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COSCIENZA DI ZENO Roberto Vanali
 

E’ un’afosa giornata di agosto quella che mi vede sul treno per Genova per l’incontro con “La Coscienza di Zeno”. La band ha da poco esordito con la Mellow Records di Sanremo, che ha prodotto il disco semplicemente intitolato con il nome della band. Conoscendo personalmente il bassista Gabriele Guidi Colombi, ho concordato con buona facilità un’intervista e quindi, mentre il treno attraversa questo tratto di riviera ligure, rigorosamente da non percorrere ad agosto in macchina, mi ripasso le domande, mentre nelle cuffie del lettore scorrono i brani del disco.
Decidiamo di vederci nella loro saletta prove, questo perché ritengo estremamente utile vedere il luogo dove i brani vengono concepiti e sviluppati e qui trovo lo stesso Gabriele Guidi Colombi e il batterista della band Andrea Orlando.
Ci mettiamo più o meno comodi e grondanti sugli sgabelli e iniziamo a chiacchierare:


Avete scelto un nome decisamente importante, come è stato scelto?

A.O. Come in tutti i gruppi, dopo qualche prova, è arrivato il momento di decidere il nome del gruppo e tra le varie scelte possibili alla fine abbiamo scelto il titolo del libro di Svevo. “La Coscienza di Zeno” ci è piaciuto subito perché le tematiche trattate dall’opera erano affini agli argomenti che avremmo voluto sviluppare con i nostri testi. La volontà della formazione era quella di trovare un titolo che richiamasse il turbamento interiore dei nostri personaggi ed evocasse la ricerca dell’identità tipico della società post-industriale e... quale libro della letteratura italiana poteva essere maggiormente vicino a questi temi? La Coscienza di Zeno! Detto, fatto.

Per certi versi la band nasce dalle ceneri degli “Hidebehind”, ma l’organico era diverso, come siete è arrivati al cambiamento e alla stabilizzazione della formazione, che vede anche membri provenienti da collaborazioni molto diversificate?

G.G.C. Effettivamente gli Hidebehind sono stati il nucleo dal quale sono nati prima il Tempio delle Clessidre e successivamente La Coscienza di Zeno.
Diciamo che la Coscienza di Zeno è nata ricercando sonorità più moderne alla Porcupine Tree ma poi con l’inserimento nell’organico di Stefano (Agnini n.d.a.), tastierista di fede “analogica, il “modus operandi” del gruppo è radicalmente mutato. Successivamente sono entrati nella formazione Davide Serpico e Andrea Lotti. “Costoro” rappresentano la parte giovane del gruppo; poco più che ventenni, conoscono poco il mondo del progressive il che aiuta CdZ a non incanalarsi nel pericoloso manierismo che tanto affligge la nostra adorata musica.

Della prima formazione avete mantenuto un brano che partecipò al progetto “Progbattles”, ma ha cambiato titolo e arrangiamento, come mai questa scelta?

G.G.C. Quella versione era davvero troppo immatura ed improvvisata, registrata di corsa. Il titolo invece è stato variato in funzione del testo che parla delle conseguenze che potrebbe causare la scoperta, o ritrovamento, del leggendario Cronovisore. “l’uomo diventerebbe folle...” non è una frase detta a caso (ride, simulando la follia … n.d.a.)

Il lavoro uscito per la Mellow ha avuto quindi un viaggio lungo e difficile, ci volete raccontare il percorso, il contatto con Mauro Moroni, le scelte stilistiche e quanto di interessante nasconda l’opera, anche per l’aspetto grafico?

