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RICOCHER Davide Arecco
 

Abbiamo sentito di recente il gentile e disponibilissimo John Van Heugten, l’ottimo tastierista degli olandesi Ricocher, autori del nuovo album – il loro terzo – “Chains”, da noi già recensito. E’ stata, dunque, una bella occasione per scoprire qualcosa di più su questo gruppo emergente.

Puoi raccontarci per favore una breve storia della band?

I Ricocher, come molti altri loro colleghi, hanno iniziato come cover band. Dopo qualche tempo, avevamo scritto abbastanza canzoni originali da decidere di continuare a suonare con un nostro repertorio. Era il 1993. All’inizio, ci esibivamo nei pub. Per raggiungere un più ampio pubblico, decidemmo di incidere un demo, intitolato “A Scream for Help”. Nastro che ci diede una certa visibilità in Olanda. Dopo alcuni anni, giunse il momento di registrare qualcosa di nuovo, un mini-album che potesse farci ulteriormente conoscere [si tratta di “Quest for the Heartland”, apparso nel 2000 - NdR]. Solo per divertimento, mandammo questo CD di esordio al fanclub degli Arena e, con grande sorpresa, la band inglese ci chiese di accompagnarli in concerto. Molti altri contatti, intanto, furono avviati con noi da diversi siti internet e riviste olandesi ed europee. Fu l’occasione d’oro per effettuare numerose esibizioni. Nel 2002, registrammo il nostro secondo album, “Cathedral of Emotions”, che ci portò nuovamente a suonare dal vivo, tra l’altro in Gran Bretagna, Francia ed al Baja Prog Festival di Città del Messico. Nel 2004, infine, i Rococher hanno pubblicato il loro terzo album, “Chains”. Quest’ultimo, ancora una volta, ha incontrato accoglienze molto positive nell’insieme.

Quali sono stati gli artisti che più avete amato e che maggiormente hanno influenzato il vostro approccio alla musica?

Molti di noi hanno cominciato ascoltando i Marillion e la loro influenza sul nostro prog, come per tanti altri acts, è stata profonda. Altri gruppi che posso qui menzionarti sono gli Arena, i Threshold, i Pendragon, i Dream Theater e i nostri connazionali Ayreon.

Che cosa significa, secondo te, fare progressive oggi? In particolare, c’è ancora posto per il new prog?

E’ il tipo di musica che ci piace suonare e, fortunatamente, la continua vita sul palco ci aiuta. Certo, di tempo ne è dovuto passare per arrivare alla crescita e all’attività concertistica di oggi. Tuttavia, il duro lavoro fatto alla fine ha pagato. Gli addetti ai lavori sono sempre più interessati a conoscerci (per posta o per telefono), il nostro nome circola ed è più facile andare avanti.

La scena prog olandese è sempre stata buona, talvolta molto buona. Ricordiamo, in passato, Taurus, Arkus, Coda, Differences, The Last Detail, Egdon Heath, Flyte, FAF, Plackband, Van Otterdyke... E adesso? Quali sono, a tuo avviso, i nuovi nomi da tenere d’occhio?

C'è un lotto di bands che continua l’attività. Tra queste FAF, Plackband e Kayak non hanno smesso di suonare, mentre tutta una schiera di nuovi gruppi sta trovando, ognuno a vari e differenti livelli, la propria collocazione sulla scena. Penso a Casual Silence, Knight Area, Splinter… Con alcuni di loro siamo sempre in contatto, in quanto ci è sembrata essere una buona idea intraprendere una serie di concerti insieme.

Visto che hai più volte richiamato l’importanza dell’attività dal vivo, mi dici quali sono i vostri prossimi concerti e programmi?

Al momento attuale, abbiamo in previsione una serie di esibizioni imminenti. Il 20 maggio, due concerti con i Casual Silence a de Tavenu/Waalwijk, in Olanda, il 3 luglio al Music Cafè Downtown di Gemert, sempre in Olanda, mentre il 13 agosto parteciperemo allo Slottskogen Goes Progressive Festival di Goteborg, in Svezia. Abbiamo anche iniziato a scrivere nuovo materiale e speriamo di poter incidere un nuovo album nel 2006 oppure, al più, nel 2007. E, naturalmente, ci auguriamo di potere nel frattempo continuare a suonare dal vivo.

A quando, allora, l’uscita di un CD live?

Per adesso, non ancora. Forse quando si presenteranno le occasioni giuste. Del resto, occorre una certa disponibilità (anche e soprattutto economica) per produrre un disco (o un DVD) registrato dal vivo. E, durante un concerto, si sa che non tutto può filare alla perfezione…

Come sarà il vostro prossimo studio album?

Non lo sappiamo ancora. Abbiamo giusto iniziato a lavorare sulle prime nuove canzoni. Nello stesso tempo, sto scrivendo altro sulla base delle idee che mi vengono, ma il tutto dovrà essere ovviamente arrangiato dal resto della band nei prossimi mesi.

Verso la metà dello scorso decennio (anche in Olanda, penso ai Cliffhanger) non pochi gruppi utilizzavano il mellotron e ricorrevano volentieri a soluzioni analogiche. Che cosa pensi dell’uso di vecchie e nuove tecnologie nell’art rock?

Mi piace il suono del moog [si sente! – NdR], ma, sfortunatamente, non è semplice pagarne uno decente… I nuovi sintetizzatori, dal canto loro, sono molto facili da usare e i campionatori sono per me molto buoni.

Tre o quattro definizioni del vostro stile?

Progressive Rock. La cosa più importante è sempre la canzone in se stessa, non l’assolo che può uscirne. La nostra musica è un mix di quello che piace ascoltare a noi cinque componenti.

Quale è stata la reazione del pubblico europeo ai vostri tre CD? “Chains”, specificamente, come sta andando?

Sino ad oggi, sono state molte le recensioni positive. E vendiamo anche un buon numero delle nostre produzioni. “Chains”, in particolare, sta andando ancora meglio di “Cathedral of Emotions” e di “Quest for the Heartland”, il che significa che sempre più persone iniziano a conoscere e ad apprezzare i Ricocher. Ci auguriamo, ovviamente, che la cosa prosegua nel futuro!

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