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H2O Giovanni Carta
 

Se non sbaglio gli H2O celano dietro di sé una lunga e travagliata storia, perché non ci raccontate in breve le vostre vicissitudini? Se non sbaglio vi siete formati sul finire degli anni '70, insomma un periodo piuttosto caldo per la musica!

Beh! Sai, raccontarti in breve un quarto di secolo è quasi impossibile. Nasciamo nel 76, percorrendo l'inizio della fine del Prog (intendiamo quello storico), questo ha indubbiamente condizionato i primi anni del nostro sodalizio, impedendoci di trovare concreti sbocchi doscografici. Ci potevamo scoraggiare?? Ebbene no! Ci siamo, praticamente da subito, tuffati in un'intensa attività Live e compositiva che ci ha portato alla creazione di gran parte musiche che solo ora compaiono sui nostri cd. Dopo qualche anno e qualche aggiustamento alla formazione, (è dell' 85 l'inizio della collaborazione di Lino Prencipe alla batteria, solo per citartene una), l'incontro, assolutamente fortuito, con Raoul Caprio e con Kaliphonia ha nuovamente dato impulso e slancio alla nostra creatività, consentendoci di mettere (finalmente) nero su bianco un ventennio di produzione musicale.

Raccontateci un pò come si è sviluppato il vostro ultimo lavoro, Due... immagino che abbia richiesto un grande sforzo compositivo e produttivo visto l'ottimo risultato, in genere come lavorate in studio?

L'operazione di archeologia musicale iniziata con 1.6 continua con Due, filtrando antiche suggestioni con la nostra personale crescita artistica e sfruttando tecnologie un tempo nemmeno immaginabili. Il lavoro di produzione si articola in momenti ben distinti: su un primo canovaccio sonoro, solitamente piano acustico e chitarre, registrato in sala prove inizia un lavoro di stratificazione sonora contrappuntistica, che dopo qualche mese (quando va bene!!) porta alla produzione di un master, anch'esso realizzato nella nostra sala prove, avvalendoci dello studio digitale mobile di Lorenzo Cazzaniga, il nostro Signore dei bottoni (ah! La tecnologia!).

Due in parte sembra voler distaccarsi dal vostro esordio grazie ad alcuni elementi, primo fra tutti l'inserimento della lingua inglese nelle parti vocali. Come mai questa scelta?

Ti sveliamo un piccolo segreto, in realtà è stato 1.6 a distaccarsi dalla nostra tradizione lirica, infatti da sempre i nostri testi sono stati scritti e proposti in inglese, non per manie esterofile, ma per un maggior adattabilità della lingua inglese alle metriche proprie del Prog. e all'idea che noi abbiamo del canto: non protagonista, ma affondato in trame melodiche parallele. Per chiarezza, non sono mai gli spazi metrici delle parole a determinare la melodia ma viceversa.

Forse è una mia impressione ma nel vostro ultimo disco la componente sinfonica, già ben in evidenza in 1.6, ha preso decisamente il sopravvento? Intendo dire, il ruolo di chitarrista sembra piuttosto avere un ruolo di rifinitura sulle orchestrazioni delle tastiere...

Compositivamente parlando, noi non abbiamo mai amato particolarmente l'idea del solo, preferendo affidare i vari canti a contrapposizioni di frasi fra il synth e le chitarre, in una costruzione armonica a nostro avviso più completa.

Questa volta vi siete presentati al pubblico attraverso un'immagine di copertina più penetrante seppur minimale rispetto al passato: immagino che le forbici ed i diversi attrezzi di sartoria abbiano un significato ben preciso!

Stufi di draghi, elfi e gnomi svolazzanti, abbiamo da subito cercato strade diverse affidando lo sviluppo delle immagini che devono accompagnare l'ascolto a uno studio grafico che ha saputo, a nostro avviso, cogliere le suggestioni della nostra musica, tentando di uscire dagli archetipi progghiani,assolutamente meritori ma inevitabilmente datati.

A proposito di significati, anche sul piano delle liriche ho notato grossi miglioramenti, in particolar modo mi sembrano maggiormente concrete ed incisive. Perchè non ci descrivi le diverse tematiche che ruotano attorno a Due?

L'evoluzione da te individuata delle immagini di copertina, ha seguito il percorso tracciato dalle liriche che in questo lavoro, che come hai ottimamente notato, abbracciano temi meno esoterici...in due parole, 1.6 è il percorso di un'anima, Due è il percorso di un Corpo. Il primo minuto del testo di Prometeus breath prosegue dallo stesso punto conclusivo del Cimitero degli elefanti. L'apparente quiete raggiunta al culmine di 1.6 viene turbata dal bisogno di Sudore sull'anima e di una necessità di interazione con altre entità fisiche, che l'oasi contemplativa del Cimitero non considerava. Come avrai intuito la complessità delle tematiche, non si può esaurire in poche righe, se sei interessato siamo a tua disposizione per il dettaglio.

Ed ecco la classica domanda: qual'è, se dovessi sceglierne uno, il tuo modello di chitarrista? Già che ci siamo, parlaci un pò delle tue influenze come musicista.

Se proprio mi puntassero una pistola alla tempia ti direi (ovviamente) Steve Hackett, ma preciso, solo quello degli esordi, ma è chiaro che dopo svariati lustri di attività e di ascolti, il Book-mark dei preferitie la cartella clinica alla voce influenze sono lunghissimi: da Wess Montgomery a Gary Moore, passando per Petrucci e perchè no, Dody Battaglia e così via, ogni brivido d'ascolto ha lasciato un solco sul mio disco ideale anche se, nella pratica, mi ritengo sempre schiavo delle dinamiche del brano, più che di un modello.

Per quanto riguarda i concerti come vanno le cose? Immagino che con il tempo vi siate creati un minimo di sèguito... state già effettuando delle date live oppure vi state apprestando ad organizzarle?

Troppo materiale accumulato negli anni esige uno sviluppo adeguato, per ora ci interessa più il lavoro in studio che il live, anche se qualche progettino c'è e... in fase piuttosto avanzata.

Personalmente ho l'impressione che la scena italiana, non solo quella puramente progressiva, stia attraversando un periodo di stasi. Come la vedono gli H2O, ci sarà un futuro per tutti noi oppure saremo costretti a piegarci definitivamente alle grandi multinazionali od alle major di turno? :-P

...Chi è causa del suo mal pianga se stesso!! La musica buona c'è e ce n'è molta, ma come ogni grande Amore va desiderato, ricercato, protetto, considerato...se la gente compra i Gazosa... beh! peggio per loro, le major non aspettano altro, per fortuna non ci possono obbligare ad amare quello che non vogliamo.

Per concludere, dovremo ancora attendere quattro anni per ascoltare il vostro terzo disco? Spero proprio di no, sarebbe bello visto i risultati ottenuti ascoltare in breve una vostra nuova opera!

Ti ringraziamo per i complimenti ma ti assicuriamo che noi per primi vorremmo avere dei tempi di produzione meno lunghi ma, alla nostra età si ha meno fretta e in più si diventa un po' maniacali nella cura dei particolari, preferendo rimandare l'uscita di un lavoro quasi pronto (tipo il prossimo) fino al momento in cui, esausti ma, (più o meno) completamente soddisfatti, non riusciamo ad intravedere ulteriori possibilità di miglioramento.

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