G.G.C. Beh, sì. Diciamo che il nostro è stato davvero un percorso lungo e travagliato … Almeno due anni buoni sono serviti per arrivare alla formazione attuale, abbiamo provato con una marea di chitarristi e tastieristi.
In pratica tutto per un bel po’ di tempo ha girato intorno al nucleo originale costituito da me, Alessio (Calandriello n.d.a.) e il qui presente Andrea. Successivamente si sono inseriti gli altri membri. Dapprima Stefano (Agnini n.d.a.), grazie alla mia collaborazione con il suo gruppo di synth-pop “Vico dell’Amor Perfetto”. Davide invece l’ho conosciuto durante una festa: arpeggiava “Horizons” (ovviamente parliamo del brano dei Genesis contenuto in Foxtrot. n.d.a.) qualche giorno dopo l’ho chiamato, mentre Andrea Lotti lo ha inserito Alessio, con il quale collaborava in un gruppo di power metal (scrolla le spalle e la testa, simulando un lungo brivido e sorride. n.d.a.). Comunque alla fine, dopo tutti questi rigiri, un gruppo “decente” siamo riusciti a metterlo in piedi.
Il contatto con Mauro Moroni a dire il vero era una “specie di promessa”: fu lui a produrre, nel lontanissimo 1998, il disco dei Trama (altra band genovese new prog oriented, con Guidi Colombi e Luca Scherani. n.d.a.) e di conseguenza ho sempre tenuto un contatto con la Mellow Records. Con CdZ, non appena il disco è terminato, è bastata una mail a Mauro ed ecco che il problema della produzione si è risolto come d’incanto.
Comunque tutto il disco ha un filo conduttore: la controversa lotta dell’uomo contro se stesso o meglio ancora forse l’uomo che ricerca qualcosa al proprio interno.
Partendo da questo presupposto abbiamo cercato una musica più evocativa possibile: il discorso che abbiamo voluto affrontare, e che probabilmente affronteremo in futuro, non è affatto semplice. Sicuramente il rock progressive, grazie alla sua concezione “leggermente contorta”, aiuta molto a descrivere i moti interiori di un essere umano… alla fine.

A.O. Effettivamente non posso dire che sia stato facile arrivare a una formazione stabile, anzi..., ma a un certo momento, direi dopo un anno, un anno e mezzo, ci siamo resi conto che si stava stabilendo l’equilibrio giusto. Probabilmente se avesse prevalso un’unica personalità il disco sarebbe stato molto diverso. Invece soprattutto i ragazzi, io li chiamo affettuosamente così... (intende Davide Serpico e Andrea Lotti. n.d.a.) ci hanno aiutato ad adottare una prospettiva diversa negli arrangiamenti, è questo è stato assolutamente salutare!
Per quanto riguarda il libretto siamo rimasti colpiti dall’opera di Dario Milana, che ci ha fatto conoscere Francesca, la curatrice della grafica e che è diventata la nostra copertina. Lo stesso per le altre immagini presenti nel libretto, vorremmo che l’osservatore le interpretasse secondo la propria sensibilità, anche se credo che non sia difficile trovare delle relazioni con le storie raccontate nel CD.

Tutti i testi, peraltro molto belli e curati, sono scritti da Agnini, che ha curato anche buona parte della composizione musicale. Ora mi risulta che collabori alla band come “membro esterno”, quali sono i motivi della scelta?

G.G.C. Stefano è stato ed è fondamentale per la CdZ; tuttavia dopo aver registrato il disco le nostre strade si sono divise. Stefano ha preferito concentrarsi maggiormente sul suo gruppo, il Vico dell’Amor Perfetto, comunque malgrado la sua “dipartita”, siamo rimasti in contatto e continuerà a scrivere i testi e probabilmente comporrà anche un brano del secondo disco della CdZ. In pratica rimarrà una sorta di Pete Sinfield “de noialtri” (sorride, di questa battuta. n.d.a.).

A.O. Stefano ha un talento indiscutibile. Quando ci ritroviamo a parlare ha sempre idee interessanti e non banali, non solo riguardo alla musica. Come ha detto Gabriele riuscire a dividersi tra due gruppi non è facile, così per il futuro siamo orientati a continuare a lavorare insieme ma senza che il gruppo diventi un impegno troppo gravoso per lui.

Un punto decisamente a favore della band è il cantante. Trovo persino anomalo che le sue notevolissime doti vocali siano utilizzate in un genere che, purtroppo, non dà più ne visibilità, né (tantomeno) ritorno economico. Mi pare tra l’altro che la sua formazione stilistica sia diversa dal prog e che quindi si possa parlare di un “prestito” o di un adattamento. Cosa mi dite di questo?

