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ZUFFANTI, FABIO Valentino Butti
 

Abbiamo incontrato Fabio Zuffanti, artista che non ha bisogno di presentazioni, per parlarci del suo ultimo progetto “Rohmer” con i fidati Valle, Macor e Di Tollo. Un album atipico che cerca di far convivere sonorità ambient, post rock con altre forme di arte come il cinema. Ne è uscita una conversazione, ci auguriamo interessante, che sfiora anche gli altri ambiti musicali di Fabio.

Solo qualche mese fa avevi fatto il punto della situazione sui tuoi vari progetti. Ci parlavi dell’ultimo impegno… Rohmer… Ora l’album è uscito. Soddisfatto di quanto prodotto?

Moltissimo soddisfatto! Anzitutto perché io e gli altri ragazzi siamo finalmente riusciti a scrollarci di dosso l’apatia che aveva seguito l’abbandono di Stefano Marelli rimettendoci di buona lena a lavorare; Poi perché credo abbiamo imboccato una direzione abbastanza diversa da quanto fatto fin’ora, sia come Finisterre, sia rispetto ad altri nostri progetti. Ne è uscito fuori un disco un po’ spiazzante se vuoi ma pieno di idee e tanta voglia di esplorare paesaggi sonori per noi nuovi. Più che felice, ne sono quindi entusiasta. Mi sono occupato personalmente della produzione dell’abum sistemando in primis del materiale che avevamo cominciato a registrare già lo scorso anno e inserendo nuova musica composta per l’occasione. Alla fine credo di essere riuscito a conferire al cd un suono d’insieme quanto mai raffinato e lineare, senza appesantimenti di sorta. Essenziale ma molto d’effetto.

Nel “dietro le quinte” ci dicevi come la proposta ( e si sente!!) fosse molto lontana dalle rassicuranti musiche delle “stagioni” Hostsonaten o dall’old-prog à la Maschera Di Cera, e che fra gli obiettivi dell’album c’era quello di far “riflettere”, ”pensare”, ”fermarsi un attimo..”, che, in un mondo “vorticoso” come quello odierno, sanno quasi di sfida…

Non è chiaramente stata una scelta a tavolino ma una volta finito l’album mi sono reso conto di quanto questo suono potesse risultare, come dici tu, un po’ spiazzante per l’ascoltatore medio di Hostsonaten, Maschera Di Cera (MDC), e anche di alcune cose dei Finisterre. Il tutto non mi ha certo spaventato, anzi… Hostsoanten o MDC hanno chiaramente un suono che solletica di più i gusti del prog fan ma lo scopo di Rohmer è quello di muoversi in una direzione quanto più possibile autonoma e cercare una comunicazione più ampia e diversificata. Se poi qualcuno rimane spiazzato… meglio! I dischi dei Finisterre, specie gli ultimi due, hanno fatto questo effetto a vari ascoltatori e spesso c’è chi li ha amati o odiati. E questa è una cosa per me molto positiva perché ti aiuta a riflettere e a scavare a fondo il suono per capire se quello che viene proposto ti arriva o meno. Per quanto piacevole la musica dei Rohmer richiede forse un piccolo sforzo in più per essere compresa ed interiorizzata al meglio da parte di chi ascolta. Altri progetti probabilmente sono più diretti e forse ti portano a farti meno domande. Credo, in ogni caso, che in qualunque progetto io lavori la volontà di far scavare nel suono ed il non fermarsi ad un prodotto e ad un ascolto unicamente ‘passivo’ ci sia sempre; Anche nella più ‘commerciale’ MDC. I risconti da parte del popolo progressivo in questo senso, nelle poche recensioni fin’ora uscite, non sono molto positivi. La cosa però non ci disturba, stiamo cercando di aprire dei varchi verso altre direzioni, credo che nel disco di senta, e credo che nelle prossime settimane ci saranno n bel po’ di opinioni da leggere, anche e soprattutto ‘fuori dal giro’. L’unica cosa che mi sento di dire a chi trova il disco così ‘strano’ rispetto a quanto fatto coi Finisterre è che se ci si va riascoltare pezzi come "XXV", "Preludio", "Algos", "Wittgenstein mon amour 1.12" o "Rifrazioni" si capirà molto, rispetto alla ‘provenienza’ del suono Rohmer.

