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BACIO DELLA MEDUSA (IL) Jessica Attene & Alberto Nucci
 

E' impossibile non emozionarsi neanche un po' ascoltando "Discesa Agl'Inferi d'un giovane amante", il secondo album de Il Bacio Della Medusa. Si tratta di un'opera che coniuga la magia del grande prog italiano d'annata alla potenza della poesia ed è sicuramente una delle opere più significative realizzate nel 2008. Simone Cecchini, cantante del gruppo, è un autentico poeta: la sua grande capacità è quella di donare vita ed emozioni ai suoi versi, e questi stessi sentimenti Simone li riesce a trasportare sul palco che sa dominare letteralmente con la sua personalità. Non potevamo che essere curiosi di intervistare questo personaggio e abbiamo deciso di incontrarlo di persona, visto che la band ha sede non lontano da Perugia e quindi a poca distanza dalla nostra redazione. Con nostra grande sorpresa scopriamo una persona tutt'altro che spavalda ma cordiale e disponibile con la quale è stato piacevole intrattenersi a lungo a parlare di musica, progetti e molto altro: benvenuti anche voi nel mondo del Bacio Della Medusa…

Come è nato il Bacio Della Medusa?

Il Bacio Della Medusa nasce nel Settembre del 2002, alla fine di una estate tormentata quando venni contattato da Federico (Caprai, il bassista n.d.r.), col quale avevo già collaborato in diversi gruppi. Federico mi disse che assieme a Diego (Petrini, il batterista n.d.r.) e ad un altro chitarrista voleva mettere su un gruppo di Rock Progressivo. Questo chitarrista poi se ne è andato ed è stato difficile trovare un sostituto; lo abbiamo fatto mettendo numerosi annunci su "cerco e trovo" e con diversi provini finché alla fine è arrivato Simone e così è nata l'amicizia. Nel frattempo Eva ha iniziato a suonare il flauto inserendosi in qualche pezzo, in primis "Lo scorticamento di Marsia". Daniele Rinchi, il violinista, si è unito al gruppo nel Dicembre del 2004 (prima avevamo un altro ragazzo) nell'occasione del concorso "Rock In Centro" che si è tenuto a Perugia. Nel giro di 4 giorni è salito sul palco con noi e all'inizio suonava solo in una canzone, "Il Vino", che ora non proponiamo più dal vivo.
Il Bacio nasce quindi da un nucleo di tre persone: all'inizio ci trovavamo per suonare in mezzo ad un bosco, dove Federico aveva una capanna, ed è lì che sono nate le prime idee che poi venivano portate avanti in un contesto più serio che poteva essere quello della sala prove. Man mano si sono aggiunti gli altri ed è venuto fuori un gruppo che all'inizio non osavo definire Progressive. Ho sempre detto che il primo album era Proto-Progressive perché l'intenzione c'era e c'era anche qualche spunto. Ma all'inizio ci siamo dovuti formare molto per riuscire a definire un suono ed una struttura che potessero definirsi Progressive. Per formarci abbiamo ascoltato parecchi vinili, scovandoli persino nei mercatini, come ad esempio Osanna e Raccomandata Con Ricevuta Di Ritorno, e abbiamo fatto un grande lavoro da questo punto di vista.

Quindi il raggiungimento del vostro sound non è stata una cosa casuale?

No, c'è stata una vera e propria ricerca, anche se poi le etichette sono sempre abbastanza restrittive. A proposito di etichette mi piace molto la parola "Art" collocata davanti al termine "Progressive Rock" perché quella parola secondo me lascia parecchio spazio verso chi si approccia nei nostri confronti ed il nostro intento non è quello di restare ancorati ad uno stile quanto quello di coinvolgere gente che naviga al di fuori di un mare che è ampio: il mare del Progressive.

Come siete arrivati a quel perfezionamento del secondo album? Si percepisce un bel salto fra i vostri due lavori.

