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WRONG OBJECT, THE Peppe di Spirito e Giuseppe Scandizzo
 

Abbiamo il piacere di incontrare i Wrong Object al completo, la mattina dopo il concerto tenuto a Paestum. In una calda giornata pre-estiva siamo piacevolmente rinfrescati dall'ombra dei pini del bed and breakfast dove la band alloggia. I musicisti mostrano grande piacere e disponibilità vedendo il nostro interesse e viene fuori un'intervista che ce li fa conoscere un po' meglio.


Come vi siete ritrovati a suonare a Paestum?

Damien: Leonardo Pavkovic ci ha messo in contatto con Biagio Francia, che poi ha organizzato tutto molto rapidamente. Nel giro di un mese era tutto pronto.

Quali sono state le vostre impressioni sul concerto di ieri sera?

Fred: Siamo molto soddisfatti per quanto riguarda il suono e l'organizzazione. Peccato che c'era pochissimo pubblico.
Laurent: In base al pubblico presente cerchiamo di capire se è il caso di puntare più sul jazz o sul rock. Abbiamo visto che ieri il pubblico era composto principalmente da persone adulte e quindi abbiamo puntato un po' più sul jazz. In ogni caso suonando a Paestum abbiamo percepito un'atmosfera particolarmente evocativa.
Jean- Paul: Siamo comunque contenti, perché pensiamo di aver suonato bene.

Siete soddisfatti del vostro album?

Laurent: E' stato un po' stressante, perché l'abbiamo registrato in due giorni e non abbiamo avuto il tempo di fare tutto quello che avremmo voluto. La produzione è stata limitata e quindi abbiamo preso dei rischi. Nonostante il poco tempo per registrare e mixare il tutto siamo contenti del risultato ottenuto. Alla fine è stata una sorpresa, forse proprio per la limitazione di tempo: da questa situazione sono uscite infatti cose impreviste, ma molto belle. Se prendi dei rischi, talvolta la musica può rivelarsi più ricca.
Michel: Le reazioni sono state buone, abbiamo ricevuto 150 recensioni da ogni parte del mondo e sono tutte molto positive. Una bella sorpresa davvero, soprattutto considerando che abbiamo fatto le cose così velocemente.

Com'è il vostro processo di composizione?

Michel: Compongo io la maggior parte dei pezzi, porto le idee di base e poi gli arrangiamenti li facciamo tutti insieme. Ciascuno porta le sue idee e il risultato finale è un concetto collettivo, originale.

Anche in futuro pensate di registrare in presa diretta, senza sovraincisioni?

Michel: Sì, è il metodo che preferiamo, perché vogliamo fare album che si possano suonare dal vivo. Perché se un album è sovraprodotto, rischieremmo di non poter eseguire i nostri pezzi in concerto e rimarremmo delusi.

Suonate molto dal vivo in Belgio?

Michel: Non abbastanza, diciamo una ventina di volte all'anno, che per un tipo di musica alternativa non è male. Cerchiamo comunque di suonare in buone condizioni, non accettiamo tutto.

Sappiamo che tra poco suonerete al festival Les Tritonales a Parigi…

Michel: Sì, la settimana prossima. Ci abbiamo suonato anche l'anno scorso. E' un festival bellissimo, peccato che dobbiamo andar via il giorno dopo… Ci sono stati tantissimi jazz-men famosi che hanno suonato lì: Christian Vander dei Magma, Louis Sclavis, Michel Portal, Jannick Top, Mederic Collignon, gli One Shot di Daniel Jeand'heur. E' un club molto accogliente, che prende anche tanti rischi, ma il pubblico accorre... E' Parigi… Poi dopo faremo anche lo Zappanale, con due concerti, uno tradizionale, con qualche cover di Zappa, perché il pubblico ovviamente vuole questo e in ogni caso ci piace molto. Un altro concerto sarà invece con il nipote di Zappa, Stanley Jason Zappa. Lui fa parte della scena free-jazz ed ha espresso proprio la volontà di suonare con noi; faremo una specie di big-band, visto che parteciperà anche un altro quintetto. Questo spettacolo sarà basato sia su temi dei Wrong Object che su temi di Stanley Zappa e somiglierà all'estetica di Sun Ra, un tipo di improvvisazione strutturata.

