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ROBERT WYATT Cuckooland Rykodisc 2003 UK

Quando ci si trova di fronte ad una vera e propria leggenda vivente della musica come Robert Wyatt è difficile essere obiettivi. L'artista canterburiano è particolarmente amato dai suoi numerosi ammiratori e da tempo, abbandonate le ambizioni sperimentali dei Matching Mole e di "The end of an ear", si cimenta in album e sonorità che puntano diritto al cuore. I suoi lavori, perciò, sono accolti sempre con grande calore, anche in considerazione del fatto che, nonostante le numerose e costanti collaborazioni, tra un disco solista e l'altro passano sempre diversi anni.
E sono ben sei gli anni che intercorrono tra "Shleep" ed il recente "Cuckooland", ma l'attesa è ripagata da un cd di lunga durata (un'ora e un quarto) contenente 16 composizioni che non perdono quella magia unica con la quale Wyatt sa incantare. Si tratta, probabilmente, dell'album più vicino al jazz che il cantante abbia mai realizzato. Wyatt crea suggestioni meravigliose anche solo con voce, sfondi di tastiere e pochi fiati, attraverso una ricetta semplice, ma che solo lui sembra in grado di mettere in atto nel miglior modo possibile. Il cantato sofferto e la malinconia di fondo sono, come sempre, i punti di forza dell'opera, ma sax, trombone, clarinetto, tromba, flauto, ecc. accompagnano alla grande con arrangiamenti tipicamente jazzistici. La ricercatezza e la classe con cui il tutto è proposto, si mantiene sempre a debita distanza da soluzioni troppo formalistiche e/o di maniera e l'unica, piccolissima, pecca che riesco a intravedere risiede nell'uso, a tratti, di suoni di tastiere un po' troppo sintetici. "Cuckoo Madame" è forse il brano simbolo del disco e non manca la canzone con riferimenti a problematiche di natura politico/sociale con "Foreign accents"; ma ad ogni modo possiamo affermare che gli standard si mantengono piuttosto elevati, anche quando incontriamo le semplici melodie di "Raining in my heart", meno di tre minuti di solo piano, ma tanto sentimento. Tra i numerosi musicisti presenti (i più noti sono David Gilmour, Phil Manzanera e Brian Eno), una menzione speciale va fatta per Annie Whitehead, che al trombone si mostra partner perfetta di Wyatt. Ci si può chiedere quanto le eccellenti impressioni offerte da "Cuckooland" siano frutto di un'analisi spassionata e quanto siano invece guidate dalla devozione verso un personaggio di tale calibro. In fin dei conti, risulta obiettivamente arduo parlare di capolavoro, ma ritengo che difficilmente si possa cadere in errore riferendosi al nuovo album di Wyatt come ottimo lavoro che non delude le attese.

 

Peppe Di Spirito

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