Per quel che riguarda il primo album, il nostro obiettivo all'epoca era quello di mettere insieme un repertorio che fosse credibile sul palco. Dovevamo collezionare per questo un certo numero di canzoni che andassero a coprire una fascia oraria di un'ora per poterli proporre dal vivo. I suoni risultano essere meno curati perché inizialmente avevamo l’esigenza di stringere con i tempi e concretizzare quanto avevamo elaborato fino a quel momento. E' stato registrato nel Maggio-Giugno 2004 in uno studiolo a Castiglione Del Lago e lo abbiamo realizzato con una spesa contenuta, di circa 1.200 euro. Sicuramente il secondo album è più maturo, ed è frutto di una ricerca più accurata. Volevamo emulare i grandi concept del passato, cercando di non cadere nel banale. Alla fine ciò che ne è uscito è un disco molto più completo e maturo. Abbiamo puntato alla creazione di sonorità Seventies e abbiamo lavorato su una cosa molto importante per noi e cioè sul far sì che la musica non perdesse dopo l'inserimento dei testi. A volte capita di ascoltare un bel pezzo che però ci lascia delusi quando partono i testi. Il nostro obiettivo era proprio quello di valorizzare la musica e credo che ci siamo riusciti.
La voce l'ho registrata in una giornata sola, cori compresi. Mi piace che la voce sia naturale: alla fine si può scoprire che un pezzo è cantato meglio dell'altro o che da qualche parte ho usato una sfumatura diversa dal solito ma secondo me questo è il modo più naturale di lavorare. Abusare troppo delle tecnologie può essere deleterio e con le tecniche di "copia e incolla" si rischia di snaturare tutto il significato della canzone.

Le vostre canzoni sono nate a partire dai testi?

Il primo disco è partito più dai testi mentre il secondo, sembrerà strano, è partito dalla seconda canzone. Era una sera d'estate, eravamo in sala prove, avevamo un pianoforte nell'anti-sala e Diego inizia a suonare un pezzo, quello che sarebbe diventato "Confessione d'un amante"… Ho preso un foglio e la penna e ho scritto di getto. Ma io credo in questo: io scrivo le canzoni quando arriva l'ispirazione, poi magari posso stare anche un anno senza scrivere niente. La stesura basilare del secondo disco è avvenuta con questo schema, basandosi sul piano e la voce o sulla chitarra acustica e la voce. Gli arrangiamenti poi ci sono costati sangue. Abbiamo impiegato tre anni della nostra vita per completare l'album: un anno per la stesura, uno per gli arrangiamenti e un altro anno per la registrazione. Quello che abbiamo tirato fuori è quanto avete potuto ascoltare ed è scaturito come una cosa magica. Quando mi sono trovato ad ascoltare il disco tutto d'un fiato, dopo averlo registrato, è stato come assistere ad un film girato a scene che poi guardi dopo il montaggio. L'ho ascoltato una volta e non sono riuscito più a farlo per due anni interi, questo perché stavo male nel rivivere ricordi ed immagini che riaffioravano con l'ascolto.

Il concept si basa sul racconto Dantesco di Paolo e Francesca o c'è dell'altro?

Siamo partiti da quella canzone e nell'idea iniziale si può leggere la vicenda di Paolo e Francesca però il percorso è diverso per quel che riguarda la globalità del concept della "Discesa Agl'Inferi". Si tratta di una "discesa agli inferi" non in un inferno di stampo religioso o quantomeno cattolico, ma di una discesa negli inferi della propria interiorità, come una sorta di esame di coscienza che porta inevitabilmente a conoscere sé stessi. Spesso pensiamo che il male ci venga da fuori o cerchiamo di additare l'altro dandogli la colpa dei nostri problemi, invece la bestia ringhia non su di noi ma in noi, come recita il titolo di una canzone del concept, e la bestia è il male. L'uomo ha in sé una componente di bene e una componente di male e questo è quello che vorremmo trasmettere in questo viaggio all'interno della propria interiorità, alla ricerca di sé stessi. Ci si può vedere un viaggio religioso, un viaggio di stampo ermetico, qualcuno ci ha persino visto il percorso dell'adepto verso la realizzazione della "grande opera" ma ognuno può vederci il proprio significato. Il nostro concetto è questo e non è necessariamente di tipo Dantesco. Il giovane amante della storia alla fine dei conti è la stessa persona che ha scritto i testi. Vengono inglobate cose che riguardano la mia esistenza e cose inerenti l'essere collettivo, e il tutto secondo me è stato mixato bene. Nel momento in cui scrivo una canzone bisogna essere coscienti che per me ha un significato ma che per altre persone ne acquista molti altri. In pratica metto una base su cui far lavorare l'immaginario comune a cui ognuno trova il suo significato. Questa è la magia della musica.

Avete già scritto qualcosa per il nuovo disco?