C'è qualche concerto particolare che ricordate?

Michel: Diciamo il migliore e il peggiore… (ridendo - ndr)
Laurent: Ogni volta è diverso; a livello di importanza, forse proprio quello del Triton, dove abbiamo fatto un bel concerto, anche perché la gente conosce bene il tipo di musica che suoniamo. Le condizioni sono ottimali, il materiale è buono, la gente gentile. Credo che giovedì prossimo andrà tutto bene. Lo Zappanale è stato il primo concerto di rilievo che abbiamo fatto con questa formazione. Ricordo anche un importante festival jazz ad Atene, dove abbiamo suonato davanti a 2000 persone. E' raro suonare davanti a tanta gente, con pubblico che risponde bene, anche se le condizioni erano un po' difficili a causa di alcuni ritardi.
Michel: In Grecia è stato divertente perché la prima sera abbiamo suonato in un club di fronte a 30 persone, la seconda di fronte a 3000 perché era nell'ambito dell'European Jazz Festival. Per quanto riguarda il concerto peggiore ricordo quello ad un locale a Liegi, il Just Point, dove il palco era vicino alle toilette e ogni volta che qualcuno doveva andare in bagno dovevamo spostare gli strumenti e permettere loro di passare. Poi non c'era niente da bere…
Damien: A noi piace bere. In Belgio ci sono birre speciali. E ci piace anche il vino…
Michel: Siamo un gruppo festivo… Pensiamo che fare cose sperimentali e di avanguardia non è qualcosa di incompatibile col divertimento e questo è un altro degli elementi di forza del gruppo. Unire birra e vino… (ridono - ndr) D'altronde anche Zappa aveva un po' questa caratteristica.

Oltre Zappa e i gruppi di Canterbury, avete altre influenze particolari, sia come gruppo che individualmente?

