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GROVJOBB Jessica Attene & Alberto Nucci
 

I Grovjobb dimostrano di cavarsela molto meglio con gli strumenti che con le parole. Neanche nella peggiore delle ipotesi ci eravamo mai trovati di fronte a risposte così ermetiche e criptiche... e dire che abbiamo dovuto aspettare più di 4 mesi per ottenerle! Ci scusiamo con i nostri lettori per l'apparente presa in giro: in un altro contesto questa intervista sarebbe rimasta sicuramente inedita. Tuttavia l'aspetto confidenziale del nostro sito e la convinzione che i lavori dei Grovjobb meritino un po' di visibilità, in relazione alle loro valide proposte musicali, ci hanno infine persuaso che potesse valere la pena farvi perdere un minuto per leggere questa intervista. Effetto del raga indiano? Buona lettura.

A differenza di altri gruppi svedesi, che fanno un tipo di musica moderno con influenze del passato, per voi il tempo sembra essersi fermato. La vostra musica sembra provenire veramente dai primi anni settanta.
Da dove è nato quest’amore così grande per la musica del passato?


Gli anni a cavallo fra i Sessanta ed i Settanta sono stati un'epoca di grande sperimentazione e fusione di diversi stili musicali. C'è sempre qualcosa di nuovo da scoprire in questa musica.

Ascoltate solo musica del passato o vi piace anche qualcosa di più contemporaneo?

Quando abbiamo iniziato eravamo ispirati soprattutto dalla musica rock e folk degli anni Sessanta e Settanta. Con l'andare del tempo la nostra musica è sempre stata più influenzata dalla musica classica indiana e dal folk. Al momento attuale ascoltiamo anche nuovo materiale.

Pensate che la vostra musica si possa definire progressive e perché?

La nostra musica può essere definita progressive per il modo in cui mescoliamo la musica classica indiana con il folk e la psichedelia. Cerchiamo di trarre qualcosa di nuovo dalle nostre diverse influenze musicali.

La registrazione sporca è stata fatta appositamente per dare l’idea che si tratti di un disco degli anni 70?

Tutte le nostre registrazioni sono effettuate dal vivo in studio. Vogliamo avere il feeling della registrazione live.

Che tipo di riscontro ha la vostra musica a livello locale ed internazionale?

Abbiamo avuto buoni riscontri dagli appassionati del genere, ma noi non apparteniamo alla grande scena musicale.

Come è nato l’interesse per il raga indiano che nel vostro ultimo album è particolarmente presente?

Sono stato per molti anni allievo di Roop Verma, maestro di Sitar. Questo ha influenzato la struttura della nostra musica che presenta elementi di raga indiano.

Una caratteristica della vostra musica è quella di svilupparsi molto lentamente in crescendo su un tema ripetitivo. Pensate che la vostra musica sia un mezzo per la meditazione?

Spero che il pubblico possa essere trascinato dalla nostra musica e forse raggiungere quindi uno stato meditativo.

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