G.G.C.Sicuramente ad Alessio non dovrai mai dire che il progressive non procura visibilità, che non ha alcuno ritorno economico e che soprattutto non aiuta a conquistare il sesso femminile. Lo dovesse scoprire CdZ rimarrebbe senza cantante in cinque minuti!!! A parte gli scherzi effettivamente riuscire a schierare nel gruppo un cantante simile che canta progressive non è fortuna da poco; sicuramente la sua formazione stilistica non è propriamente “prog” e gli acuti ne “Il fattore precipitante” lo dimostrano. Comunque più che “prestito” si tratta di adattamento: nel corso degli anni Alessio, che ai tempi degli Hidebehind conosceva poco il progressive, è maturato ed ha sviluppato sempre di più un lato interpretativo consono al genere. Alla fine gli acuti “à la Gillan” scappano sempre, soprattutto nei live, ma oramai credo si possa considerare un cantate “prog” nella pura accezione del termine.

Bene, hai citato “Il Fattore precipitante” e questo mi da modo di porre una nuova domanda: in quel brano la sua escursione vocale è davvero invidiabile, arriva a note altissime dimostrando una notevole capacità di passaggio dalla voce di petto al falsetto, è tutto naturale o ci sono anche studi specifici?

G.G.C. Alessio prima di tutto possiede un dono naturale ma il suo livello tecnico è ovviamente dato da anni di studio. Diciamo che ne “Il Fattore Precipitante” lo abbiamo lasciato libero di esprimersi: trattandosi di un brano fondamentalmente rock con qualche balzo nell’hard, Alessio era nel suo ambiente ideale e credo l’abbia dimostrato.

Come nascono dal punto di vista musicale i vostri brani, c’è prima un testo sul quale lavorare o si parte dalla musica? Gli arrangiamenti vengono fuori con il tempo, fino a fissarsi su una definizione che soddisfi tutti o quando il brano viene proposto necessita di accorgimenti minimi?

G.G.C. É che quasi sempre la musica che arriva prima del testo. Pensandoci però bene non esiste una regola fissa per quanto ci riguarda: alcuni brani del disco sono stati riarrangiati da embrioni pre-esistenti, altri sono il frutto di una commistione di idee di due o tre membri del gruppo. Quello che è certo è che queste idee sono appositamente molto vaghe affinché ognuno, durante le prove, possa arricchire il brano con le proprie ispirazioni. Riteniamo sia poco “musicale” scrivere canzoni senza lasciare libera la fantasia degli altri componenti del gruppo: chi ha le idee le propone ma senza porre limiti altrimenti si chiude un certo discorso di “apertura mentale” tipico del progressive.

A.O. Sì, sono d’accordo... fondamentalmente penso che lavorare insieme aiuti ad aggirare il rischio che si confonda quello che è bene per il gruppo con quello che è bene per se stessi. Sei “costretto” a misurarti con gli altri e questo può diventare una risorsa importante.

Secondo gli standard del prog classico sinfonico nel disco troviamo brani lunghi e articolati con i classici tempi dispari e partiture complesse, ma troviamo anche parti più melodiche e anche qualche momento più aggressivo e ritmato, la varietà consente di arrivare in fondo senza stufarsi e, anzi, aspettando i colpi di scena con interesse. Quanto è spontaneo e quanto è deciso? Come scegliete i suoni?

G.G.C. Uno dei nostri primi obiettivi è quello di tentare di ripeterci il meno possibile, questo spiega il perché il nostro primo disco sia da ritenere abbastanza vario.
Sicuramente non è stato facile perché a volte la tentazione di utilizzare una buona idea per svariati minuti è sempre dietro l’angolo, ma alla fine i gusti eterogenei dei musicisti ha reso possibile un risultato accettabile da questo punto di vista.
Per quanto riguarda la scelta dei suoni siamo stati tutti d’accordo fin dall’inizio: vintage nei limiti della strumentazione in nostro possesso.
Abbiamo cercato un sound che richiamasse il più possibile i grandi gruppi del progressive italiano, ricusando ad esempio tappeti “troppo moderni”. Credo che alla fine l’intento sia riuscito, almeno in parte …
Purtroppo solo in parte: per ricostruire certe atmosfere di quegli anni sono necessari strumenti come il famigerato “Mellotron” che ovviamente non rientra nella nostra strumentazione … anche se la Solina è verissima!

A.O. Infatti, la Solina va benissimo!

