Intervista a Massimo Parretti, tastierista e leader della band.
Dalle notizie in mio possesso gli Alusa Fallax si formano a Novara, immagino intorno alla metà degli anni sessanta. Puoi confermarlo?
Gli Alusa Fallax non si formano a Novara come erroneamente viene più volte scritto. Ci siamo formati a Milano, dove per altro vivevamo tutti, nell’ottobre del 1967, nascendo dalle ceneri di un altro gruppo, Gli Adelfi. L’equivoco Novara nasce dal fatto che per molti anni (compreso quello in cui abbiamo fatto il contratto con la Fonit Cetra e abbiamo registrato l’LP) il nostro impresario e agente che ci rappresentava e ci faceva i contratti era di Novara e lì aveva la sua agenzia.
La formazione dell'era beat era la stessa del vostro unico LP? I tre Cirla sono fratelli o parenti in qualche modo?
I tre Cirla sono fratelli, ma nella formazione che ha registrato i primi 45 giri per la West Side non c’era ancora il più giovane dei fratelli, Mario, che nel 1967 aveva solo 14 anni. C’era un altro chitarrista Giancarlo Vismara, che era compagno di Liceo mio e di Guido Gabet e che alla fine del Liceo, nel 1969 ha preferito abbandonare il gruppo per dedicarsi solo agli studi. E’ stato in quel frangente che è entrato Mario Cirla, il terzo fratello, che intanto, oltre alla chitarra, stava imparando a suonare il sax e il flauto.
Il primo 45 giri esce nel 1965 per la West side: Dedicata a chi amo è un brano melodico, tipico del periodo, dominato dalle tastiere, e caratterizzato da un'introduzione che pare anticipare i Procol Harum di "A salty dog"; sul lato B la più caotica e, a mio avviso, meno riuscita "Charleston 1923", sorta di revival anni '30; che ricordo hai di questa incisione?
Innanzitutto "Dedicata a chi amo" è stata registrata alla fine del 1967 e non nel 1965. Che ricordo ho di quella incisione? Beh, se devo dire la verità la sensazione di quella prima esperienza fu di delusione. Nessuno di noi aveva alcuna esperienza di sala di registrazione, avevamo soltanto suonato qualche volta dal vivo, e pensavamo che fosse più difficile suonare davanti al pubblico piuttosto che in studio, in quanto c’era il pubblico che ti ascoltava e ti guardava e se sbagliavi non potevi più correggerti, mentre in sala si poteva sempre rifare la registrazione o comunque correggere gli eventuali errori. In realtà ci siamo subito accorti che per registrare dovevi essere perfetto, la minima sporcatura o anche solo la minima indecisione, che davanti al pubblico passava inosservata, in registrazione era un errore macroscopico che non poteva passare. Finimmo per suonare impacciati, legati, senza la minima scioltezza e disinvoltura, mancava totalmente il cosiddetto mestiere. La cosa però fu, naturalmente, molto positiva, in quanto cambiò radicalmente il nostro modo di fare le prove, ci rendemmo conto che si doveva curare molto di più la sonorità degli strumenti e soprattutto la pulizia dell’esecuzione, che le note dovevano essere quelle stabilite e solo quelle e che ognuno di noi suonava in funzione degli altri, i personalismi potevano essere accettati dal vivo, ma in incisione dovevano essere calcolati anche quelli e avere il loro spazio solo dove era concesso dall’insieme.
"Dedicata a chi amo" è nata da una precisa richiesta di un piccolo discografico milanese che voleva produrre un arrangiamento dell’Intermezzo della Cavalleria Rusticana di Mascagni in stile Procol Harum. Tramite conoscenze è arrivato a contattarmi, io ho pensato alla trasformazione dell’Intermezzo in canzone, un mio amico ha messo le parole, quindi, per l’esecuzione, ho proposto la cosa al gruppo degli Adelfi di cui facevano parte due miei compagni di Liceo, Guido Gabet e Giancarlo Vismara. Alla fine abbiamo fatto il disco e io sono entrato nel gruppo che ha cambiato nome in Alusa Fallax. Charleston 1923 nasce sull’onda della moda del momento: il grosso successo cinematografico e discografico di Bonnie and Clyde.
A chi apparteneva l'etichetta West Side e come vi arrivaste? In catalogo aveva un altro gruppo molto interessante, I Tipi, autori, fra l'altro de La ragazza, pezzo in puro stile Who: li conoscevate?
