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APHELION Peppe di Spirito
 

I giovani Aphelion da Treviso hanno recentemente fatto parlare di sé grazie all’album “Franticode”, lanciato dalla Lizard e che li vede nelle vesti di pirotecnici esecutori di una “heavy-prog-fusion” ad alto tasso adrenalinico. Il lavoro estremamente professionale svolto e il mixaggio ad opera di un nome abbastanza altisonante quale Derek Sherinian hanno meritato qualche piccolo approfondimento, dopo la recensione già pubblicata sulle nostre pagine. Vi presentiamo, così, il resoconto dell’intervista realizzata con la band.


Ci ricapitolate un po' la vostra storia?

Gli Aphelion si formarono alla fine del 2004 con una line-up differente rispetto a quella del disco d'esordio e nel gennaio 2005 registrammo un demo di due brani: “Demonstructive” che riscosse molto successo e attirò su di sé e sulla band le attenzioni della stampa specializzata, sia nazionale che estera. Qualche breve apparizione live come partecipanti a concorsi per gruppi emergenti riempiva l'ego in quei mesi di stallo. Dal momento che la vena compositiva non mancava di certo e l'alchimia del gruppo si stava materializzando attorno ad un sound piuttosto originale e maturo, iniziammo la ricerca di una label o di qualcuno che potesse aiutarci nella produzione esecutiva di quello che nelle intenzioni sarebbe dovuto essere il disco di esordio.
Trovammo quanto cercavamo nella Lizard Records: dopo due anni spesi lavorando alacremente nella stesura e nella costante prova e riprova dei brani, e dopo aver assoldato nientemeno che Derek Sherinian al mixaggio, registrammo nel dicembre 2008 il nostro album “Franticode” presso il Majestic Studio di Scorzè (Venezia) sotto la guida di Marino De Angeli, uno dei migliori tecnici del suono e produttori artistici in circolazione. La grafica curata dallo svedese Mattias Noren completava il tutto. Attualmente il disco è in fase promozionale, così come la band che attraversa un periodo di stand-by in attesa dell'opportunità di poter dimostrare su palco quanto presentato su disco.

Com'è avvenuto l'incontro con la Lizard?

Tra le decine e decine di copie del demo spedite in Italia e nel mondo, una finì tra le mani di Nicola Piavato e Loris Furlan (a cui si aggiunse successivamente Andrea Bennato), che si dissero interessati ad una collaborazione con la band per realizzare quello che sarebbe poi diventato “Franticode”. I gusti e le attitudini della band e della produzione viaggiavano praticamente sulla stessa lunghezza d'onda, quindi, dopo vari incontri, accordi e valutazione di varie preproduzioni, firmammo per la Lizard nel 2008.

E come siete entrati in contatto con Sherinian?

Derek, dapprima una figura ispiratrice, entrò nella “vita” della band dopo i primi contatti in cui ci comunicava il suo apprezzamento per il demo del 2005 e ci informava della sua attività di studio session man dal punto di vista della produzione artistica. Allorché, d'accordo con Lizard, decidemmo di affidargli il mixaggio dell'album.

Cosa avete provato a lavorare con un nome così noto e come è stato il rapporto durante la lavorazione del cd?

Lavorare con Derek è stato soprattutto un rendersi conto di come le cose fatte con passione e sacrificio paghino. Fin dall'inizio il suo modo di fare, di rapportarsi di organizzarsi è apparso sempre entusiasmante e dedito alla realizzazione di qualcosa di grande, di unico, di nostro. Una mentalità vincente, divertente, e al contempo estremamente performante e creativa, fortemente americana. Lui è un grandissimo valore aggiunto a ciò che noi avevamo concepito e concretizzato nei due anni precedenti e il suo lavoro di mix effettuato nel suo studio di Burbank - Los Angeles è stato la quadratura del cerchio. E' stato in grado di integrare e mediare le sue idee e la sua concezione di come il disco sarebbe dovuto suonare con le nostre richieste. Quando vi è la volontà di fare le cose in grande e le idee sono chiare da ambo le parti non puoi sbagliare.

Come sono nati i brani presenti in "Franticode" e come è stato il processo di composizione?

I brani di “Franticode” presentano una gestazione piuttosto lunga, nascono dall'istintività quanto dal ragionamento, dal lavoro personale del singolo integrato progressivamente dalla band, ma anche da “epifanie” collettive nate durante il mero suonare insieme estemporaneo. Il lavoro di arrangiamento è stato, invece, maniacale e chirurgico sia a livello armonico che ritmico e melodico, così come la scelta dei suoni, che deve molto alla professionalità e passione di De Angeli. “Franticode” è una sorta di “istinto razionalizzato”, se così si può dire.

