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VV.AA. Inferno: The Divine Comedy part I Musea 2008

Che cosa significa ascoltare e suonare rock progressivo nel 2009?
Per qualcuno significa suonare in modo manieristico e scimmiottare gli idoli del passato, per qualcuno può significare battere nuove strade e trovare altri sbocchi musicali, per qualcuno non significa assolutamente niente perché il rock progressive attuale semplicemente non esiste.
Devo essere sincero, i progetti della Colossus un po’ mi avevano stufato. Ho amato il Kalevala e l’Odissea ma ho sempre pensato che un brano solo (anche se una suite) non fosse rappresentativo per chi suona rock progressive. Oggi sono qui a cospargermi il capo di cenere perché siamo di fronte ad un grandissimo lavoro.
Progetti come questo Inferno ti fanno capire che il rock progressive ha una sua dignità e una sua bellezza, anche se suonato da gruppi che gli anni Settanta nella maggior parte dei casi non li hanno vissuti da protagonisti sul palco ma, nella migliore delle ipotesi, come ascoltatori, se non proprio direttamente dalle culle.
Progetti come questo ti fanno capire quanto ancora ha da dare al mondo della musica il rock progressive, perché, anche se siamo di fronte a 34 gruppi di ottimo livello, non siamo in ogni modo di fronte al meglio che questo genere ha prodotto negli ultimi anni.
La Colossus non è nuova a progetti di questo genere, ma i quattro CD che compongono questo lavoro sono, al momento, il migliore prodotto che la fanzine finlandese, coadiuvata dalla etichetta francese Musea, abbia mai presentato sul mercato.
“Dante’s Inferno (The Divine Comedy – part I)” ha tutto quello che può far piacere a un appassionato di rock progressive. Partiamo dalla veste grafica: Davide Guidoni ci ha ormai abituato a cose egregie, ma qui supera sè stesso con una delle sue copertine più belle e con un lavoro grafico di altissimo livello. Passiamo al booklet corposo con la presentazione del progetto, una breve storia dei vari canti, tutti i nomi dei componenti dei gruppi e tutti i testi, fatto non comune, soprattutto per una nuova uscita di rock progressive.
Sarà difficile inoltrarsi nelle 34 composizioni in maniera approfondita perché sarebbe veramente come scrivere la Divina Commedia un’altra volta. Tralascio volutamente l’aspetto concettuale dell’opera proprio per porre l’accento su quanto di buono c’è in queste tracce. Tenendo conto che siamo di fronte ad un brano soltanto di 6 -7 minuti (nella maggior parte dei casi) per gruppo, che c’è tutta la voglia di mostrarsi al meglio e considerando che Marco Bernard le cose brutte in una operazione del genere giustamente le avrà tenute nel cassetto, difficilmente gli appassionati e, perché no, anche chi vuole farsi un’idea del mondo rock progressive attuale, resterà deluso.
I gruppi partecipanti vengono da tutto il mondo e bisogna almeno citarli tutti quanti: Nuova Era, Yesterdays, Little Tragedies, Lady Lake, Greenwall, Nemo, Nexus, Atlantis 1001, Flamborough Head, Colossus Project, Court, Willowglass, Wicked Minds, Brighteye Brison, Matthjs Herder, Garamond,Ars Nova, Il Castello di Atlante, Groovector, CAP, Ozone Player, Sinkadus, Viima, NotaBene, Entrance, Advent, Contrappunto Project, Armalite, Corte Aulica, Raimundo Rodulfo, De Rossi e Bordini, Tempano, Nathan Mahl,Simon Says.