Come in altri tuoi progetti non nascondi/nascondete (penso a Finisterre, La Zona , Hostsonaten) il vostro amore per il cinema (Rohmer fra l’altro è un famoso regista), ma anche per la poesia (Keats, E.Dickinson) e nell’album c’è un brando dedicato ad un filosofo. Non credi che un approccio così “intellettuale” possa , a conti fatti, nuocere o pensi,al contrario, che possa avvicinare un pubblico più eterogeneo?

Non ci siamo mai posti il problema a dire il vero… abbiamo certi amori in campo letterario piuttosto che cinematografico o filosofico e ci è sempre piaciuto rendere omaggio (in maniera quanto più possibile leggera e senza orpelli intellettualistici) o lavorare sulle emozioni che tali amori ci hanno trasmesso nel tempo. Riguardo Eric Rohmer, il regista che ha dato il nome al gruppo, è un amore incondizionato, sopratutto da parte mia e di Boris, che dura da lungo tempo. Il cinema di Rohmer è semplice e lineare, non c’è un fotogramma fuori posto e racconta storie al limite della banalità. Ha però il gradissimo pregio di trasmettere con pochissimi mezzi tutto quello che c’è da trasmettere in una maniera alquanto emozionante e ricca, lasciandoti dentro una bellissima sensazione di profondo piacere e leggerezza… Esattamente la stessa cosa che ci siamo prefissi di realizzare con questo progetto. Chiaramente ci inchiniamo davanti al maestro e speriamo nel nostro piccolo di avere compreso un barlume delle sua arte, di essere in grado di trasporlo in note e di ritrasmetterlo al meglio a chi ascolta. Oltre a tutti ciò mi permetto di segnalare un sottile gioco di rimandi agli album dei Finisterre che forse non tutti hanno notato...

Le atmosfere che si respirano nell’album mi rimandano a paesaggi autunnali (magari è un caso la pubblicazione proprio in questa stagione). Una sottile malinconia mista ad inquietudine sembra quasi penetrare e circondare l’ascoltatore… Quanto di voi stessi c’è in tutto ciò?

Siamo personaggi un po’ ‘doubleface’; in compagnia siamo sempre in bilico tra la comicità più demenziale e lo sberleffo ma nel nostro intimo siamo tutti e quattro alquanto malinconici e riflessivi. Credo che questo si avverta nell’abum che, per quanto leggero e lineare, non lesina una grande parte di maliconia. Il fatto che sia uscito proprio ora non è voluto, in realtà era pronto già a luglio, ma si è preferito aspettare ottobre per pubblicarlo e secondo me è stata la scelta migliore perché rispecchia in pieno le sensazioni che la stagione corrente ci fa vivere.

Il lavoro di gruppo è di primaria importanza e lo si coglie appieno nell’album. Non posso fare a meno di notare però che la maggior parte delle composizioni sono a firma Boris Valle. Pur essendo da sempre membro portante di molti vostri suoni, da "La meccanica naturale" mi sembra che il suo modo “intimista” di suonare abbia avuto una maggiore influenza e “Rohmer” mi pare il risultato…

In realtà le cose a sono andate un po’al contrario di come da te descritto. Nel senso che i primi Finisterre - quelli dei primi due album - sono stati almeno al 70% una creatura di Boris. Se noti infatti molti pezzi di quei dischi sono firmati da lui (tra i quali "SYN", il capolavoro assoluto dei Finisterre, a mio avviso). Con "In ogni luogo" e con "La meccanica naturale" invece il suo contributo in fase compositiva è andato un po’ diminuendo a favore degli altri componenti del gruppo e specialmente ne "La meccanica…" sono poche le composizioni firmate unicamente Valle ("Rifrazioni" e "Incipit"). Per questo album ho invece chiesto espressamente a Boris di rimettersi al lavoro e di regalarmi/ci le splendide armonie che solo lui riesce tirare fuori. Dopo la prima stesura i suoi pezzi hanno però sempre bisogno di una bella limata e di tutto un lavoro di ‘strutturazione’, cosa realizzata in fase di produzione. Ho voluto la musica di Boris sopra alle altre (anche alle mie) perché sapevo che solo il suo tocco avrebbe potuto ricreare quell’atmosfera ‘nouvelle vague’ a cui aspiravamo e ho avuto ragione, credo. Molto importante è inoltre stato il contributo di Macor e di Di Tollo che nei loro bellissimi pezzi sono riusciti ad entrare al meglio in quello che doveva essere il messaggio sonoro dei Rohmer.

