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ZYCLOPE Très autoprod. 2007 SPA

Terzo lavoro in studio per la band madrilena. In questa registrazione, per la seconda volta su tre, la band di Juan Olmos si affida ad un’autoproduzione per portare sui nostri lettori cd le sue composizioni. Questo “Très“ risulta molto più diretto rispetto ai precedenti lavori, molto più orientato verso l’hard rock con risultati sufficienti anche se non del tutto soddisfacenti. Il mischiare schitarrate a tastiere sembra essere una delle mode più seguite negli ultimi tempi. E come tutte le mode comincia ad essere inflazionata e comincia a produrre tanti lavori musicali non tutti sullo stesso livello. Logicamente la strada musicale percorsa dal trio iberico non lascia troppo spazio a fughe musicali. Lo schema di gioco sembra definito, la chitarra distorta apre la difesa e lascia spazio alla tastiera, mentre la batteria regge la trama musicale in modo preciso, senza distrazioni ma anche senza colpi da fuoriclasse. Tutto molto semplice, a tratti anche troppo semplice, e anche il timbro abbastanza lagnoso del cantante non aiuta a far brillare le tracce di questo lavoro e a fargli fare il salto di qualità. In ogni modo cose carine ce ne sono in questo cd: pezzi orecchiabili come “No pensar” o “Dos Mundos” o “Los Amantes”. Non è un caso, comunque, che le cose che mi sono piaciute di più di questo lavoro sono le due bonus track tratte dal loro tour spagnolo del 2006 di supporto agli RPWL, “Agua“ e “Dulce y claro”, prese dai precedenti lavori.
Questo “Très” sembra un disco di transizione, non risulta essere né carne né pesce: troppo poco hard rock per appassionare chi ama determinate sonorità, troppo semplice per interessare chi ama le trame intricate del progressive. Le potenzialità il gruppo le ha, non suona assolutamente male, ma sembra limitarsi a fare il compitino assegnato a ciascun elemento e niente più, e sinceramente qualcosa di più uno se lo aspetterebbe da una band al terzo lavoro. Non è sicuramente un disco brutto ma un lavoro che risulta un po’ vuoto forse sì e in tempi di magre come questi forse non basta.

 

Antonio Piacentini

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