Abbiamo qualche idea ma al momento è in fase di progettazione. Per il momento c'è l'idea di fare un concept sulle crociate, viste anche in un'ottica attuale. Le crociate non si facevano solo una volta ma tutt'oggi ce ne sono molte in corso che dovrebbero essere messe a tacere. Circa le sonorità non abbiamo ancora idee precise ma so che Diego vuole sperimentare soprattutto l'uso del Mellotron e credo che sia una scelta azzeccata perché è bello cambiare i suoni fra un disco e l'altro in maniera tale da rendere ogni album riconoscibile. Il terzo disco sarà una grande sfida perché dovrà reggere il confronto con la "Discesa Agl'Inferi" e dovrà essere per forza di cose migliore del precedente, altrimenti non avrebbe senso farlo. Sarà un'impresa molto difficile ma cercheremo di portarla a termine. Speriamo di trovare per questo qualcuno che appoggi la nostra causa e che ci permetta di lavorare, non dico a tempo pieno sul progetto, ma che ci dia almeno una mano. E' molto importante poter immergersi totalmente nel lavoro: secondo me è questo il modo in cui nascono i capolavori.

In generale trovo che i testi di oggi siano astratti e che tendano a banalizzare tutto, rendendo i concetti molto spicci, mentre negli anni Settanta c'erano più immagini, metafore e messaggi. La tua scelta è quella di recuperare un linguaggio letterario e colto, perché questo?

Una cosa di cui vado orgoglioso è quella di essere riuscito a dire in una canzone la parola "ti amo" senza renderla banale e mi sono reso conto di aver fatto una cosa non facile. Scrivere d'amore non è facile di questi tempi e al giorno d'oggi l'espressione "ti amo" è diventata banale. Probabilmente un tempo era più facile perché la donna veniva scoperta in una maniera diversa da come avviene oggi. In passato c'erano tempi diversi e ci si abbandonava più facilmente al romanticismo e la parola amore veniva dal corpo e dalle viscere.
Per quanto riguarda i miei ascolti sono sempre stati legati agli anni Settanta, soprattutto al mondo cantautoriale. Ho avuto fin da piccolo lo stimolo ad ascoltare un certo tipo di musica e la musica resta tutt'ora quella. Per questo mi è difficile accettare la semplicità dei testi. Fabrizio De Andrè è sempre stato un maestro per me e lo considero un poeta più che un musicista. Apprezzo anche Branduardi Poi c’è il grande Mogol, ma non solo, Tenco, Gaber, Gaetano etc. Tra i componenti del Bacio Della Medusa è apprezzatissimo Finardi che oltre ad essere un grande artista è anche una gran persona. Sicuramente l'esempio dei cantautori mi ha sempre spinto a curare particolarmente i testi. In secondo luogo fin da piccolo, un po' per diletto, un po' per indole, ho sempre scritto poesie. La poesia è una di quelle vie che si usano per addolcire la vita.

Hai avuto sempre l'abitudine di musicare le tue poesie?

Le poesie nascono accompagnate dalla musica. Per esempio le poesie della letteratura latina erano accompagnate dalla lira. Per quel che mi riguarda ho sempre avuto l'esigenza di esprimermi accompagnato dalla chitarra. E' una cosa quasi consolatoria tirare fuori una poesia ed accompagnarla con la musica. Per me è come un abbraccio materno nei momenti più duri. La musica la vedo come un bel bastone a cui appoggiarsi nei momenti più difficili e che ti aiuta ad andare avanti. C'è chi la vede come un momento di felicità ma a me viene fuori nei momenti di malinconia. Infatti ritengo la canzone "Melencolia" una sorta di inno per questo motivo. Posso dire molto tranquillamente che è una canzone molto autobiografica… a parte qualche particolare, come "la lama del pugnale": una coltellata ancora non me l'ha data nessuno… speriamo di non prenderle in futuro!

Come è nato in contatto con la Black Widow?

