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DEUS EX MACHINA Francesco Fabbri
 

Quando si sono formati i Deus Ex Machina?

Alberto Piras: Nel 1985, con una formazione di cui solo io e il bassista siamo superstiti: i cambiamenti sono stati molti, fino all'inserimento recente di C. Trotta alla batteria.

Una vostra appariscente prerogativa è il cantato in latino. Perché questa scelta?

Al.Pi.: Per un motivo di originalità, ma soprattutto per esigenze metriche. L'italiano, con l'abbondanza di parole piane che lo contraddistingue, è adatto in contesti melodici, ma fortemente limitato e limitante in ambiti più secchi e duri: l'uso del latino permette una maggiore duttilità.

Come si può definire il concept di "Gladium caeli"?

Al.Pi.: E' una storia fuori dal tempo, però direttamente collegata alla realtà contingente. Certo è ravvisabile uno sfondo ecologico, ma anche politico: in un punto della storia non viene esplicitato se c'è il regime armonico della natura o una dittatura imposta. Non abbiamo voluto dare un messaggio univoco ma lasciare aperte varie chiavi interpretative: ecologiche, sociali o semplicemente favolistiche.

Mi sembra evidente, nella vostra musica, una certa matrice anni '70. Accettate questa paternità

Alessandro Porreca: Credo che dubbi in proposito non ce ne siano. Le timbriche sono quelle; noi cerchiamo di essere originali nel modo di sfruttarle e di comporle.
Mauro Collina: Personalmente cerco di suonare quello che mi sento, non mi preoccupo di assomigliare a un certo chitarrista o a un determinato stile.

Quali sono state le difficoltà della trasposizione teatrale di "Gladium caeli"?

Al.Pi.: Innanzi tutto l'assoluta inesperienza che ha portato qualche difetto ma anche premiato la freschezza del progetto. Le critiche allo spettacolo sono state positive, ma motivi di ordine economico hanno impedito di proseguire in tal senso. Avevamo anche acquistato un furgone per farne uno spettacolo itinerante in giro per l'Europa ma problemi logistici e pecuniari hanno bloccato tutto.

Luigi, tu hai fatto 5 anni di conservatorio, mentre il violinista addirittura è diplomato e suona come professione. Quanto conta, a livello creativo, conoscere la musica?

Luigi Ricciardiello: Non direi tanto. Nella fattispecie, Alberto non è che di musica sappia granché, ma a livello creativo è quanto meno esplosivo. Ovviamente conoscere la struttura della musica aiuta molto, ma più dal lato tecnico che non da quello compositivo.
Claudio Trotta: Soprattutto è importante, per la creatività, avere una conoscenza musicale vastissima, ascoltare tutto senza pregiudizi.

I nuovi pezzi sono più inclini verso la fusion, pur nel rispettare il sound originale. Non avete per caso la sensazione che questa evoluzione sia stata anche troppo rapida?

CT: Per me è difficile dirlo perché negli ultimi cinque anni ho sempre suonato musica fusion, prima di entrare nei Deus. Comunque mi pare che la personalità del gruppo rimanga ben definita.
Al.Po.: In ogni caso non potevamo rimanere ancorati alle situazioni precedenti: noi ci proponiamo comunque di evolverci.
Al.Pi.: Il nostro concetto è di prendere il meglio di qualsiasi linguaggio musicale. Non pretendiamo certo di rinnegare alcuni canoni di base che risultano evidenti, ma cerchiamo di portare avanti il tutto svecchiandolo e personalizzandolo: altrimenti si corre davvero il rischio di fare regressive.

Ed eccoci al punto. Alberto, so che sei piuttosto critico nei confronti del prog italiano anni '90…

Al.Pi.: Sì, per il semplice fatto che è una brutta copia del prog italiano anni '70; non c'è una vera progressione armonica, melodica, stilistica…
CT: In altri termini, è un neoclassico.
Al.Pi.: Esatto, è un manierismo. Oggi anche un computer, utilizzando il random, ti può fare un pezzo alla Bach, ma non è la stessa cosa. E poi trovo che non tutto il prog anni '70 sia comunque perfetto, dato che spesso presenta parecchie frammentarietà, un'accozzaglia di temi messi uno accanto all'altro solo come conseguenza dell'incapacità di espandere il tema di partenza. E' un difetto che riscontro anche in "Gladium caeli".

Cosa vi piace ascoltare, ultimamente?
MC: Direi Allan Holdsworth, Bill Frisell, Bill Connors…

Come reagireste alla proposta di commercializzare un po' la vostra musica?

Al.Pi.: Di compromessi è fatta la vita:scopo del musicista è poi quello di raggiungere più gente possibile. Non ad ogni mezzo, ovvio; ma se per esempio ci venisse proposto di accorciare un po' i pezzi per poter uscire discograficamente in modo migliore, ci si potrebbe pensare. C'è sempre il desiderio di poterne fare un mestiere…

Cosa sperate per il prossimo futuro?

CT: Che tutti comprino il nuovo disco…
Al.Po.: Anche quello vecchio!

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