La West Side apparteneva a un certo Cesare La Loggia, che come attività principale gestiva un negozio di dischi a Milano in Galleria Unione (via Torino). Aveva lavorato in ambito discografico con la RCA Milano e ricordo che era un tipo molto intraprendente. A lui sono arrivato tramite amicizie comuni che ci hanno messo in contatto per le ragioni che ho detto sopra. I Tipi il conoscevo certamente, soprattutto il cantante e il tastierista che ho rivisto ultimamente. Un altro gruppo che registrava per la West Side erano i Trolls, il cui tastierista aveva suonato con De Scalzi, Di Palo, D’Adamo e Belleno che, senza di lui , sarebbero diventati i New Trolls.
Il secondo e ultimo singolo della vostra discografia appare quattro anni dopo, sempre su West side. L'etichetta mostra di credere non poco in voi, considerato che sulla label del vinile appare la dicitura
"Progetto A.F.". Tutto passa è il rifacimento di una ballata pellerossa riarrangiata da Gabet, mentre gli autori di "Cade una stella" siete tu e Dino Santoro: si tratta di un componente del gruppo poi fuoriuscito prima dell'incisione dell'LP?
"Cade una stella" viene registrato l’anno dopo, nel 1969, e non quattro anni dopo. L’etichetta, per come era conformata, più che credere nei gruppi credeva nei pezzi, che dovevano auto-promuoversi, se c’era quello che riteneva buono si faceva il disco e si cercava di venderne il più possibile ai distributori dei Juke-Box che ne costituivano la promozione discografica. "Tutto Passa" era un arrangiamento di Guido Gabet ricalcante un brano degli Shadows. Lo eseguivamo spesso dal vivo e riscuoteva parecchio successo, per cui decidemmo di registrarlo.
Dino Santoro era un amico comune del gruppo autore anche delle parole di "Dedicata a chi amo". Appare (non si sa perché) in piccolo sulla copertina di "Cade una Stella", comunque non ha mai fatto parte del gruppo in quanto non è un musicista.
In questo singolo si notano dei timidi accenni di psichedelia, di arrangiamenti volutamente differenti rispetto alle smaccate tendenze melodiche allora in voga. Quali furono i gruppi che vi influenzarono all'epoca?
La ricerca è sempre stato il nostro pallino. Era il principale motivo di screzi con i discografici i quali volevano sempre che noi imitassimo qualcuno. E’ evidente che tutti siamo influenzati dalle esperienze altrui (lo è stato anche Beethoven all’inizio…) però un conto è partire da un punto e cercare di sviluppare una propria personalità, e un conto è ripetere le stesse cose pensando (erroneamente) di avvantaggiarsene sulle vendite.
All’epoca dei nostri 45 giri ascoltavamo i Vanilla Fudge, i Deep Purple 1° maniera e soprattutto i Beatles (la suite del lato B di Abbey Road fu una folgorazione per noi: “uscire dal concetto di canzone di tre minuti!”....).
Passano ben cinque anni per la realizzazione del vostro LP. A cosa è dovuto un lasso di tempo così lungo senza incidere?
Gli anni di attesa sono dovuti essenzialmente al fatto che non volevamo più incidere 45 giri melodici, ma tentare di fare qualcosa di più ampio respiro. Volevamo almeno cercare, di fare come all’estero facevano i Who, I Vanilla Fudge, i Genesis, i Pink Floyd, i Deep Purple o come avevano fatto in Italia i New Trolls con Senza orario, senza bandiera: un’opera che sviluppasse un concetto unico; ma capisci che non era facile convincere i discografici che, per la maggior parte, credo non abbiano mai capito questo genere, ma che si siano decisi a provare produrlo in un momento di crisi senza soverchie aspettative, per poi abbandonarlo appena possibile. Noi ci siamo riusciti solo allo scadere del tempo; infatti, l’anno dopo la registrazione del nostro LP, la discografia si è buttata a man bassa e volentieri nella musiche per discoteca (ne subiamo ancora oggi le conseguenze).
E' un periodo storico di grande fermento musicale. Che opinione hai della scena progressiva italiana dei primi anni settanta? Quali i gruppi migliori a tuo parere? Eravate in rapporti di amicizia e/o conoscenza con qualcuno in particolare?
