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WINTER IN EDEN Court of conscience Firestreak Media 2014 UK

Terzo album (più due EP) in cinque anni, dato alle stampe dopo i riconoscimenti prestigiosi quali “Best New Band” (2012/2013), “Best Live Act” (2013) e “Best Female Singer” (2012/2013/2014) nelle categorie annuali di Classic Rock Society Awards, oltre a numerose recensioni gratificanti nei vari circuiti internazionali. L’ultimo lavoro dell’ennesima band che inserisce “Even” nel proprio monicker è stato inciso in Olanda nel 2013, prodotto da Ruud Jolie e poi mixato da Stefan Helleblad, entrambi del giro Within Temptation, a cui il gruppo inglese fa comunque riferimento. Quindi, alla fine, i cinque britannici cosa suonano? Metal sinfonico tendente al gothic, con inevitabile voce femminile in primo piano. Quanto prog è presente in questo tipo di proposta? Diciamo qualche traccia di prog-metal su “Toxicate” e forse anche su “With Intent”, oltre ad alcuni controtempi ritmici sparsi qua e là. Il discorso rimane sempre il medesimo: non sarebbe meglio rimanere nel proprio settore e quindi prendersi tutti i consensi da un’audience appropriata, capace di apprezzare un gruppo che nel suo modo di suonare metal ci mette anche qualcosa di più complesso? Tra l’altro, la tanto decantata voce di Vicky Johnson, almeno per quanto riguarda la prima parte, si mantiene sempre sulle stesse tonalità ed è bilanciata con gli altri suoni in un modo tale che le composizioni viaggino sempre su binari molto simili tra loro. Una prima parte, si diceva, in cui fanno decisamente più effetto le orchestrazioni del tastierista Steve Johnson.
Ma già con “It’s Not Enough” c’è il sentore che qualcosa leggermente cambi, fatto che in effetti si verifica con la seguente “Before It Began”, dove la voce muta registro, le melodie si fanno più spensierate e finalmente si sente un assolo del chitarrista Samuel Cull. Niente di particolare, ma di sicuro è una ventata di entusiasmo. Il lavoro si raddrizza completamente con “The Script” e con la potenza sinfonica di “Constant Tomorrows” – si potrebbero fare dei vaghi raffronti con il ribattezzato Hollywood-metal dei nostrani Rhapsody (poi Rhapsody of Fire), apprezzati anche fuori dei confini nazionali –. Con “Behind Closed Doords” si risente la chitarra assieme ad altre convincenti orchestrazioni (ricordiamo il violino di Sietse Van Gorkum ed il violoncello di Jonas Pap) e, a sorpresa, una conclusione che con”Affliction” tocca anche sonorità simil-blueseggianti. Un pezzo bello potente, che magari potrebbe apparire fuori luogo, ma che posto in conclusione acquisisce un suo significato, col fruscio di un vecchio disco che chiude così come aveva aperto questa terza pubblicazione.
Riferendo che alle voci vi sono anche Jermain Van Der Bogt (Ayreon, tra gli altri. E qualcosa dei progetti di Arjen Lucassen nelle composizioni in effetti c’è…) e Natahly Hijne, non ci si faccia trarre in inganno dalla presenza di Damian Wilson (Threshold), che qui si trova in veste (più che altro) di narratore.
Un album che sicuramente piacerà ai fan degli Evanescence et similia. Se la cosa viene vista da questo punto di vista, c’è anche da comprendere il grande entusiasmo creato attorno ai Winter in Eden, che confermano il proprio nome fin dalla glaciale e tempestosa copertina. Per tutti gli altri c’è ben poco (soprattutto se non ascoltano alcunché di “metallico”), salvo alcune melodie comunque piacevoli.



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Michele Merenda

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