Michel: Io chiaramente Zappa, ma anche Stravinskij, Bartok. Poi sono proprio io quello maggiormente affascinato dai gruppi di Canterbury e questo tipo di musica. Quando avevo 10 anni ascoltavo Hatfield and the North e i Soft Machine dalla mattina alla sera. Dopo è stato un sogno incontrare i miei eroi e suonare con Elton Dean, non mi sembrava vero. Ad ogni modo, ritengo gli Hatfield and the North il gruppo più completo di tutti.
Damien: Le mie influenze sono differenti, perché provengo innanzitutto dal mondo del rock; dal jazz invece apprezzo soprattutto chi mischia l'elettronica col jazz. Per esempio i Jaga Jazzist, che adoro, o Erik Truffaz. Per il rock, i Sonic Youth, poi i Radiohead sono stati i gruppi che ho più apprezzato nell'unire più stili.
Michel: Io, Damien e Laurent siamo molto affascinati dai Sonic Youth.
Damien: E' bello far parte di un gruppo che propone rock progressivo. Io, Michel e Laurent siamo quelli maggiormente legati al prog. Adoro anche io i Soft Machine, Hugh Hopper… Fred e Jean-Paul, invece, li hanno scoperti dopo aver iniziato a suonare con noi.
Michel: Una cosa importantissima è che Fred e Jean-Paul non conoscono questa scena ed è un vantaggio. Perché hanno un orecchio fresco. Così suoniamo in modo diverso rispetto alle cover band che hanno sentito Zappa dalla mattina alla sera per anni e che hanno assimilato tutte le caratteristiche e gli arrangiamenti originali. Perciò ci vengono fuori cose speciali.
Laurent: Io sono un musicista autodidatta, ho imparato da solo… ho iniziato con il rock, il thrash, il punk... Per andare più lontano nella musica ho iniziato ad ascoltare anche altro e mi sono imbattuto nel jazz. Ho ascoltato molto jazz, pur continuando a seguire i progetti rock, soprattutto quelli che si uniscono alle nuove influenze e non si pongono limiti stilistici. Così oggi apprezzo la buona musica, indipendentemente dallo stile. Ascolto anche musica classica. E' difficile però nominare qualche gruppo in particolare. Mi hanno influenzato sia batteristi rock che jazz. Apprezzo il progressive rock per il fatto che non ha limiti. Per esempio i vecchi Genesis, quelli con Peter Gabriel, che univano più generi, basandosi anche sulla musica classica. Poi c'è il jazz moderno. Ma cos'è la musica moderna? Non vuol dire niente… la musica è evoluzione, senza limiti, senza pregiudizi. Tutto mi interessa quando è ben fatto. Non mi interessa citare nomi di persone, non ha molto senso per me.
Fred: Io sono influenzato soprattutto dalla musica classica e dal jazz. Per me tutto nasce da qui, classica, blues, jazz… Nemmeno a me va di fare nomi, ma quello che mi dà veramente fastidio è che c'è in giro troppa musica indigeribile…
Laurent: Adesso non ci sono molte belle cose da sentire. E' difficile trovare musica di qualità da ascoltare oggi.
Michel: Un altro musicista molto importante per me è Messiaen, perché dà idee anche per i gruppi che suonano la musica elettronica. Mi piacciono anche Amon Tobin, Squarepusher e tutta questa scena post-drums&bass un po' speciale e alternativa.
Laurent: La maggior parte delle cose che mi interessa per me sono finite da tempo… Tra le cose che escono adesso mi è capitato di sentire un album di jazz-rock di Jim Black, per esempio, in cui il sax è suonato come una chitarra elettrica. Ci sono tante cose simili che escono oggigiorno ma non mi interessano molto. Non è la rivoluzione, perché ci sono altri gruppi che fanno la stessa cosa. E poi la musica è evoluzione e non è compatibile con la rivoluzione. Il jazz queste cose le ha già inventate, la musica classica le aveva già dette ma non ne aveva lo spirito. Nella musica la cosa più importante è la personalità. Ecco, volevi un nome di un musicista che adoro? La più grande personalità del rock che abbia mai ascoltato è Captain Beefheart. Ha fatto cose che nessun altro ha fatto, nemmeno Zappa. E' unico. Questo mi interessa, ma noi non vogliamo copiare da lui. Quella è la musica di Beefheart. E' riuscito a fare qualcosa. Ed è questo che conta.

Come vi siete incontrati?

Michel: Ci sono state due line-up: la prima risale alla fine del 2001. Poi nel 2005 ci siamo trovati senza batterista. Il nostro primo batterista ha pensato a Laurent perché era il suo professore. Lo ha contattato perché Laurent è interessato al prog, alla sperimentazione. Ci siamo trovati con questa sezione ritmica ma volevamo cambiare qualcos'altro. Laurent conosceva Fred, lo ha chiamato perché avevamo bisogno di un sassofonista, così abbiamo fatto una prova con lui e lui si è mostrato subito interessato. Poi Fred ha portato Jean- Paul con cui già suonava. Jean- Paul ha solo 55 anni, ma beve troppo e quindi sembra che ne ha 65 (Jean-Paul è il più giovane del gruppo e sembra un ragazzino – ndr). Fred è stato un po' il mentore di Jean- Paul, così ha pensato subito a lui. Si conoscono molto bene, sono affiatati, c'è qualcosa di telepatico tra loro. In tre mesi la nuova line-up era pronta a suonare.
Damien: La prima line-up era molto più rock. Ora c'è un mix col jazz, che ascoltiamo tutti noi, ecco perché adesso le nostre composizioni vanno in più direzioni… perché c'è questa unione di influenze differenti.
Michel: Ed è nostra intenzione continuare sempre di più con queste sperimentazioni.
Fred: Il nostro è da sempre un gruppo che ha cercato un suono particolare. Il sax ora è una specie di motore per le composizioni e gli arrangiamenti. E' il suono che ci tiene uniti. A volte facciamo qualcosa di semplice di più puro…
Laurent: Ma come nel jazz, se non hai lo spirito non hai il suono, se non ha i il suono non hai lo spirito. E' questo che vale nel gruppo.
Michel: Nel gruppo, considerando tutte queste influenze, la coesione viene nel suono.