Abbiamo conosciuto parecchi gruppi in quegli anni, soprattutto durante i Festival Pop che riuscivamo a fare tramite il nostro agente anche se non avevamo ancora registrato dischi. Abbiamo conosciuto molto bene gli Alphataurus, Franco Battiato, Le Orme, Alan Sorrenti, i PFM, i New Trolls Atomic System, gli Osanna e persino Cocciante, all’inizio, con MU, quando non lo conosceva nessuno e non mancava mai nei Festival Pop, ma con nessuno si è mai instaurato un rapporto che andasse oltre a quello formale.
Degli Alusa Fallax si ricordano poche partecipazioni ai Festival Pop del tempo. Come mai?
Per due anni, il ’72 e il ’73 abbiamo fatto parecchi festival anche di respiro nazionale. E’ stato durante un festival pop a Napoli che, Cipri, un responsabile dell’ufficio promozionale di Roma, della Fonit, ci ha contattato. Rimase molto stupito che fossimo lì senza alcun contratto discografico e nel giro di qualche mese ci fece fare un contratto ed entrare in studio di registrazione.
Intorno alla mia cattiva educazione esce nel 1974, anno in cui il fenomeno del Pop italiano ha oramai imboccato la sua fase discendente. Avete incontrato difficoltà nella promozione del disco, comunque uscito per una grossa etichetta quale la Fonit Cetra (peraltro legata a doppio filo alla TV di Stato)? Come vi siete approdati?
Le difficoltà promozionali non ci sono state, nel senso che non c’è stata proprio promozione. Eravamo consapevoli che il nostro genere non avrebbe portato molti soldi nelle casse della casa discografica (e nemmeno nelle nostre), non ci siamo quindi stupiti che appena si è affacciato all’orizzonte la novità della discomusic, chiaramente più facile e quindi commerciale, la nostra casa discografica, come le altre del resto, abbia abbandonato qualunque progetto in corso, per buttare tutte le proprie energie su questo nuovo filone, più redditizio.
Ti risulta il numero di copie che ne furono vendute? Sei a conoscenza del fatto che il vinile originale è oggi un prezioso oggetto da collezione?
Dell’LP sono state stampate 5.000 copie, tante almeno me ne ha pagate la SIAE, quante siano state vendute non lo so.
Grazie alla ristampa CD, il vostro lavoro ha potuto raggiungere una folta schiera di appassionati, divenendo, col tempo, un vero e proprio cult-album. A mio modesto parere, il punto di forza del disco sta nella impossibilità di accomunarvi ad altri gruppi più famosi. La stampa musicale italiana del tempo, infatti, bollava frettolosamente le Orme come cloni di ELP, la PFM quale copia carbone dei King Crimson, e via discorrendo.
Il sound degli Alusa Fallax denota invece una spiccata personalità: il gruppo sembra aver appreso e rielaborato con linguaggio proprio la lezione dei maestri anglosassoni, offrendoci continue mutazioni di stile musicale, momenti di quiete sonora alternati a violente sferzate elettriche, il tutto avvolto in un'aura di calda mediterraneità e condito con arrangiamenti classicheggianti. Come è nato un simile gioiello (di cui, se non erro, sei l'autore di tutte le musiche)? Le liriche del disco sono invece opera di Cirla. Testi malinconici, che narrano della disillusione dell'uomo, fortunatamente senza quasi mai scadere nel banale o nel magniloquente. Intorno alla mia cattiva educazione voleva essere un concept-album? Infine una curiosità: chi interpreti fra i cinque personaggi ritratti all'interno della copertina del vostro LP?
L’idea all’origine non era di fare un disco, ma di fare una suite a tema da eseguire dal vivo. Noi avevamo un ottimo management che ci procurava parecchie serate e concerti, per questo eravamo molto apprezzati nel giro dei gruppi che si esibivano dal vivo. Pensammo quindi di preparare una suite di un’ora circa con un’idea, in qualche modo, portante. La cattiva educazione è quella conformista e bigotta che era imposta, al protagonista ideale, dalle varie categorie formatrici della società (vedi le foto all’interno dell’album): I professori, i magistrati, i religiosi ecc. (per la tua curiosità, io sono il magistrato). La suite altro non è che il conflitto tra la volontà del protagonista di ribellarsi a questa educazione e l’educazione stessa che agendo sull’inconscio tende a rimettere sempre in ordine le cose.