Se si può “prevedere” (poi magari ci sorprenderete comunque!) una direzione futura per Maschera Di Cera, Hostsonaten , al limite Aries, più arduo immaginare una ulteriore evoluzione del suono “Rohmer”. Non credi che si rischi la “rottura”, il punto di non ritorno?

L’avventura stimolante è proprio questa! Cercare di capire e lavorare su quello che potrebbe essere il futuro di questi suoni e vedere cosa ne esce fuori. Personalmente ho un bel po’ di ideuzze in testa che vorrei, sempre in veste di produttore del gruppo, applicare sulle eventuali nuove composizioni di Boris e degli altri. Staremo vedere a cosa questo porterà ma sono sicuro che il disco dei Rohmer è solo un punto di partenza, non di arrivo. Ho capito perfettamente cosa intendevi quando dicevi che questo disco rappresenta un po' un punto oltre il cui sembra difficile andare, anche io ho pensato ciò una volta ascoltato il prodotto finito. la cosa interessante però alla fine è proprio questa, arrivare ad un punto di rottura e cercare di andare oltre, spingersi verso l'indefinito, buttarsi senza paracadute e vedere che succede. in parole terrene per il futuro io vorrei prendere dei pezzi nuovi di Boris, miei o degli altri e per conto mio de-strutturarli, aggiungerci stranezze e cose varie ed eventuali fino a renderli altro. Pensa ad un pezzo tipico di Boris col suo pianoforte...segato, effettato, stirato e magari ritmicizzato, a volte sinfonicizzato... vorrei che la nostra musica partendo dalle basi gettate in questo disco si protendesse verso lo spazio vuoto… Per ora abbiamo un disco con un serie di pezzi piacevoli cullati dal pianoforte, poi un paio di tracce vocali e una lunga improvvisazione. per il nuovo disco vorrei che tutto questo fosse bene amalgamato, non più disgiunto, e che in ogni pezzo ci fosse la romanticheria del pianoforte e la profondità dell'improvvisazione, la voce ma anche lo strumento, e poi il ritmo.... il primo album è quindi è una traccia da cui partire per costruire il futuro.

"V (MODA REALE)" è l’unico brano con un cantato “tradizionale” su testi di Keats e con un ospite alla voce già presente nei primi due Hostsonaten ( correggimi eventualmente…qui vado a memoria). Reputi che gli strumentali siano più in armonia con la proposta che avevate in mente e da qui la scelta di limitare le parti cantate o si tratta di un caso?

Claudio Castellini, prima di collaborare ai due Hostsonaten è stato ospite su "In limine" dei Finisterre cantando un pezzo che si chiamava "XXV" su testo di… Keats… "Rohmer" nato come lavoro strumentale e solo verso la fine si è deciso di inserire alcune tracce di voce e il pezzo V. (tra l’altro unica mia composizione dell’album), questo perché volevamo un po’ distaccarci da quello che era il discorso de "La meccanica naturale", dove c’era grande spazio per il canto, e ritornare a certe atmosfere dove sono gli strumenti a dettare voce. Ciò però non vuole dire che in futuro non potranno esserci nuovi pezzi cantati… Diciamo che sicuramente non saremo mai un gruppo totalmente strumentale o totalmente vocale…dipenderà dalle canzoni e da quello che ci comunicano durante la loro scrittura. Inoltre, come avrai avuto modo di ascoltare in "Ecran magique" o "Lhz", spesso ci interessa un uso della voce che va al di là della canzone con regolare testo. Usare la voce come strumento ci ispira decisamente di più.