Mi ha molto intrigato, sia come testo, sia per le particolari sonorità, il brano “Il basilisco” nel quale si riesce davvero ad assaporare l’atmosfera dei carruggi e delle terre di Liguria, in una sorta di intreccio dal prog classico e il cantautorato genovese di De Andrè. Come è nato questo brano?

G.G.C. “Il basilisco” fa parte di quelle canzoni folk che facevano parte del repertorio del VDAP. Per rendere il disco più eterogeneo ci serviva un brano che si “staccasse” dal resto: cosa meglio de “Il Basilisco”? Folk era … e folk è rimasto.
Riteniamo comunque questa canzone più vicina al cantautorato genovese più che al prog classico e fa piacere sapere che si è riusciti in qualche maniera a fare uscire la Liguria nella nostra musica.

Parlando ancora dei testi, trovo molto coinvolgente anche la personalizzazione caratteriale della “gatta lupesca”, sembrano storie di vita vissuta, con molti riferimento alla realtà di fatti e personaggi, io credo d’aver capito, ma se non azzardiamo troppo, vogliamo sbilanciarci e dire di chi e di cosa stiamo parlando?

G.G.C. I testi sono tutti scritti da Stefano e spesso, come si può intuire, sono autobiografici o molto vicini ad esserlo. Si parla in tutti i casi di personaggi negativi escludendo Pinocchio il protagonista di “Nei cerchi del legno”. Questi “eroi negativi” spesso sono ispirati a personaggi reali … ma non è cortese dire di chi effettivamente si tratti.

L’ambiente prog di Genova e dintorni è sempre molto frizzante, anche se - gira, gira - i nomi che escono sono spesso gli stessi, come vivete questo ambiente di continue collaborazioni e scambi di partecipazioni? Vorrei citare anche Zuffanti, Scherani e Montobbio, con i quali molti di voi hanno collaborato.

G.G.C. Credo che Genova sia tra le città più attive nell’ambito del prog sinfonico, tuttavia le persone che suonano questo genere non saranno neppure una trentina. Alla fine quindi, gira che ti rigira, le persone sono sempre quelle.
Sono anni che “ci mischiamo” qui a Genova; pensa che in CdZ abbiamo collaborato con: Malombra, Finisterre, Real Dream, Trama, Armalite, Hidebehind, Il Tempio delle Clessidre e Narrow Pass. Dovessimo fare un albero genealogico sul progressive a Genova dal 1995 ad oggi avremmo molto da scrivere!

Nei brani si avverte molta ispirazione al progressive italiano degli anni ’70, ma di tanto in tanto salta fuori anche qualche spunto new prog, nel dettaglio qualcosa di rimandabile agli IQ, specie per alcune parti chitarristiche. Quali sono i vostri ascolti “formativi” e quelli attuali?

G.G.C. Gli “anziani” sono cresciuti a pane e prog (spesso grazie a quel grazioso fenomeno del “fratello maggiore”), i “giovani” invece a pane e Deep Purple (se non con i Dream Theater).
Attualmente invece gli “anziani” forniscono regolarmente dischi storici ai “giovani” i quali, esclusi rari casi, li trovano delle “rumente musicali” (rumenta in dialetto genovese è la spazzatura. n.d.a.). E’ una catena insomma… si evangelizza, ma con scarsi risultati… gioventù scapigliata!

A.O. Devo dire che abbiamo conosciuto cose interessanti anche grazie ai ragazzi (quelli di prima), comunque le origini sono diversissime. Forse io e Gabri siamo i più vicini musicalmente, anche se lui è un po’ più “scuro”, io più romantico… Il prog degli anni Settanta (italiano e non) è comunque un’influenza piuttosto forte per noi due e Stefano, non possiamo nasconderlo. Alessio è decisamente orientato verso il rock e il prog metal, Andrea e Davide verso la forma canzone, ma sono comunque molto aperti musicalmente. Sì forse c’è qualcosa degli IQ, non saprei, bisognerebbe chiederlo a Davide…

Credo possa valere per tutti quanti, ma è ormai chiaro che di musica, specie se prog, non campa più nessuno, quindi credo che ognuno di voi abbia attività principali e che la musica sia ormai un hobby o un qualcosa di secondario, seppur piacevole, giusto?