Musicalmente l’educazione ricevuta è rappresentata dalla musica classicheggiante, i duetti tra il flauto e il piano sono il turbamento che porta o alle esplosioni di ribellione o a un sentimento nostalgico e sognante. Sulla scena, nelle serate, il nostro protagonista era rappresentato da un pupazzo vestito come quello che scende dal Paradiso sulla copertina dell’album, e che noi a turno strapazzavamo durante il concerto. Le musiche portano tutte la mia firma mentre i testi sono di Mario Cirla. Ma è molto importante la coralità della creazione.
Io ero l’elemento proponente, ma ogni proposta veniva discussa, sviscerata e ottimizzata attraverso il filtro degli altri elementi del gruppo. La realizzazione, poi, degli arrangiamenti è stato il momento di maggior coralità, avvenuta in una favolosa estate in una cascina sui monti sopra il lago di Lugano, dove ci siamo ritirati per più di un mese, pensando solo a quello.
Esiste materiale inedito degli Alusa Fallax?
E’ esistito un abbozzo di una seconda opera, ma è rimasta sulla carta.
Che fine hanno fatto gli altri componenti del gruppo? Qualcuno di loro lavora in ambito musicale? Siete ancora in contatto?
Guido Cirla è uno stimato commercialista con un proprio studio a Milano. Augusto Duty Cirla è un noto avvocato che gestisce un proprio studio sempre a Milano con la moglie avvocatessa. Mario Cirla è un professore universitario alla Bicocca a Milano e oltre a ciò gestisce un proprio studio di psicoanalisi. Guido Gabet si è trasferito a Roma è un ingegnere che opera in una società collegata alla Olivetti. Io ho uno studio che si occupa di audio per il video: dal Cinema, alla Televisione, ai DVD (oggi soprattutto).
Molti nomi più o meno famosi dei 70s italiani si sono ricostituiti di recente sull'onda dell'entusiasmo scatenato dalla riscoperta dei loro vecchi dischi, sebbene con risultati che vanno dallo scarso all'appena decente, ma anche con qualche sorpresa positiva. Gli Alusa Fallax potrebbero un giorno rimettersi insieme per proporre un nuovo disco?
Come diceva in un noto film James Bond “Mai dire mai…” Ci siamo rivisti proprio un paio di mesi fa dopo 27 anni di silenzio. Silenzio ingiustificato. Siamo sempre andati d’accordo e quando abbiamo sciolto il gruppo non c’è stato nessuno screzio, era il normale epilogo di una favolosa esperienza. Nessuno di noi sa spiegarsi perché non ci siamo più parlati per tanti anni. I tre fratelli hanno sentito la voglia, un giorno, di rimettersi a suonare per puro divertimento. Mi hanno telefonato e io sono corso come se non aspettassi altro. Abbiamo fatto una piccola jam-session e, incredibile a dirsi, improvvisando, ci siamo trovati affiatati come se avessimo smesso di suonare pochi giorni prima. Dato che io sono convinto che nulla succede per caso, una sincronicità di questo tipo è molto significativa.
La voglia di fare qualcosa sarebbe tanta, il difficile è rosicchiare tempo alle nostre attività. Vedremo, se avremo ancora qualcosa da dire, la diremo. Dovrà essere necessariamente qualcosa di diverso dal primo LP, son passati 32 anni, noi siamo cambiati, il mondo è cambiato, ricalcare le cose già fatte e già dette vorrebbe dire non avere nulla da dire.
Che genere di musica ascolta oggi Massimo Parretti?
Non so se è colpa dell’età, ma sono anni che non riesco a farmi piacere alcun disco contemporaneo. Finisco sempre per ascoltare o la musica classica, o brani degli anni ’60 e soprattutto ’70. Sento però che sono molti i ragazzi che non ascoltano altro che la musica dei loro padri. Un fenomeno, alla nostra epoca, addirittura impensabile. Sarà che era più valida? Io dopo l’esperienza del gruppo (ma anche durante) ho lavorato nella discografia commerciale. Sia come arrangiatore che come autore che come direttore artistico e consulente, ma sono scappato alla fine degli anni ’80, per fortuna, quando ho capito che la barca non poteva far altro che affondare, come infatti da anni sta facendo. Ma sarebbe un discorso lungo, che non c’entra con gli Alusa Fallax…
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