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DREAM THEATER Luca Rodella
 

(con tono scherzoso): Partiamo dall'inizio. Perché "When dream and day unite" è registrato cosi male?

(ridono) J. PETRUCCI: Innanzi tutto era il primo album e non avevamo alcuna esperienza di lavoro in studio, secondariamente il budget era veramente basso! Il booklet del secondo lavoro si conclude con Siamo tornati...
M. PORTNOY: Ci sono voluti tre anni fra i due dischi!

...Non è quindi perché temevate non avreste più avuto la possibilità di proporre la vostra musica?

M.P.: Da parte nostra non c'è mai stato questo timore, credo però molti del pubblico abbiano avuto il dubbio.

Molti, fra il vostro pubblico, si aspettavano anche di vedere su "Awake" il pezzo da venti minuti che proponete dal vivo, "A change of season"...

M.P.: Sono anni che vogliamo registrarlo e forse è arrivata ora la volta buona. Appena finito il tour andremo a registrare per qualcosa che uscirà verso l'estate e nel progetto c'è anche questo pezzo sul quale stiamo comunque ancora lavorando; in ogni caso non è detto che ciò di cui sto parlando sarà il nuovo CD...

Riguardo al futuro sarà fondamentale risolvere il nodo del tastierista. State cercando un elemento che si occupi solamente di suonare le tastiere o cercate qualcuno che possa dare un contributo anche nella stesura dei pezzi?

M.P.: In effetti la situazione si è già risolta... abbiamo iniziato il tour con Derek Sherinian che doveva solamente svolgere il ruolo di session-man per questa serie di concerti ma ci siamo mano a mano resi conto che in lui c'erano tutte le qualità che andavamo cercando ovvero capacità di eseguire tutte le parti già esistenti così come contribuire alla stesura delle nuove composizioni. Derek ha soddisfatto pienamente queste aspettative per cui lui è ufficialmente il nuovo tastierista dei DREAM THEATER.

Alle origini del vostro successo veniste presentati dalla stampa come una band di Hard Progressive, Metal Progressive ecc. quando il prog era assolutamente bistrattato da tutti. Vi diede fastidio la cosa... e ve ne dà ora?

M.P.: Nessun gruppo, di nessun genere, prova piacere dal farsi etichettare: per quanto riguarda la nostra musica devo dire che ci sono incorporati così tanti stili che se la definisci progressive fai un'affermazione un po' vaga. Canzoni come Lifting, shadow off dream o The Silent man non sono canzoni prog, Lie è più una canzone metal... per cui credo il prog sia una delle tantissime anime della nostra musica. A volte il termine progressive identifica qualcosa con molte influenze nello stile per cui in questi termini non ci da fastidio ma l'etichetta in se stessa è un po' vaga.

La domanda più brutta dell'universo: come componete i pezzi?

J.P.: Ci troviamo alle prove e cominciamo a proporre le idee l'uno agli altri... tutto nasce di conseguenza. E questo, fondamentalmente, è anche il motivo per cui i pezzi sono lunghi e gli arrangiamenti pure. Non abbiamo regole per cui qualunque cosa esca è quella... ci piace sfidare il nostro pubblico!

Vi è stata affibbiata l'etichetta di virtuosi dello strumento. La cosa vi crea problemi?

J.P.: Non pensiamo innanzitutto di essere perfetti visto che ad ogni concerto scazziamo qualcosa, ed in secondo luogo un'affermazione del genere potrebbe essere intesa come la condanna di un modo auto celebrativo di proporre musica limitando il sentimento a vantaggio di uno sterile esercizio di forma. L'abilità nel suonare ti permette al contrario di fare, di esprimere esattamente ciò che vuoi. Se si prende come esempio la musica classica se ne ha una prova evidente: le atmosfere sono così varie, la musica è così intensa e carica di sentimenti eppure c'è bisogno di tantissima abilità tecnica per suonarla... sarebbe come dipingere un quadro con due colori quando puoi avere un'infinità di tinte che ti permettono di curare i dettagli.

I vostri video sono più corti delle canzoni...

J.P.: E' un compromesso che dobbiamo accettare; certo non ci fa piacere perché se dipendesse da noi faremmo i video lunghi tanto quanto i pezzi ma per raggiungere il maggior numero di persone possibile attraverso mezzi come MTV e simili si deve fare così.
M.P.: Finché sull'album c'è la canzone intera siamo a posto, questo è l'importante.

Ascoltando due-tre minuti si perde però il senso delle canzoni che è dato proprio dallo sviluppo che hanno nell'arco di setto-otto minuti... Un ascoltatore occasionale potrebbe comunque farsi un'idea sbagliata della vostra proposta.

M.P.: E' indubbio ma ripeto che l'importante è avere le versioni integrali sul disco... video e singoli servono solo per attrarre l'attenzione di chi non ci conosce e far sì che vada a comprare il disco ed ascolti le versioni integrali. Noi suoniamo per fare album, non singoli; oltre tutto ogni canzone è differente dall'altra per cui ascoltandone una non si avrebbe comunque l'idea della musica che proponiamo.

Come inquadrate la serata al Ronnie Scott in cui avete suonato cover assieme ai vari ospiti intervenuti (da Steve Howe, Steve Rothery, Steve Hogarth, fino a Barney Greenway dei Napalm Death...nda)? Ci saranno uscite per immortalare l'evento?

J.P.: E' stato un modo di offrire un tributo alle bands con le quali siamo cresciuti e... per divertirci, e ci siamo divertiti molto. Abbiamo suonato con gente come Steve Howe, i ragazzi dei Marillion, il giorno prima abbiamo registrato con Bruce Dickinson... è stata proprio una bella esperienza. Abbiamo in effetti registrato tutto, anche in video; c'è quindi la possibilità che esca qualcosa ma ancora non so nulla di preciso, decideremo.
LA BRIE (che si risveglia da un torpore di mezz'ora): tenete gli occhi aperti sui bootleg ed avrete la cosa sicuramente prima della nostra realizzazione ufficiale!

DREAM THEATER... anche nei testi è ricorrente l'immagine del sogno. Perché?

J.P.: Il nome è solo un caso, suonava bene! In effetti nei pezzi c'è però questa figura del sogno, oltre a riferimenti veri e propri come in "Fashinating" anche a livello compositivo: come si sviluppano i sogni così crescono le nostre canzoni, non ci sono regole e tutto scorre di seguito... Un continuo flusso di sensazioni.

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