E' nato da una mail che inviai col link al nostro sito nella quale richiedevo attenzione nei nostri confronti, presentando il gruppo come la band che aveva realizzato un disco autoprodotto, che è il nostro primo album. Subito dopo due giorni rispose Massimo in persona e per questo ebbi grande emozione perché non mi aspettavo una risposta così immediata. Ricordo che quando ascoltarono il nostro primo album Massimo, Pino e Alberto ne rimasero subito entusiasti. Sono stato contentissimo ed è nata questa collaborazione che ha portato alla pubblicazione del secondo album.
La Black Widow ha inoltre organizzato il bellissimo concerto che si è tenuto il 23 Gennaio al teatro della Gioventù di Genova. E' stata per noi del Bacio Della Medusa una grande opportunità per poter mostrare le nostre capacità di intrattenimento sul palco. Molti degli spettatori infatti ci conoscevano solo attraverso i nostri due dischi e così hanno potuto assaporare il nostro spettacolo dal vivo.
In più è stato un onore dividere il palco con Il Tempio Delle Clessidre che oltre ad avere nuove promesse del panorama prog nella sua line up, ha come leader Lupo Galifi, storico cantante del Museo Rosenbach. Il nostro concerto verrà pubblicato prossimamente sia in DVD che su LP… forse il titolo del lavoro sarà "Made in Genoa". La scaletta del concerto comprende pezzi del primo disco come "Requiem per i Condannati a morte", "Orientoccidente", una lunga parentesi dedicata a "La Discesa agl’Inferi", "Cantico del Poeta Errante", "De Luxuria et De Ludo Et De Taverna". Saranno pubblicati anche due inediti tra i quali spicca la cover “In Ancient Days” dei Black Widow, tributo nei confronti della celebre band, ma anche omaggio alla label Genovese.

Nelle occasioni che avete avuto di suonare dal vivo il pubblico che reazione ha avuto?

La gente rimane contenta. Non è la solita esibizione. Interagiamo col pubblico anche in maniera simpatica. La gente che ci ascolta poi alla fine del concerto compra anche il disco, magari non la sera stessa ma ci ricontatta in seguito e lo acquista via internet.
Quello che ho notato è che al di là del pubblico esperto e acculturato, per quel che riguarda il progressive e la musica di un certo spessore, riusciamo a colpire anche le persone che non solo non ascoltano progressive ma che non ascoltano neanche rock e che la sera magari vanno in discoteca. Questo impatto scenico, questo circo che noi proponiamo, riesce a colpirli se non altro a livello visivo.

Come mai ti trucchi?

Non c'è stato un motivo particolare. Ricordo che in occasione del nostro primo concerto ho visto che Eva si stava truccando e mi sono fatto mettere la matita sugli occhi. Secondo me il trucco serve ad esaltare l'espressione del viso, è come cambiare pelle, trasformarsi, dà l'immagine da maschera; ognuno di noi ha il suo personaggio sul palco, io per esempio ho quel mantello rosso. Secondo me è bello differenziarsi rispetto a quello che siamo nella vita di tutti i giorni: quando sali sul palco in fin dei conti sei un'altra persona. Nella vita di tutti i giorni sono timido e tranquillo ma quando salgo quei tre scalini sono un alter ego. La musica mi ha aiutato a tirare fuori quella voce che avevo dentro, quel grido che doveva uscire fuori ed il palco secondo me è il posto migliore per poter fare questo.

Come vedi la situazione attuale per la musica Prog in Italia?

Se una persona ha la possibilità di dire qualcosa di diverso da quello che ascolti in radio che è un pattume generale che la massa accoglie perché non si fa problemi, non viene aiutato. Come il bizantinismo che è l'arte ridotta ai minimi termini, così la musica contemporanea è ridotta ai minimi termini. Non si apprezza neanche uno che suona un pezzo lungo senza interruzione: la gente pensa che è una rottura, detto in maniera nuda e cruda.
Bisognerebbe fare in modo di puntare più su realtà di gruppi giovani come noi. Io vedo nel mio piccolo, in base alla mia relativamente poca esperienza, che nell'ambito del progressive si dà molto spazio a gente un po' attempata e ai giovani magari gli si danno le briciole. Secondo me bisogna puntare sui giovani: fra 40 anni, quando i grandi del prog non ci saranno più, che succederà? Secondo me la stagione dal 68 al 76 è irripetibile, qualsiasi disco uscito in quegli anni è eccezionale ma bisognerebbe dare ai giovani la possibilità di esprimersi, perché se uno ti taglia le ali non voli più. Se si mettono le persone in una condizione - non dico di poter vivere con la musica - ma di rientrare almeno delle spese… sarebbe sempre meglio che rimetterci sempre!
Se non ti viene dato niente non puoi fare più niente. La mia non era un'invettiva, siamo in queste condizioni perché è il business: viene premiato di più chi la musica la fa a tavolino per piacere ad un determinato target di pubblico. L'industria discografica è un'industria a cui serve materia prima da plasmare. Noi non siamo materia prima ma un prodotto finito. E' difficile andare avanti in questo modo. In Italia non ci sono neanche i locali per suonare.

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