Si parte alla grande con un ritorno che era nell’aria ma che ora è inciso e si può ascoltare, quello dei Nuova Era. Anche se di fiorentino c’è rimasto solo Walter Pini (visto che la sezione ritmica è tutta dell’area romana, grazie a Davide Guidoni, micidiale anche dietro le pelli oltre che con matite e pennelli, e al grande Guglielmo Mariotti al basso, entrambi ex Taproban) la musica e le emozioni sono sempre quelle che personalmente mi aprirono un mondo con l’ascolto de “L’ultimo viaggio” oramai tanti anni fa. Un grande inizio come ai vecchi tempi.
Sarebbero tante le cose comunque da segnalare: i rumeno-ungheresi Yesterdays, che confermano quanto di buono era presente nei loro lavori, o gli argentini Nexus che sono sempre una sicurezza e dimostrano come sempre la loro classe anche in situazioni come questa, in cui forse potevano fare di più; i Colossus Project con un grandissimo Alfio Costa alle tastiere.
Progetti come questo fanno risaltare alla grande gruppi come i Little Tragedies che, avendo a disposizione un solo brano, ci mettono dentro tutta la loro grandissima tecnica, stesso discorso vale per le giapponesi Ars Nova.
Non c’è solo rock sinfonico tra i 34 pezzi, i brani che spaziano tra i vari generi son quelli che rimangono più in mente. I marchigiani Garamond con il loro rock d’avanguardia realizzano il brano che colpirà di più non solo gli appassionati di RIO ma anche chi ha sempre avuto timore ad affrontare certe sonorità, forse il brano più bello del lotto. Il brano esclusivamente pianistico di Andrea Cavallo a nome Contrappunto Project solleticherà le fantasie di chi ama anche lanciarsi nel mondo classico. Gli Ozone Player, che realizzano un brano, dove gli strumenti si rincorrono alla grande per tutta la durata del pezzo, a cui è difficile restare indifferenti
Continuando a parlare di cose eccellenti non possiamo non sottolineare due graditi ritorni. Il primo quello dei finlandesi Groovector, che realizzano un’altra perla al livello di quelle alle quali ci hanno abituato nei 2 precedenti lavori in studio, la seconda quella dei bresciani Notabene che, con una traccia strumentale, dimostrano alla grande il loro valore e la loro originalità.
Nota di merito anche per i CAP che con un brano molto divertente come “La danza dei Contrari” dimostrano di sentirsi a proprio agio in questo tipo di progetti. Se mai pensassero di mettere insieme tutte le tracce fatte per la Colossus forse realizzerebbero il loro migliore lavoro. Stesso discorso vale per i canadesi Nathan Mahl che realizzano anche in questo caso un brano dagli alti contenuti artistici.
Bella anche la collaborazione tra De Rossi (Taproban) e Bordini (ex Cherry Five e Rustichelli-Bordini), e il valido pezzo dei Corte Aulica. Risalta anche il brano dei Wicked Minds che in "Blood from the trees" mostrano tutto il loro mondo musicale
E non possiamo non citare "Scisma" degli Armalite che apre il quarto cd.
Il rovescio della medaglia in questo tipo di progetti è che a volte si tende ad inserire troppo in pochi minuti. E’ quello che è successo ai Greenwall alle prese con il quinto canto di Paolo e Francesca. Sulla carta è il brano più bello di tutto il concept, nella pratica soffre molto dei pochi minuti a disposizione. Andrea Pavoni e compagni cercano di fare entrare tutto in poco spazio, ma il risultato purtroppo ne risente. In casi come questi una suite con un minutaggio più elevato avrebbe reso meglio l’idea.
Non ho citato tutti perché alla fine si rischia di fare un catalogo e non è mia intenzione farlo. Ci tengo a ribadire che tutti i brani sono di alto livello e che non stancano.
E’ un cofanetto da portarsi dietro e da piazzare nelle autoradio degli amici quando ti dicono che il prog è finito nel 1977. Un lavoro che ti riconcilia con una musica che tutti danno per finita e che invece è amata e suonata ancora alla grande.
Non so quanto dedicate alle nuove uscite credo solo che un cofanetto del genere sia da avere a prescindere.

 

Antonio Piacentini

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