A.O. Sì, diciamo che ci impegna molto e ci appassiona ma quasi tutti lavoriamo, comunque dentro al gruppo qualcuno potrebbe decidere di tentare la strada della professione, è dura ma secondo me è giusto tentare, soprattutto se si è consapevoli che bisogna lavorare sodo.

G.G.C. Sì, lavoriamo tutti esclusi Andrea Lotti e Davide: sono giovani e faticano un po’ ad inserirsi nel mondo del lavoro.
Lavorando la maggior parte di noi la conseguenza è che alla fine la musica, e CdZ, diventi un hobby e nulla di più. A dirla tutta però non tutti hanno rinunciato al sogno del professionismo: Alessio insegna canto alla Roland di Genova e continua a studiare come un forsennato, mentre Andrea Lotti è iscritto al conservatorio ed ha tutte le intenzioni di vivere con la musica, non a caso suona spesso in un’orchestra di liscio (attualmente uno dei modi più redditizi per vivere con uno strumento in mano).

Ho sentito in anteprima anche il vostro brano che farà parte della compilation curata dalla Colossus Project per Musea Records sul Decamerone. Ho trovato un brano splendido, maturo e curato, con belle prove strumentali e, ovviamente, vocali. Avete altri brani in cantiere, magari per una seconda uscita full length e magari ancora con Mellow? Insomma quali sono i soliti programmi sul futuro?

A.O. Il brano secondo me riflette un po’ l’evoluzione del gruppo degli ultimi mesi e siamo contenti perché ci siamo incontrati subito per quanto riguarda la forma da dargli. Abbiamo qualcosa di nuovo, ma per ora ci concentriamo sui concerti. Probabilmente suoneremo da qualche parte in autunno e abbiamo già tanto da fare che proprio il tempo di fare brani nuovi non ce l’abbiamo...

G.G.C. Il secondo disco è in programma ma ancora non abbiamo scritto nulla di preciso. Questo lavoro dovrebbe essere una specie di concept inerente l’Uomo. Comunque si tratta solo di idee molto vaghe che credo non si possano sviluppare non prima del 2012, ci vorrà del tempo prima di riuscire a chiudere il cerchio anche perché con i nuovi brani l’intenzione era quella di rendere la nostra musica leggermente più sofisticata.

Al di là del divertimento nel suonare progressive, genere che insegna molto in termini compositivi e di tecnica, qual è secondo voi il senso attuale del linguaggio e, se lo vedete, un suo futuro?

G.G.C. Tralasciando il Jazz che è un discorso a sé, credo che il prog, così come un certo pop elegante, sia la musica che maggiormente aiuta ad aprire la mente verso arrangiamenti sofisticati.
A questo deve servire il prog: ad aprire le menti dei musicisti. Sicuramente il futuro di questa musica è tutt’altro che facile anche se oggi, rispetto a qualche anno fa grazie ai gruppi storici, il progressive ha più visibilità. Il problema è dire se questo futuro sarà più un successo di pubblico oppure un successo in termini artistici.
Tutto questo creda dipenda dai musicisti: avere coraggio o provare ad imitare, per l’ennesima volta, i VDGG? E … se il coraggio lo si dovesse trovare … riusciranno i musicisti a togliersi anni d’ascolti rimuovendo i riferimenti inconsci ai propri idoli? Insomma ci sono un po’ di domande da porsi ma non è detto che alla fine non sorga una nuova stagione di successi artistici, credo ci sia fame di buona musica intorno.

A.O. Ogni tanto ci penso e non sono neanche tanto sicuro che si possa parlare di un genere dai confini precisi. Di solito quando si pensa a un genere vengono in mente determinati suoni, atmosfere, arrangiamenti... mentre in quello che viene definito prog in senso lato possono rientrare linguaggi a volte completamente diversi. Ci sono alcuni aspetti che si ripetono, magari l’orchestrazione o una struttura melodica complessa, ma forse è più un modo di concepire la musica, senza inibizioni. E forse è proprio questo il motivo per cui rimane un settore di nicchia, perché è come se costringesse chi ascolta a non avere strutture mentali, e non tutti, con giusta ragione, sono disposti a mettersi in discussione come ascoltatori. Mentre conosco molti musicisti che per lo stesso motivo lo apprezzano! Quindi, il futuro del prog in qualche modo dipende dalla mentalità delle persone e da quanto abbiano voglia di esplorare nella musica.

