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YESTERDAYS Holdfénykert Rockszerviz 2006 (Seacrest Oy 2014) ROM

Questa nuova ristampa, la Musea ne aveva già fatta una nel 2008, ci permette di riscoprire il delizioso esordio discografico degli Yesterdays. Ve lo avevamo già segnalato per la sua dolce sinfonicità, colorata da tonalità vintage, suoni Mellotronici e tocchi leggiadri di flauto e sono sicura che, anche a distanza di tempo, questo giardino al chiaro di luna, così suona il titolo in italiano, continuerà a sedurvi. Bogáti-Bokor Ákos, multi strumentista e leader del gruppo, spera che gli ascoltatori portino con sé alcune melodie di questo album per usarle in caso di bisogno. Desiderio ambizioso, oserei dire, ma assolutamente legittimo, dal momento che assieme alla musica sono state impresse emozioni autentiche che fanno parte di un vero e proprio giardino interiore, ed è proprio questa la chiave di lettura che unisce le dieci canzoni di questo concept. C’è da dire che i testi, tutti in ungherese (gli Yesterdays, pur essendo di nazionalità rumena, appartengono a una folta minoranza etnica che vive in Transilvania), ad eccezione di due soli episodi in inglese, non aiutano molto la nostra immaginazione… ma la musica, ne sono certa, qualche scintilla la farà di sicuro scoccare. Si tratta di composizioni fatte di vuoti e trasparenze, suoni leggeri, spesso acustici, con pennellate decise ma fugaci di Mellotron poste sullo sfondo (Enyedi Zsolt in realtà suona anche Hammond, Rhodes e Moog, anche se queste sonorità possiamo ritrovarle qua e là solo in piccole tracce) e un flauto, quello di Kozma Kis Emese, frizzante e rapido. Il cantato di Jánosi Kinga è semplice e gentile è dà l’idea di qualcosa di innocente e spontaneo.
Le melodie sono graziose e fluiscono in modo lineare ma assolutamente non scontato. Si riconoscono richiami ai Genesis ben percettibili e piacevolmente rinfrescati da vaghe fragranze etniche. Molto bello è il lavoro di Csergõ Domokos alla batteria che offre un sostegno ritmico poco invadente e sofisticato, potenziato appena dalle morbide percussioni tradizionali di Kósa Dávid. Rilevante è il ruolo delle chitarre di Ákos, con una predominanza di tonalità acustiche, convogliate in arpeggi e fraseggi impalpabili. Qualche nuance soft jazz offre qualche spunto più consistente, come avviene ad esempio in “Végtelen” (infinito), con i suoi impasti cameliani. Non sfuggono alcune citazioni Yessiane molto puntuali, inserite come piccoli camei in contesti sonori non proprio suggestivi del celebre gruppo inglese ma messi di proposito forse a testimoniare che l’amore per il Prog degli Yesterdays nasce proprio da lì.
Fra le tracce migliori di questo CD, anche se sono tutte deliziose, lo devo dire, mi piace segnalare “Hol vagy?” (dove sei?), brano romantico e sinfonico dalle vaghe connotazioni folk che si apre su diversi scenari. Si discosta un po’ dallo stile predominante dell’opera la mini suite (11 minuti suddivisi in due movimenti) “Seven”. Forse il cantato in inglese ci offre un’impressione generale di maggiore familiarità ma la musica nel suo complesso appare effettivamente più sgargiante e dal taglio più moderno, ricordandomi in parte qualcosa di Neal Morse o persino degli Spock’s Beard.
Non ho molto altro da dire, anche perché avevamo già parlato a suo tempo di questo disco. Mi limito ad aggiungere che questa ristampa ci offre un restiling completo dell’artwork con una confezione in digipack apribile in tre parti e un corposo booklet. Non troviamo nessuna bonus ma in compenso l’etichetta ci assicura che i suoni non hanno subito alcuna forma di manipolazione o compressione… mi sembrerebbe il minimo quando si parla di certa musica, ma non diamo nulla per scontato e apprezziamo questa operazione di ristampa che ci restituisce un album dall’impatto fresco e gradevole che ho riascoltato con autentico piacere.



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Jessica Attene

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