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YUGEN Antonio Piacentini
 

Una delle più belle sorprese che ci ha riservato la fine del 2006 è stata senza dubbio “labirinto d’acqua” degli Yugen.Un lavoro bello,vario,originale contraddistinto da una padronanza totale degli strumenti e da una vivacità creativa che ultimamente sembra latitare soprattutto in Italia
Grazie all’aiuto di Francesco Zago apriamo una porta sul mondo Yugen.


Quando e come nasce il progetto yugen?

FZ: Nel 2004 feci ascoltare a Marcello Marinone i midi file di alcuni miei brani scritti per un ensemble da camera. Marcello ne rimase entusiasta, e mi convinse a lavorare insieme a un progetto che unisse rock e linguaggio cameristico. Riarrangiai i brani – Diego Donadio, batterista dei Night Watch, scrisse le parti di batteria – e registrai un demo, poi cominciammo a pensare a un disco vero e proprio: nel giro di pochi mesi il materiale era pronto, e nel frattempo “arruolammo” diversi musicisti: Markus Stauss, Paolo Botta, Maurizio Fasoli, Peter Schmid, e altri ancora. Nel corso della lavorazione si sono aggiunti pure degli ospiti d’eccezione, come Dave Kerman e Tommaso Leddi, poi Elia Mariani, Marco Sorge, Mattia Signò. Per registrare, editare e mixare Labirinto d’acqua abbiamo impiegato un anno…

Siete in 13 ci sono difficoltà logistiche per suonare dal vivo e quanto è importante suonare live per un progetto come il vostro?

FZ: Be’, in tredici sarebbe stato impossibile… infatti per i concerti abbiamo allestito un gruppo più ristretto, di sei-sette elementi. Ovviamente ho dovuto riarrangiare nuovamente i pezzi per questa formazione, e costringere alcuni elementi a sforzi sovrumani: Paolo Botta e Pietro Cavedon, ad esempio, devono sobbarcarsi moltissime parti, e spessissimo il loro lavoro è davvero molto complicato. Devo dire che all’inizio Marcello e io non avevamo neppure pensato di proporre dal vivo la musica di Yugen, sia per la difficoltà di esecuzione che per evidenti problemi “logistici”, ma poi ci siamo convinti che, se ci fossimo riusciti, avremmo portato in giro uno spettacolo davvero notevole. Le prove sono iniziate a giugno del 2006, e abbiamo debuttato dal vivo a Mestre, nell’ambito del festival Musica Continua, il 1° dicembre dello stesso anno.

Che ne pensate della scena rock progressive attuale soprattutto quella italiana ? Vi sentite un po’ delle mosche bianche portando avanti la vostra proposta?

FZ: Personalmente, e nonostante il mio passato con i Night Watch, non mi sento parte della cosiddetta “scena rock progressive” italiana. Tanto meno una “mosca bianca”. Oggi ascolto pochissimo progressive. Senza voler essere provocatorio, credo che la cosa migliore per realizzare dei buoni prodotti stia proprio nel non pensare affatto a una “scena” musicale, “progressive” o altro, a una “nicchia” all’interno della quale collocarsi a ogni costo. Bisogna metaforicamente “chiudersi in una stanza” e pensare solo a ciò che si vuole dire e soprattutto a come lo si vuole dire. Yugen è una ricerca sulle possibilità formali e linguistiche del rock: difficile trovare un’“etichetta” adatta…

Che senso ha suonare il tipo di musica che proponete nel 2007?

FZ: Sperimentare è qualcosa che va sempre al di là di mode e tendenze. Perciò la musica di Yugen è la musica di oggi, o se preferisci una delle musiche di oggi. È quello che alcuni musicisti vogliono proporre oggi, nel 2007, perché pensano che ci siano delle direzioni che la musica deve ancora scoprire. In Yugen non c’è alcuna venerazione del passato.

Come si arriva a produrre un tipo di musica come la vostra? Determinate influenze? Il caso? La voglia di fare qualcosa di originale?

FZ: La ricerca dell’originalità, la sperimentazione sono sicuramente i motori fondamentali della musica di Yugen. Certamente giocano un ruolo anche certe influenze, ma solo a un livello inconscio e, perciò, inevitabile, purché il riferimento a dei modelli non si riduca a una loro banale riproposizione.

Mi dite 3 nomi italiani e tre nomi stranieri di artisti che vi piacciono attualmente?e come sono i rapporti con le altre realtà musicali?

FZ: Fra gli italiani sinceramente la vedo male… non saprei davvero, in generale il panorama attuale è desolante. Fra le ultime uscite, rare eccezioni mi sembrano i genovesi Areknames. Ho ascoltato pochi giorni fa l’Orchestra Njervudarov, ma il loro unico disco è del 1979… Per quanto riguarda gli stranieri, stimo moltissimo il lavoro di Markus Stauss, in particolare l’ultimo cd di Spaltklang, Lontano. Posso poi ricordare il bellissimo Bright della Monika H. Band, un esempio di jazz originale, piacevole e insieme molto sofisticato. Infine, in questo periodo ascolto moltissimo la musica di Ligeti, che fra l’altro è scomparso proprio l’estate scorsa. Come vedi, non ho preclusioni di generi: al contrario, rimango piacevolmente colpito proprio quando scopro dischi molto lontani dai miei gusti.

Se vi dessero solo 5 minuti e in quei cinque minuti doveste spiegare tutto il mondo Yugen quale pezzo scegliereste?FZ: In questo momento ti direi Brachilogia, un concentrato di puro stile Yugen.

Avete mai pensato di poter vivere di sola musica qualche volta?

FZ: Ho capito una decina d’anni fa che per me sarebbe stato impossibile, in particolare coltivando certi generi musicali, dalla musica contemporanea al rock più sotterraneo. Inoltre ho abbandonato l’insegnamento musicale molto presto. Quindi oggi mi occupo di altro, ma non è affatto un problema. Alcuni musicisti che fanno parte di Yugen, invece, vivono della loro attività musicale, come concertisti o insegnanti.

Il vostro sogno nel cassetto musicale?

FZ: Be’, Labirinto d’acqua è sicuramente un sogno che coltivavo da anni, e si è realizzato nel migliore dei modi… Forse non ho un sogno nel cassetto in particolare. Mi piacerebbe proseguire su questa strada, portando avanti Yugen e costruendo altri progetti, magari con la neonata AltrOck Productions insieme a Marcello.

Come vi piacerebbe essere ricordati tra 50 anni?

FZ: Essere ricordato sarebbe già un bel risultato…

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