascinate, cameliano fino al midollo, è un piacere infinito. Stacco improvviso (con annessa perfetta cucitura), chitarra acustica, arpeggio e synth, fanno ancora da preludio a qualcosa che si sa che deve arrivare e si sa che sarà qualcosa di notevole e più le note indugiano, più l’arpeggio si dilata e più e preparatorio, ma … sorpresa niente esplosione: un altro movimento pacato con il mare a fare da sottofondo ed ecco il cantato, in spagnolo, melodia da pelle d’oca, che si ripete all’infinito e non stufa mai perché ad ogni giro si arricchisce di un synth, di una arpeggio, di un controcanto. Il lavoro di tastiere nella successiva parte è da maestro, molto emersoniana e al contempo personale, giocata su ritmiche complesse e in continuo cambiamento. Per il finale, come da manuale, ritorna la melodia iniziale. Bravi tutti.

Che dire ancora di questo nuovo progetto? Un altro centro… forse qualcosa di più: un disco veramente azzeccato e, oserei dire, il migliore della serie Colossus. Comprare please.

 

Roberto Vanali

Italian
English