Avete puntato su una proposta che unisce insieme elementi di progressive, di metal e di fusion. Come mai questa scelta? Pensate che ci sia un "target" preciso a cui possa interessare un album come "Franticode"?

Appunto per quanto appena detto, non pensiamo possa esserci un target definitivo e definito per Franticode e per gli Aphelion stessi. Si può dire che il disco suoni tecnico, avvolgente,complesso, “denso”, ma non lo relegherei all'interno di un contesto preciso. Di sicuro è strumentale… di sicuro ha forti elementi progressive ma che esulano dal concetto di massa del termine “progressive”. La componente fusion è adattata al contesto, così come non si riscontrano, a nostro parere, abbastanza elementi da poterlo definire metal (i suoni distorti da soli non bastano a dare questa etichetta). Il fatto è che alla fine i termini come “progressive”, ”fusion”, “rock”, “metal” non significano granché... Ci deve essere sempre un marchio di fabbrica in ciò che un artista scrive e suona…
Noi potremmo benissimo scrivere e suonare un brano che stilisticamente potrebbe “odorare”, per esempio, di new-funk ma alla fine ci sarebbe quella componente personale che non darebbe giustizia alla definizione ma che renderebbe il tutto più interessante... A onor del vero, uno che compra il disco deve sapere a cosa va incontro, almeno a livello nominale, a grandi linee, quindi non troveremmo sbagliato chiamare “Franticode” un disco di prog-fusion strumentale, con tutte le incognite del caso naturalmente...

Tra l'altro per puntare su questo filone serve anche una certa preparazione tecnica. Qual è il "rapporto" con gli strumenti che suonate e qual è stato il vostro percorso di conoscenza e apprendimento degli stessi?

La tecnica è ciò che ti permette di realizzare le tue idee. Così come la conoscenza teorica è un espediente per arrivare più in fretta a soluzioni e un ausilio a chiarire le idee nell'impeto compositivo o di performance. La vera abilità è donare musicalità alle proprie idee, gli strumenti sono – appunto – strumenti per esprimerti, sono un mezzo tra te stesso e quelle vibrazioni dell'aria che chiamiamo prima suoni e poi musica.
Non reputo “Franticode” un disco esageratamente ostico dal punto di vista del singolo strumento, per nessuno dei quattro componenti della band... il difficile è stato farselo venire in mente e concretizzarlo a livello di gruppo, cercando sempre un groove, un fraseggio, un'emozione particolare, adatta e funzionale a tutto l'ensemble. Certo, tutti hanno i loro studi alle spalle e c'è chi continua ancora adesso in questo senso, ma sia chiaro che studiare è una cosa, suonare è un'altra. La prima aiuta la seconda indiscutibilmente ma non è una condizione sine qua non. Se non hai cuore, idee e spirito di sacrificio tante ore di scale, arpeggi, licks e fills ritmici non ti serviranno... se non ad impressionare tua nonna o la bella del quartiere... Così come suggestionarsi tra i fumi dell' alcool o altro in evocazione di chissà quale demone ispiratore non porterà a nulla di buono se non hai speso parte della tua pratica ad imparare ad andare a tempo.

Domanda inevitabile: obiettivi futuri?

La band ha sempre cercato artisticamente e non solo, di avere una forte vitalità, e personalità e un profondo senso del sacrificio volto ad una realizzazione progressiva nel tempo delle proprie aspirazioni. Ma paradossalmente, ora come ora, ci troviamo fermi o per meglio dire immobilizzati, nelle nostre intenzioni e nei nostri progetti, dalla mancanza di opportunità, di stimoli, di occasioni per poter progredire sul nostro cammino.
Sarebbe logico aspettarsi, dopo un disco dalla distribuzione internazionale, un minimo di riscontro nel campo delle esibizioni live perlomeno su suolo italiano. Ma tutto questo manca, ed è un enorme vuoto ed una grande frustrazione in quanto tutti gli sforzi mentali attitudinali ed economici per creare e materializzare quello che è l'oggetto di questa intervista, restano all'oggi parzialmente non ripagati. Noi siamo musicisti. All'infuori di ogni altro contesto per noi la musica è suonare, cioè l'esecuzione e la presenza fisica che portano alla materializzazione dell'espressione interiore attraverso gli strumenti e il suono e la musica che ne deriva. Non abbiamo - avuto in 8 mesi dall'uscita del disco - l'opportunità di presentare il nostro disco ad un pubblico in carne ed ossa. E questo è grave. Perchè è mutilante per l'ego, nel senso che – parlando per assurdo - chiunque potrebbe aver suonato o scritto i brani del disco al posto nostro… e come faccio, io musicista, a dimostrare il contrario se non ne ho la possibilità? Quindi, all'oggi, parlare di obiettivi per gli Aphelion è relativo, in quanto non è più dipendente dalla volontà della band, per quanto ferrea questa possa essere.

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