Altro problema ormai sempre più diffuso per il progressive è l’attività live. Riuscite a suonare? Ci sono locali o manifestazioni che vi consentano esibizioni?

G.G.C. Un problema per tutti. Oramai nei locali la prima domanda che ti pongono è “quanta gente portate?”. Uno scandalo. Riuscire poi a suonare prog è pressoché impossibile a meno che non si conosca qualcuno di buona volontà che spenda una buona parola per noi. Tra l’altro, avendo un disco in promozione, dal vivo proponiamo tutti le nostre canzoni e in questi casi è tutto in mano al pubblico che decreta successo o insuccesso della serata qualsiasi sia la qualità della proposta. Per quanto riguarda invece le manifestazioni si spera di riuscire ad inserirci in qualche rassegna dedicata, magari da spalla a qualche gruppo più famoso di noi. Adesso facciamo passare l’estate e poi a settembre si tireranno le somme per sapere se CdZ riuscirà ad andare un po’ in giro o meno.

Seguite il mondo prog, specie il più recente, siete informati su cosa succede nel mondo? Se sì, cosa seguite, siti, recensioni, pubblicazioni? Infine, per Gabriele già conosciamo la risposta, gli altri conosco Arlequins?

A.O. Sì seguiamo quello che succede nel mondo del prog. A parte Arlequins che è se non sbaglio una delle fanzine più longeve, ci sono siti specializzati dove si possono trovare informazioni, ascoltare gli altri gruppi. Personalmente trovo divertente e formativo conoscere quello che si fa anche molto lontano da qui, cosa che quando io e Gabri abbiamo iniziato era molto più difficile. E’ uno degli aspetti positivi di internet, anche se il tempo è sempre troppo poco...

G.G.C. Ovviamente si segue tutto ciò che gira intorno al prog, avrebbe poco senso non guardare cosa accade in giro: Arlequins, Wonderous stories, Prog Archives, Prog Gnosis, Progressive Ears et similia sono siti e riviste letti o visitati da CdZ tutti i giorni. In linea di principio è bene tenersi aggiornati e soprattutto avere un minimo di dimestichezza con l’ambiente che ci circonda, rimanere isolati non aiuta il diffondere la propria musica. Poi ora, con l’uscita delle prime recensioni, fra tutti siamo sempre attaccati al video nella speranza che qualcuno parli bene o male di noi, una malattia insomma …

Concludiamo con un commento su un autorevole parere, in merito al vostro disco. C’è chi lo ritiene il miglior disco di rock progressivo italiano da diversi lustri. Tutto vi renderà molto orgogliosi. Cosa dite di questo? Siete consapevoli del valore del disco?

G.G.C. Un giudizio così entusiasta nei nostri confronti non può che far piacere nonché orgogliosi per il lavoro fatto.
C’è voluto tanto tempo, pazienza e soprattutto sudore ma alla fine sembrerebbe che tutto questa fatica sia servita davvero allo scopo. Non si può tuttavia dichiarare di esser consapevoli del valore del disco, il nostro giudizio non può essere assolutamente obiettivo.
A noi fa piacere anche il solo pensare che a qualcuno questo disco possa regalare davvero belle sensazioni, che possa provare emozioni chiare e scure, che possa servire a scappare nel mondo che abbiamo creato in quest’ora di musica… sempre che si sia riusciti a creare un mondo CdZ.

AO Abbiamo sentito dei pareri molto buoni e naturalmente ci hanno dato grandi soddisfazioni. E’ una delle cose più gratificanti per un gruppo, anche perché pubblicare un disco significa sperare che piaccia anche agli altri, non solo al gruppo. L’importante è andare avanti e godere dei giudizi positivi ma anche accettare eventuali critiche, soprattutto se ti permettono di crescere.

Qui l’intervista finisce e il l’incontro, oltre che piacevole, mi ha lasciato una buona dose di ottimismo per il futuro del prog, consapevole che qualche musicista che ci crede ancora c’è. La band mi raccomanda di salutare e ringraziare la redazione di Arlequins e con un abbraccio ci congediamo, con la speranza di risentirli presto.



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