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THE WINTER TREE Earth below autoprod. 2015 USA

C’erano una volta I Magus, gruppo statunitense autore di ben sette album dei quali ho avuto modo di ascoltare solo il secondo (“The Traveller” - 1997). Si parlò a suo tempo di Porcupine Tree, in quanto a somiglianze principali per la band (in un’epoca in cui tale riferimento non era proprio banale). Il gruppo, sempre guidato dal multistrumentista Andrew Laitres, ha attraversato la solita lista di vicissitudini di molti gruppi amatoriali, fino alla decisione, nel 2010, di cambiare nome al progetto in The Winter Tree (non si sa in base a quali esigenze), recuperando due collaboratori della prima ora (la cantante Deb Bond, e il marito Mark, voce e chitarra) e registrando quattro album, di cui questo qui presentato è, per l’appunto, il quarto. Non si può certo dire che il nostro si manchi di prolificità!
A parte i vaghi ricordi del primo album dei Magus, nulla so di quanto musicalmente sia accaduto nel frattempo; per me quindi è un gruppo del tutto nuovo quello che mi sono apprestato ad ascoltare. E’ da notare che Deb Bond nel frattempo ha abbandonato la compagnia ma il marito Mark, che aveva disertato la prova precedente, è tornato a sua volta nei ranghi. Due ospiti d’eccezione forniscono peraltro il proprio prezioso supporto all’album, nelle persone di Jacob Holm-Lupo, che ha mixato l’album nel suo studio e ha suonato synth e chitarra in un paio di tracce, e Mattias Olsson.
Il suono del piano elettrico ci porta subito, inevitabilmente, a fare qualche paragone coi Supertramp ma in verità la somiglianza si limita giusto alla traccia d’esordio (“Plank”), ritmata e virante al pop, anche se con un bell’assolo di synth sul finale. Dalla title-track, che segue appresso, le cose cambiano un po’; deliziose armonie vocali e soffici ritmiche si snodano in un brano onirico e incantevole. “Writing on the Wall” è un brano di classico Prog Rock, fatto di crescendo ed atmosfere delicate ed epiche allo stesso tempo. In “The World Upon her Shoulder” torna il piano elettrico; la traccia ha un feeling blues/floydiano ma non riesce a mio avviso a catturare più di tanto l’attenzione. “The Garden of Love” è il brano più breve degli 8 qui presentati (tutti comunque di durata contenuta), abbastanza leggero ma gradevole, con un testo di William Blake. “The Light” presenta ancora melodie sognanti, delicate ed ampie, che rappresentano il vero marchio di fabbrica di questi Winter Tree, anche se la successiva “Twilight” ha parti ritmiche movimentate e melodie orecchiabili ma ben costruite. “A Thousand Futures” chiude l’album in maniera rassicurante, con distese melodie alla Camel e suoni di flauto a blandirci.
“Earth Below”, come detto, finisce qua; 40 minuti scarsi per un album delizioso e ben realizzato, a dispetto dello status di quasi one-man-band. Resta da dire che il cantato di Andrew (che talvolta si impasta con quello di Mark) è piacevole e del tutto adeguato alle atmosfere che musicalmente vengono create. Devo dire che gli anni passati hanno maturato l’approccio musicale di questo progetto che ci offre un lavoro maturo e in cui l’entusiasmo viene sapientemente incanalato in una musica squisitamente Prog e che, pur non facendoci strappare i capelli, rappresenta una valida opzione di ascolto per ogni appassionato.


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Alberto Nucci

Collegamenti ad altre recensioni

MAGUS The traveller 1997 
MAGUS Highway 375 1999 

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