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WHITECHAPEL Le masque d'arlequin Musea 2006 FRA

I nuovi arrivati del Prog transalpino si presentano piuttosto bene, con un album sufficientemente ben registrato e dai connotati moderni ma con le radici ben piantate nella tradizione del proprio paese. Queste ultime si concretizzano col cantato in madrelingua ma anche per la teatralità e l'espressività dei testi (benché non originalissimi). Il resto ci parla di una musica dalle caratteristiche tendenti ad uno heavy Prog non esasperato che fa sì venire in mente i Dream Theater, ma anche i Galaad o gli stessi Ange, il tutto estrinsecato in brani dalla lunghezza e complessità piuttosto contenuta ma ben concepiti e realizzati, dalla resa sicuramente efficace. La registrazione è stata effettuata in autonomia, ed è, come si diceva, sufficiente, anche se la batteria suona troppo secca e talvolta mal riverberata e forse a momenti i suoni appaiono un poco confusi; nulla che infici la riuscita finale comunque. Le atmosfere si collocano in un costante clima di teatralità, con pochi spazi per melodie ariose o slanci strumentali, con delle tastiere che in regolarmente svolgono compiti di cesello e creano tappeti su cui si muovono gli altri strumenti, funzionali questi ultimi soprattutto al ruolo del cantato. Fa eccezione il brano "La pleine lune", forse l'unico esempio di virtuosismo strumentale tra le 11 tracce dell'album che fa tra l'altro da valida introduzione alla title-track, certamente il brano di punta del lotto, con un cantato rabbioso e particolarmente efficace ed atmosfere vigorose ma godibili. L'album si presenta dunque moderatamente gradevole, specie se apprezzate il Prog di classico stampo francese, anche se rivisitato e rielaborato; le sonorità alquanto energiche danno a quest'album e a questo modo di fare Prog un'impronta moderna e al passo con molte produzioni che oggigiorno vanno per la maggiore, ma il livello di gradimento si mantiene quasi costantemente non al di sopra dei livelli di sufficienza, con qualche lieve impennata, come detto, verso la parte centrale del CD: poco per cui esaltarsi.

 

Alberto Nucci

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