Superficialmente tante le analogie con “La Zona” invece…

Credo che tali similitudini siano presenti sopratutto nella suite finale "Elminini-enne" che è basata su un’improvvisazione e che ha al suo interno momenti sospesi e dilatati, come successe nell’unico album de La Zona. Per il resto direi che sono influenze che fanno parte del nostro essere e che sono venute fuori nostro malgrado, più che di una scelta consapevole. Inoltre Macor era anche tastierista ne laZona quindi molti dei suoi suoni caratteristici sono presenti in entrambi i lavori. Credo, al contrario, che nelle composizioni di Boris o nella mia "V" tali similitudini siano pressoché assenti.

Passiamo ad argomenti più soft. Tanti gli artisti con i quali hai collaborato. Ce n’è uno dei “grandi” con il quale ti piacerebbe lavorare?

Ce ne sono molti ma se ti dovessi fare un solo nome non avrei dubbi: Franco Battiato! Adoro incondizionatamente il suo lavoro, la sua mentalità, il suo messaggio, il suo essere musicista. Credo che poterebbe essere una collaborazione molto bella e stimolante, non solo per me, che indubbiamente ne trarrei istruzione, ma anche per lui. Penso infatti che la sua musica sia da qualche anno in una fase un po’ stagnante e credo, un po’ immodestamente ma con molta convinzione, che sarebbero molteplici i nuovi stimoli che musicisti come il sottoscritto (ma anche come i miei soci nei Rohmer) potrebbero instillare nella sua arte. Chissà...

Se permetti uno te lo suggerisco io: Edmondo Romano. Sempre come ospite e mai membro effettivo… Non posso dimenticare due grandi album suoi con Eris Pluvia e Ancient Veil…

Edmondo è un bravissimo musicista ma purtroppo da un po’ di anni non ama molto il genere prog ed è molto più orientato verso il jazz e la musica etnica (saranno infatti almeno 10 le formazioni in cui suona, altro che zuffantiprojects :-). D’altro canto è sempre molto felice, vista l’amicizia che ci lega da lunga data, di essere al mio servizio nei dischi, sopratutto nei lavori di Hostsonaten. Non ha però mai manifestato l’intenzione di entrare a far parte in pianta stabile di uno dei gruppi o progetti in cui io sono coinvolto. Rispetto la sua scelta e sincerità perché a volte penso sia meglio collaborare in studio una tantum d’amore e d’accordo che scornarsi all’interno di un gruppo.

Pochi giorni fa a Verviers come Aries…

Una gran bella esperienza! Il pubblico belga è stato come al solito fantastico e abbiamo approfittato dell’occasione, visto che al momento Aries non ha una serie di musicisti stabili al suo interno (a parte me e Simona Angioloni), per presentare un set acustico con gran parte del nostro album e la cover di "The garden of Jane Delawney" dei Trees. La formazione comprendeva il sottoscritto alla chitarra, Simona alla voce e, gradito ospite, Boris al piano. Una cosa un po’ strana e diversa dalle usuali mie scorribande in gruppo con batteria, tastieroni, etc…ma molto intensa. Il pubblico solitamente scalmanato dello Spirit of 66 è stato in religioso silenzio ad ascoltarci e ha tributato delle belle ovazioni tra un pezzo e l’altro. Già l’estate scorsa abbiamo realizzato con Aries dei concerti in acustico ed è stata un’esperienza molto bella che vorremo senz’altro portare avanti. Chiaramente pensando anche ad un nuovo album che speriamo di cominciare a lavorare quanto prima.

Dobbiamo chiudere…Cosa possiamo ancora spettarci da te?... Una band punk-rock ? :-)

"Mai dire mai" come dice spesso il mio amico Rutherford ma, punk band a parte, credo di avere raggiunto la giusta ‘rosa’ di progetti e sarà difficile che nuovi ne sorgano. Ora bisogna lavorare tanto sulle cose già esistenti e farle evolvere al meglio. Per il futuro c’è il nuovo MDC, l’autunno di Hostsonaten, Aries e il mio album solo che è lì parcheggiato da tempo in attesa di pubblicazione.

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