Come vi siete trovati con Biagio Francia? Lo volete prendere con voi dopo l'esibizione di ieri?

Damien: Avremmo voluto che suonasse di più, ma i tempi erano ristretti.

La scelta delle voci greche è stata incredibile…

Michel: Il sample di base è la registrazione di un attore greco che ha recitato in greco antico un'ode a Nettuno composta nel secolo in cui è stato costruito il Tempio di Nettuno. Su internet c'è anche una traduzione in inglese. Non ricordo bene ora il suo nome… Aleksandros…
Jean-Paul: Del Piero… (risate - ndr)
Michel: Non penso che loro abbiano voglia di parlare di calcio (risate - ndr)

Quanto è importante per voi l'improvvisazione, soprattutto quando suonate dal vivo?

Michel: Ci sono pezzi che sono proprio strutturati dalla A alla Z. Altri sono modulari. Nel senso che ci sono moduli fissi, in cui eseguiamo quello che è scritto sulla partitura, ma dentro cui inseriamo dei passaggi sui quali possiamo improvvisare e può accadere di tutto. Tra noi poi ci sono dei segni che mettono fine all'improvvisazione.

E' mai successo che qualcuno tra di voi non ha rispettato questi segni?

Damien: Sì, basandosi anche sul jazz nel nostro repertorio ci viene spontanea la voglia di decostruire, scomporre, variare.
Michel: Lo facciamo soprattutto con i pezzi più vecchi.
Damien: Tipico dello spirito jazz. Cercare di sorprendere, Spingere gli altri a reagire. Ci piace prendere dei rischi. Più siamo sicuri su di un pezzo, più improvvisiamo, facendo un po' i kamikaze, andando a volte in più direzioni, a volte in tonalità diverse. Capita che facciamo davvero casino… (risate – ndr)

Conoscete gruppi prog italiani?

Michel: Gli Area con Demetrio Stratos mi piacciono tanto. Mi piacciono i D.F.A. Una volta ascoltavo anche la P.F.M., ultimamente non più. Mi piacciono anche alcuni jazz-men italiani, come Stefano Bollani e Paolo Fresu.
Laurent: Ci sono molti italiani immigrati in Belgio e quasi la metà dei musicisti delle jazz-band belghe sono di origine italiane.

E' più facile suonare all'estero?

Laurent: Si dice che in Belgio i musicisti jazz non sono molto contenti, ma quando andiamo all'estero ci rendiamo facciamo dei confronti e ci rendiamo conto che non è tanto male.

Avete mai sentito parlare del Festival Jazz di Laurino?

Michel: Ci sono tanti festival jazz… Io invio delle e-mail per partecipare ai festival, ma per partecipare a dei festival in Europa c'è bisogno di un manager. Abbiamo progetti per gli Stati Uniti, per il Brasile, per il Messico, ma per l'Europa è più difficile senza un manager.

C'è un altro gruppo belga, che similmente a voi, è ispirato dalla scena di Canterbury, i Finnegans Wake? Li conosci?

Sì, li conosco, tra l'altro suono in un altro gruppo con Guy Segers, il bassista degli Univers Zero, che collabora con loro. Mi piace molto suonare con Guy, perché è una persona molto buona. Per gli Univers Zero è come per i Magma: se guardi le copertine dei dischi, dici “io non voglio avere nulla a che fare con loro!”, poi dopo ti rendi conto…


Il clima allegro, la comune passione per la musica, il bel tempo e la disponibilità dei Wrong Object sono elementi che spingerebbero a continuare la bella chiacchierata durata già tre quarti d'ora, ma i musicisti hanno i minuti contati e devono prendere un aereo nel pomeriggio. Continueremo a seguire i loro passi, perché se lo meritano!

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