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THE WORM OUROBOROS The endless way from you Lizard Records 2019 BLR

Il Prog sinfonico classico a volte attecchisce nei luoghi e con le modalità più inaspettate; nell’impenetrabile Bielorussia fiorisce da anni una vivida ancorché non affollatissima scena musicale che in ambito Prog ha prodotto negli ultimi anni i Rational Diet, con tutte le loro derivazioni, e questo bel gruppo che preferisce un approccio decisamente meno cerebrale e più melodico, preferendo orientarsi verso un Canterbury delicato alla Caravan e Camel, con contaminazioni folk e classicheggianti.
Dall’esordio risalente al 2013 poche cose sono cambiate: la band si è ridotta a un trio, con l’uscita del bassista e del batterista, ma è sempre guidata dal duo di polistrumentisti Sergey Gvozdyukevich e Vladimir Sobolevsky. Si è ampliato il numero degli ospiti che, accanto al fagotto di Vitaly Appow (proveniente proprio dai Rational Diet e presente già nell’esordio), annovera anche oboe, vibrafono, xilofono e timpani.
La musica che viene proposta nelle 9 tracce di quest’album è invece decisamente più solare e movimentata rispetto all’esordio, sicuramente più attraente per le orecchie di appassionati di Prog Rock sinfonico. Oltre alle influenze già ricordate, vengono anche alla mente non solo la PFM e gli Happy The Man ma anche i finlandesi Groovector e i Rousseau.
Quello che non cambia in quest’album è l’approccio quasi esclusivamente strumentale che comporta degli arrangiamenti ricchi ed intensi di tastiere, flauto, chitarre e vibra/xilofono. Il cantato interviene in pochi e selezionati frangenti, fungendo quasi da strumento aggiunto, piuttosto che per veicolare liriche (che pure sono presenti) e contenuti. “Ascension” e “The Whistler Shrill” (bel brano che a tratti incrocia il folk, la musica da camera e l’avant-Prog, con un sapore decisamente particolare ed uno sviluppo trascinante) sono dunque le uniche tracce che presentano delle linee vocali. Le due tracce lunghe del lotto, più precisamente “Cycles” di 14 minuti e “The Reality You Can’t Stop Dreaming”, poco più breve, sono tra quelle interamente strumentali e rappresentano gli altri due episodi più interessanti dell’album. Entrambe le composizioni presentano un susseguirsi di variazioni e di umori musicali che, specialmente nella prima, dà risultati di livello decisamente elevato, dando vita ad una composizione brillante e variegata, coi vari strumenti che di volta in volta si intrecciano piacevolmente in riff e spunti melodici.
Non che gli altri brani qui presenti siano da sottovalutare ovviamente, a partire da “Clouds To Owings Mills”, caratterizzata dalle note di piano scintillanti che vengono affiancate ben presto prima dal flauto e poi dalla chitarra che dettano una deliziosa melodia dal carattere bucolico. “Stone and Lydia” (con l’uso preponderante di un bel piano elettrico), “Quest of the Kingfisher” (vagamente genesisiano) e “Muralidaran” (dalle strambe ritmiche sincopate) sono altri bei brani proseguono nell’opera di dar vita a un album che prosegue la linea del lavoro precedente andando sicuramente al di là del suo pur apprezzabile risultato. La conclusiva e sfumata “Traigh Bheasdaire” chiude in delicatezza questo bell’album che mi sento sicuramente di consigliare a chiunque si senta attratto da questo tipo di sonorità ed atmosfere.



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Alberto Nucci

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