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THIS HARMONY Antonio Piacentini
 

I perugini This Harmony, sono una delle sorprese degli ultimi anni. Anche se il rock progressive è un genere che va stretto alla loro proposta, si fanno apprezzare anche da chi ama queste sonorità,grazie ai passaggi acustici alternati ad altri in cui dimostrano una buonissima tecnica di base.
Ho avuto la fortuna di vederli un paio di volte dal vivo e il loro genere di confine, molto più orientato verso l'indie rock, diciamolo chiaramente, mi ha sempre impressionato in maniera molto positiva.
Cerchiamo di chiarirci meglio le idee e di conoscere meglio il loro mondo.



Come è nato il progetto This Harmony?

Da un'amicizia prima di tutto. Il nostro non è uno di quei progetti nati da una lunga e faticosa ricerca di formule musicali ad hoc: alcuni di noi si conoscono dalle elementari, altri hanno cominciato a frequentarsi verso i 17 anni e lì sono cominciati i primi esperimenti in sala prove. Le nostre sonorità sono il frutto di una ricerca che è nata in quel periodo, per poi, ovviamente, evolversi nel tempo.

Quali sono le vostre influenze?

Difficile a dirsi: apprezziamo un gran numero di artisti, anche molto distanti fra di loro. Ma difficilmente gli espedienti che notiamo nella musica degli altri finiscono per essere inseriti nella nostra produzione.
Cerchiamo di seguire l'esempio dei nostri “padri musicali” ad un livello più sottile, consci del fatto che la bellezza non è solo questione di forma, ma principalmente di concetto.

La vostra proposta è parecchio trasversale, difficilmente vi si riesce a collocare in un determinato genere, nonostante tutto siete molto apprezzati dalla critica e dalla gente che viene a vedervi. E' finita l'epoca delle etichette musicali? O per voi è un problema non essere definiti?

Magari fosse finita l'epoca delle etichette musicali! Purtroppo, invece, poter essere inseriti pienamente in un genere ben definito, e con una storia alle spalle (il che vuol dire dei capiscuola e un popolo di appassionati), spesso rende più facile la vita ad un gruppo che tenta di emergere. E' rincuorante, ad ogni modo, notare come questo discorso valga più per la critica (si parla ovviamente di singoli casi e non di tutta la categoria) che per il pubblico: la critica, per giudicare, deve prima sezionare il disco e ricondurne tutti gli elementi a qualcosa di già noto. In questo modo il critico pensa di aver compreso il disco, di averlo afferrato, mentre in molti casi lo ha solo fatto a pezzi. Il pubblico, al contrario, non ha il problema di dover dare credibilità alle proprie sensazioni, e quindi è in grado di viverle con maggior naturalezza e sincerità.

Penso che una delle vostre caratteristiche è rendere semplici passaggi che risulterebbero molto complessi lavorate molto sugli arrangiamenti?

Esatto, lavoriamo moltissimo sugli arrangiamenti. In realtà si potrebbe dire che lavoriamo quasi esclusivamente sugli arrangiamenti, attraverso un procedimento empirico che tralascia, in gran parte, le considerazioni teoriche, e va a quello che noi reputiamo il nocciolo della questione: la magia dell'insieme. Il fatto che tale magia si raggiunga con venti battute consecutive di la minore o con dei voli armonici inauditi ha un'importanza piuttosto relativa per noi.

Registrate per un etichetta che ha prodotto molti lavori che vengono raggruppati nel cosiddetto rock progressive, vi sentite parte di questo mondo?

No, non possiamo dire di sentirci parte del rock progressive. Ma non possiamo neanche dire di sentirci parte di qualche altro movimento musicale.
Forse il genere che più ci ingloba è l'indie-rock, ma probabilmente perché per indie-rock si intende un immenso calderone in cui c'è tutto il contrario di tutto. Per questo, quando siamo proprio obbligati a definirci attraverso un'etichetta, diciamo, con una punta di ironia, “indie-rock da salotto”.

Siete un gruppo che suona molto dal vivo quanto è importante questa dimensione per un progetto come il vostro?

Molto. Nei concerti (o almeno in quelli più fortunati) viene fuori qualcosa di assolutamente incomprensibile, qualcosa che si nutre di un silenzioso dialogo con il pubblico e che crea sensazioni molto intense.

Sempre parlando delle vostre esibizioni live, penso che uno dei vostri punti di forza sia avere una formazione che può suonare nella stessa maniera sia su un palco sia in una camera da pranzo, nonostante questa cosa c'è spazio all'improvvisazione?

L'improvvisazione non è una nostra caratteristica fondante. Il fatto che alcuni nostri brani si chiamino “improvvisazione” è sicuramente fuorviante: nel disco ci riferiamo ad uno stile compositivo meno ragionato e quindi più impulsivo, ma i nostri arrangiamenti sono piuttosto rigidi. Questo anche in relazione al discorso di prima: cerchiamo una magia. Va da sé che l'improvvisazione non sempre permette di raggiungere un perfetto equilibrio formale e concettuale, cosa a cui noi teniamo molto.

Siete riusciti a promuovere le vostre composizioni in parecchie radio e siete stati ospiti a Radio3, avete avuto riscontri da questi passaggi?

Qualcosa sta cambiando nel nostro panorama, anche se in questo momento è prematuro parlare di progetti che sono ancora in fase embrionale. Di sicuro i passaggi in radio ci hanno portato nuovi ascoltatori, perciò confidiamo nel fatto che, a nostra insaputa, si stia allargando la cerchia di chi ci sostiene.

Il vostro sogno nel cassetto musicale?

Cambia continuamente: per fortuna ogni fase del nostro percorso è scandita da nuovi obiettivi ed entusiasmi, quindi sarebbe troppo limitante costruire un tetto sopra alle nostre aspirazioni. E' tutto in divenire.

Avete mai pensato di vivere con la vostra musica o lo ritenete comunque un hobby?

Ovvio che ci abbiamo pensato: esiste forse un gruppo musicale che all'inizio non ha pensato alla fama? Per di più noi abbiamo cominciato a suonare insieme a 18 anni, quindi va da sé che un tale pensiero ci è passato per la testa più e più volte. Ma poi ci si rende conto che non è questa la cosa più importante: prima di tutto c'è la musica, quindi difficilmente potremmo accettare una vita da professionisti so fossimo costretti a fare continui compromessi con princìpi che non condividiamo. Non vogliamo dare l'idea di un cieco purismo, ma ad ogni modo suoniamo certa musica perché ci piace, e doversi adattare a tutt'altro finirebbe per diventare frustrante.
Non ci sentiamo di definire la nostra attività un hobby: è certamente una cosa molto piacevole e gratificante, ma necessita di impegno, dedizione e pazienza. In ogni caso, questo progetto è al primo posto nella classifica delle nostre priorità.

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